martedì 13 febbraio 2018

LA CAMPAGNA ELETTORALE DAI TONI INFUOCATI


                             
l'ON. GIANNI PITTELLA



La campagna elettorale con al centro i problemi del Paese, ma soprattutto le vicende di queste settimane che fanno avvertire ancor più aspro e duro lo scontro tra le forze politiche. Sono gli argomenti affrontati in questa intervista esclusiva dall’On. Gianni Pittella, europarlamentare e capogruppo dei Socialisti e democratici candidato al Senato, in vista del 4 marzo. 


Macerata è diventata una mina vagante in questa campagna elettorale dai toni infuocati. C’è per giunta chi condanna il gesto razzista e chi invece lo condanna solo per convenienza, per calcolo. Quale può essere, a tuo giudizio, il ruolo dell’arco di partiti che si riconoscono nel PD o lo affiancano? Non ritieni che ci sia bisogno di una dose massiccia di richiamo alla democrazia per scongiurare ogni equivoco e mettere a nudo ogni vocazione neofascista, razzista e non solo.  
Sono molto preoccupato di come in questi anni sia cresciuta la paura e l’odio del diverso. I fatti di Macerata non possono essere considerati semplicemente come l’atto di un folle. È conseguenza infatti di un consapevole inasprimento del dibattito pubblico. Ci sono partiti che per il proprio tornaconto elettorale – peraltro ancora tutto da verificare – decidono di esasperare lo scontro tra i cittadini. Rimango basito dall’irresponsabilità di alcune forze politiche, che invece di richiamarsi ai valori della democrazia, dello stato di diritto, del rispetto comune e della solidarietà, prendono ad esempio politici nazionalisti come Donald Trump e Marine Le Pen. Una risposta di chiusura può portare solo a un maggiore scontro nelle nostre città, a un maggiore senso di insicurezza e a una minore coesione sociale. 
Non possiamo però neanche sottovalutare ciò che sta alla base dell’insicurezza e della rabbia crescente di tante persone. La crescita economica è finalmente ripresa grazie all’ottimo lavoro dei governi Renzi e Gentiloni, ma gli italiani hanno dovuto sopportare anni molto duri, in cui è diminuito il tasso di occupazione e il benessere di tante famiglie. La risposta principale all’intolleranza e all’odio non è un atteggiamento di paura e chiusura, ma è la ricostruzione del tessuto sociale. Dobbiamo garantire ai cittadini italiani un alto livello di benessere, di salute, di trasporti, di scuola, di welfare. Solo così i cittadini saranno più propensi all’accoglienza e all’integrazione.
La mole degli estremismi è ben camuffata, per quanto possa risultare evidente agli occhi degli osservatori. C’è un camaleontismo strisciante che fa comodo a molte parti politiche. Forza Italia parla di seicentomila immigrati da rimpatriare: ma davvero questa potrà essere una operazione possibile. 
Berlusconi sa benissimo che è impossibile rimpatriare seicentomila immigrati. Si tratta dell’ultima boutade elettorale del centrodestra. Proprio di quello stesso centrodestra che firmò la revisione della Convenzione di Dublino nel 2003, la norma che prevede che gli immigrati debbano rimanere nel paese di primo arrivo, e che svantaggia i paesi di frontiera come l’Italia. 
L’unica via percorribile per diminuire la pressione migratoria è quella per cui mi sono impegnato negli ultimi anni al Parlamento Europeo, ovvero lo sviluppo sostenibile dell’Africa mediante una forte partnership con l’Europa. Grazie al lavoro della squadra europea del PD, che include anche l’Alto Rappresentante UE Federica Mogherini, abbiamo istituito un fondo di investimenti per l’Africa. Adesso c’è bisogno di uno sforzo ulteriore, ovvero di un Piano Marshall per l’Africa. L’Africa ha davanti delle sfide difficilissime come l’aumento demografico e il cambiamento climatico. Una partnership con l’Africa è l’unica risposta che può scongiurare future crisi umanitarie e migratorie.
In tutto questo scenario il rischio non è solo la possibile mancanza di una maggioranza vera e affidabile. Quanto la costruzione di un fronte che si amalgama sulla base di certe parole d’ordine. Sicchè potrebbe addirittura saltare ogni distinguo tra Lega e 5 stelle. Tra destra xenofoba e grillini, tra Berlusconi e Salvini autentico portavoce di una destra interventista.

Gli italiani si trovano davanti a una scelta chiarissima. Da una parte c’è la buona politica del Partito Democratico e della coalizione di centrosinistra, che ha portato l’economia dal meno 1,7% del 2013 al più 1.5% attuale, che ha creato oltre un milione di nuovi posti di lavoro, e che ha aperto la stagione dei diritti. Dall’altra ci sono le destre populiste, nelle loro più diverse sfaccettature. C’è la destra di Berlusconi, incandidabile e alleato di Salvini e Meloni, che propone una tassa che toglie alle classi medie per dare ai ricchi, e il cui candidato alla Regione Lombardia parla ancora di razza bianca. E c’è la destra del Movimento 5 Stelle, che un giorno vuole rimanere nella zona euro e un altro uscirne, che un giorno è alleata degli euroscettici di Farage e il giorno dopo vuole entrare nel gruppo ultraeuropeista di Verhofstadt. In questo scenario desolante ho deciso di tornare in Italia per dare una mano all’unica forza riformista italiana, l’unico perno intorno al quale si può costruire un governo stabile: il Partito Democratico e la coalizione di centrosinistra.

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