domenica 9 ottobre 2016

DI QUALE GIUSTIZIA PARLIAMO?



Il clamore della campagna elettorale negli Usa, le vicende del ciclone che ha investito vaste aree degli Stati uniti e poi il gran parlare del referendum italiano finiscono per attenuare moltissimo, se non per cancellare quasi del tutto, l'eco delle assoluzioni dell'ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, e dell'ex Governatore del Piemonte Roberto Cota.
Assoluzione da accuse a dir poco gravissime e infamanti quali peculato e truffa. Infamanti per qualunque persona si preoccupi della propria dignitá. Figuriamoci per personaggi pubblici, ovviamente noti. 
Ora il problema numero uno sembra essere quello di chi deve chiedere scusa a Marino anziché badare al ruolo che la magistratura ha avuto nel lungo e contorto iter che ha portato prima alle dimissioni di Marino da sindaco di Roma e ora all'assoluzione piena dai reati ascrittigli, passando per la sua incriminazione. Abbastanza simile la vicenda di Cota, colorata di verde per la storiella delle mutande che sarebbero state acquistate con denaro pubblico nel quadro dei rimborsi sotto accusa ai consiglieri regionali del Piemonte. Questione aperta anche in altre regioni italiane, per quanto con modalitá diverse e in differenti circostanze.
In questi giorni, fra l'altro, ritorna la vicenda di Elisa Claps, la studentessa potentina assassinata e poi abbandonata per 17 anni nella chiesa della Trinitá, nel centro di Potenza. Le uniche persone condannate insieme al suo carnefice, Danilo Restivo, sono le donne delle pulizie, incaricate dal parroco di sistemare i locali della chiesa,  che avrebbero visto il cadavere depositato nel sottotetto della Trinitá molto tempo prima rispetto al rinvenimento ufficiale dei resti della ragazza. Possibile che nessuno, sottolineo nessuno, abbia visto e saputo nulla di tutto questo? si chiedono angosciati la mamma di Elisa e il fratello, Gildo Claps,  ospiti della trasmissione Chi l'ha visto? 
E come se non bastasse in questi mesi viene presentato il libro di Enzo Tortora, Lettere a Francesca, che mette in risalto il dramma del noto presentatore accusato ingiustamente di essere un camorrista e trattenuto in carcere senza alcun giustificato motivo.
Il ragionamento è semplice: possibile che in Italia un Pubblico Ministero ravvisa accuse pesantissime e un giudice le cancella, non le ammette, le ritiene prive di fondamento e di contenuti? Interrogativo a dir poco angosciante.
Di esempi ce ne sono fin troppi che riguardano non solo la sfera del penale, ma anche la materia civile, non meno importante e complessa. E non meno priva di conseguenze. Un esempio fra i tanti. Mi chiedo se sia possibile che un giudice riprenda pari pari, senza discostarsi di  un millimetro, le linee guida e il "motivo conduttore e ispiratore" alla base della impostazione di una delle parti in causa giungendo a ignorare dati e circostanze, ma anche sentenze delle magistrature superiori, pur di far quadrare il cerchio. L'opinione di un magistrato va rispettata e tenuta in considerazione fin tanto che non è il frutto del libero arbitrio, della volontá pura e semplice di pronunciarsi così e non diversamente senza dar conto a nessuno, peraltro. Indipendentemente da tutto il contesto in cui la vicenda appare oggettivamente ambientata.     
Di esempi, dicevo, ce ne sono tanti. Così come è accaduto che il Tribunale, in un angolo del Belpaese, si sia contrapposto alla Distrettuale antimafia, negando addirittura l'esistenza del reato associativo, lá dove questo reato risultava dimostrato con elementi inoppugnabili e precise circostanze di fatto.
Come si vede la questione investe non solo l'aspetto etico e morale, quanto il livello delle competenze e l'assoluta indipendenza del potere giudiziario da chicchessia. Il Pm che accusò Tortora ritenendolo un camorrista era un irresponsabile, un superficiale, o c'era stato (peggio ancora) un grave difetto nella macchina dell'acquisizione degli elementi necessari a sostegno di un'accusa gravissima, rivelatasi poi infondata?  
Nei meandri tortuosi della giustizia, molti di questi problemi continueranno a rimanere senza risposte. E tutto funzionerá come sempre!  

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