lunedì 18 gennaio 2016

L'UMANITÁ SCHIAVA DEL TERRORE



In questi ultimi giorni un evento ha rasserenato gli animi, mentre una raffica di informazioni dell'ultima ora incutono timore e fanno tremare l'umanitá. 
L'Iran entra "a pieno titolo" (come hanno scritto i giornali) nella comunitá internazionale in seguito allo stop alle  sanzioni e al rinnovato rapporto con gli States. 
Gioisce la gente ma il terrorismo non dá tregua con l'intento di colpire la Francia e il mondo occidentale. Quindi non solo       la Francia, evidentemente, ma quella parte della societá che si riconosce in certi valori.
Tra le vittime della barbarie il bimbo di 9 anni, Michel Santomenna, lucano di origini, figlio del titolare del Cappuccino cafè, Gaetano.
I morti di Parigi, quelli del Burkina Faso, gli attentati che si susseguono di ora in ora dimostrano che i metodi finora usati per contrastare l'ondata  di morte non hanno sortito alcun effetto. Forse, paradossalmente, finiscono per accelerare questa sciagurata "reazione a catena", per renderla irreversibile, giacchè si tratta di un'arma  nelle mani di uno sterminato numero di aderenti alla jihad islamica, in cui  confluiscono, e potranno confluire, frange organizzate di aspiranti miliziani. Terroristi di varia origine, delle più disparate provenienze. 
Chi accerta la vera identitá dei partecipanti al macabro banchetto? Chi è in grado di stabilire la loro vera natura, la loro provenienza. Le motivazioni alla base di una scelta del genere? 
A ben riflettere è questa l'emergenza più grave del nostro tempo. Il cammino senza ritorno. La fine della illusione di una pace duratura che potesse dare all'umanità il piacere legittimo di una civile convivenza. Quella briciola di benessere che deriva da alcune certezze irrinunciabili: anzitutto vivere al riparo da drammi come quelli che stiamo vivendo.
Nella gente c'è il massimo della consapevolezza della gravitá del momento ma, nello stesso tempo, la percezione di una grande impotenza che induce a considerare ormai inevitabili tragedie come quelle che i media ci mostrano quasi quotidianamente. Peraltro l'intrigo tra questi eventi e le scelte politiche  a livello delle maggiori realtá interessate è talmente stretto e complesso da risultare finanche indecifrabile. Si ha la sensazione che molto spesso la grande stampa segue dei filoni pur nella incertezza che lì possano risiedere realmente motivazioni concrete e spiegazioni obiettive dei fenomeni. 
Sono intanto diciotto se non di più le nazionalitá colpite da questi attacchi, secondo notizie ufficiali. 
Chi può salvarci dalla catastrofe? Interrogativo pieno di angoscia. Domanda senza risposta se non quella che Francesco ci sottopone nelle sue omelie con un invito accorato alla pacificazione nell'anno del Giubileo della misericordia. 
La "prova è ancora lunga"  scrisse Padre Pio ad alcuni figli spirituali che gli chiedevano della guerra e dei suoi drammi. Anche questa è una guerra, in cui non ci sono vincitori ma soltanto vinti. In cui ci sono esclusivamente vite spezzate a centinaia, a migliaia. 
I bombardamenti sulla Siria per colpire le roccaforti dell'Isis non servono a nulla. Qualche giorno fa un giovane siciliano faceva una considerazione, forse banale ma vera: è come se si bombardasse Palermo per distruggere la mafia.
Siamo al punto di non ritorno: l'adesione al terrorismo non ha confini. Sembra un fiume in piena che s'ingrossa sempre di più nel suo percorso. Nè è ipotizzabile vivere blindati, sotto scorta. Sotto strettissima vigilanza. Così la vita diventa un inutile tributo alle ragioni della violenza cieca che nega all'uomo anzitutto la libertá. Il suo essere uomo e non soltanto schiavo del terrore. 

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