venerdì 26 febbraio 2016

APPENNINO: IL DIRETTIVO DEL PARCO ALZA LA VOCE CONTRO LE TRIVELLE


                               
       Ricerca di idrocarburi nel bosco di Calvello (foto R. De Rosa)


Il Parco nazionale dell'Appennino lucano si schiera. Un no deciso alle nuove ricerche di petrolio e gas nel perimetro della giovane area protetta è stato espresso dal Consiglio direttivo dell'Ente che ha messo in luce, tra l'altro, le potenzialità dell'area protetta e il ruolo, affidato al Parco, di zona pilota per costruire una vera coscienza in linea con i principi di un turismo sostenibile, della salvaguardia del patrimonio archeologico e culturale e del bene natura, di valore davvero ineguagliabile.
Il Direttivo ha dunque messo un punto fermo nel cammino difficile tendente a consolidare tutte le premesse perchè l'opera di tutela risulti quantomeno efficace, dal punto di vista della valorizzazione della natura e della biodiversità, che ha nell'Appennino caratteristiche non indifferenti. Le alte quote, i crinali delle montagne, il corso di fiumi e torrenti e le sorgenti stesse rappresentano un patrimonio che rischia di essere travolto dalle varie campagne di ricerca ed estrazione del petrolio.
L'invito rivolto alle compagnie, ma soprattutto alle regioni meridionali e al Governo, consiste appunto nella  sottolineatura del pregio ambientale e naturalistico di grandi aree che non possono essere neppure sfiorate dall'idea di estrazioni a catena, per giunta all'interno del Perimetro del Parco nazionale e non distante dai centri abitati, che tuttora hanno a che fare con le perforazioni.
Non si tratta di un ambientalismo ad oltranza e meno che mai di una posizione estrema: ma della riappropriazione di un ruolo fondamentale perchè l'Appennino svolga la sua  funzione a salvaguardia dell'ambiente e della salute.
Il discorso su un turismo possibile passa infatti attraverso queste garanzie, che non sono semplicemente di facciata. Ma non solo il turismo: la tutela dei prodotti tipici, la conquista di nuove posizioni contro la ricerca di idrocarburi aprono la strada a una ulteriore qualificazione del ruolo del Parco, nato - lo ricorderanno in molti - con l'impegno dell'allora commissario Totaro (oggi Presidente) di frenare il dilagare delle trivelle. Scongiurare il rischio, ad esempio, che nel miele della val d'Agri l'universitá della Basilicata continui a rintracciare idrocarburi, non è cosa da nulla.
L'ultimo convegno sulla possibilitá di estendere un'agricoltura pulita nell'Appennino è un segnale importante.  Fagioli, ortofrutta, produzioni di assoluto pregio nazionale sono un traguardo da non dimenticare. Ad una condizione: che a favorire un processo di diffusa tutela dell'esistente siano anzitutto le popolazioni, i giovani, le guide del Parco. L'Appennino è zona di frontiera e come tale va inteso e vissuto. Non è un poltronificio, ma può diventare a sua volta elemento trainante per restituire al territorio una centraltá vera. Che l'area protetta può non solo difendere strenuamente, ma far conoscere, rilanciare. Contribuire a far diventare importante nel dibatiito su questa Basilicata, determinata a non lasciarsi spazzare via. Ma non del tutto in grado di ergere una cortina impenetrabile perchè la sua identitá, e quella di certe zone particolarmente esposte, non sia dimenticata. Ignorata o, peggio, calpestata con grande disinvoltura.



   

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