domenica 26 giugno 2016

E' MORTO ANTONELLO LEONE: CI LASCIA UN GRANDE


                                



Non era di quelli che si trincerano dietro alla storia personale, al prestigio dell'arte o alla fama conquistata in anni e anni di impegno e di lavoro. Il Maestro Leone era un uomo semplice, schivo, aperto al dialogo con gli altri e pronto a sentirsi parte di una terra che gli ha dato tanto, ma che forse non gli ha riconosciuto fino in fondo il valore della sua presenza, sempre discreta e mai invadente. 
La figura che ha poi "integrato" il suo percorso è stata quella di Maria Padula, la moglie, legata ad Antonello dal vincolo dell'arte e dagli scopi che la pittura si proponeva di raggiungere nella terra dei grandi, a cominciare da Leonardo Sinisgalli, l'ingegnere poeta che ha cambiato il volto della Val d'Agri, prima vocata all'agricoltura e ora diventata enorme giacimento di greggio, in una situazione sociale ed economica tutt'altro che definita.
Oggi, mentre in tanti parlano della  dipartita del Maestro Leone ci si accorge che al di lá del pregio indiscutibile della sua arte, la figura dell'uomo può e deve accompagnare la Basilicata nel suo difficile tragitto verso la  tappa storica del 2019, se si considera il significato di questo appuntamento, in termini di cambiamenti radicali, di crescita e di uno sviluppo affidato alla cultura, alla scienza, alla tecnologia.  Naturalmente all'arte. Ma anche a chi ha rappresentato la complessa fase di transizione che continua a fare della Basilicata la terra dei mutamenti epocali: i contadini del Sud sono la storia del secolo ormai trascorso, mentre il futuro si identifica  con le intelligenze dei giovani, il loro rilievo internazionale. Il peso della loro presenza. La capacitá delle proposte di rinnovamento che purtroppo stentano ad affermarsi in una terra difficile.
Leone non solo pittore e non solo artista di pregio. Il suo mondo è certamente il dato di maggior rilievo. Le sue amicizie partenopee, a Napoli, una cittá cuore del Mezzogiorno definita popolare e coltissima, in cui Leone ha vissuto l'ultimo tratto della sua esistenza. 
Ma il periodo più fruttuoso sono stati gli anni Settanta, in una Potenza apparentemente pronta a spiccare il volo verso traguardi ambiziosi ma non definiti, in cui il ruolo della pittura e di alcuni scrittori o artisti equivaleva alle premesse ideali per smantellare quell'antico provincialismo in cui tanti strati sociali sembravano irrimediabilmente relegati. Invischiati. Fu allora che Leone, con Maria Padula, con Vito Riviello, con Ninì Ranaldi dette vita a una sorta di presa di coscienza per determinare un cambiamento di rotta  della politica anzitutto.   E delle istituzioni di conseguenza. Che ci sia riuscito, almeno in parte, è difficile dirlo, nonostante la sua testarda volontá di non smettere. E di credere fino in fondo in un cambiamento vero.
Chi ha conosciuto il Maestro non può trascurare il suo tratto umano. La sobrietá del suo comportamento. La semplicitá del suo linguaggio che lo ha sempre caratterizzato. Il modo di rapportarsi alla gente è sempre stato un modo di intendere la vita al di fuori di vecchie e nuove convenzioni. Di vecchi e nuovi compromessi ai quali Antonello non è mai riuscito ad adattarsi, anche a costo di intendere l'arte come una torre d'avorio senza contatti con l'esterno. 

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