giovedì 18 maggio 2017

IL PONTE, UNA MARCIA IN PIÙ PER IL PARCO

                                                   
Un gruppo di turisti sul ponte tibetano 

Era prevedibile, ma non in questa misura. Il ponte
alla luna a Sasso di Castalda, paesino di montagna in Basilicata del tutto simile a un borgo alpino, si sta rivelando una formidabile scoperta turistica al di lá di ogni previsione. 
Migliaia i visitatori che incoraggiano il sindaco Rocco Perrone a guardare avanti con la massima fiducia e ad avere nei confronti  del Parco nazionale dell'Appennino lucano un atteggiamento positivo con la mentalità di chi ha tirato fuori dal cilindro una carta vincente nel buio di una crisi economica che sembrava senza sbocchi. Sasso di Castalda, infatti, fino a ieri si avviava lentamente sul viale del declino. 
Il ponte, si voglia o no, si sta rivelando la soluzione magica per attrarre nel Parco un turismo non certamente mordi e fuggi, ma fatto di gente interessata a conoscere la montagna, i suoi segreti, la sua cultura ed i suoi protagonisti: quelli di ieri e quelli di oggi. Questo e non altro  l'obiettivo certamente non da poco.
Bisogna trovare nuovi sbocchi, dice Maria, che gestisce con il marito uno dei ristoranti più accreditati di Sasso, nei giorni di aprile e di maggio stracolmo di ospiti. Nuovi sbocchi per costruire ulteriori occasioni di richiamo con elementi capaci di creare il "dopo ponte" e fare in modo che giovani e meno giovani dispongano di un'offerta ricca e soprattutto varia.
Certo, a questo punto non esiste migliore elemento di valorizzazione della natura. Il Parco è l'unica carta da giocare. Se il ponte con le sensazioni da brivido che sa dare diventa un tutt'uno con le alte quote, le gole scavate in profonditá, i corsi d'acqua e le sorgenti dell'Appennino si potrá ben dire di avere vinto una scommessa e che il "miracolo" del tibetano è veramente tale nella sostanza delle cose, non solo nelle attese e nell'immaginario.
Peraltro il Parco nazionale, che si spinge fino a lambire la costa di Maratea, oggi vive una situazione di incertezza provocata dal vasto giacimento di petrolio della Val d'Agri responsabile di una situazione oggettiva di rischio. Per cui se l'Appennino   rinsalda la sua presenza sul territorio valorizzando tra le risorse di cui dispone anche il ponte, sarebbe una grande scelta. Una intuizione fantastica.
Un parco dalle tante emozioni e dalle sorprese imprevedibili.  In  questa stagione in cui il terrore del disastro ambientale per la fuoriuscita del petrolio dai serbatoi del Cova fa vivere gli abitanti della zona con il fiato sospeso, storia, cultura, archeologia e tanto altro ancora sono passati in secondo piano. Timori passeggeri, c'è da sperare. 
Il ponte ha un fascino struggente e per questo riesce ad assolvere a una funzione assai particolare: quella di far scoprire le autentiche bellezze di un paesaggio forse per buona parte ancora sconosciuto ai più. A centoventi metri dal suolo tutto appare diverso. 
La montagna appare imponente ed eterna, a cominciare dal Sirino con la storia delle antiche popolazioni che lo hanno abitato. Le rocce dal canto loro raccontano le storia geologica di un'area vecchia e nuova al tempo stesso, dove il ruolo del Parco nazionale non può essere soltanto quello di una "bella scoperta" ma di una scoperta intelligente, colta, razionale e, al tempo stesso, necessaria per dare alla Basilicata una marcia in più, di cui si avverte francamente il bisogno.

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