martedì 1 maggio 2012

IL PRIMO MAGGIO DELLA CRISI



"Questo e' un primo maggio che deve segnare una svolta" dice Angeletti segretario generale della UIL dal palco delle manifestazioni della "festa" del lavoro. Chiamiamola "festa" per abitudine! Gli fanno eco i leader di CGIL e CISL,   Camusso e Bonanni.
Un primo maggio diverso, indubbiamente. Molto diverso, anzi stravolto da incertezze e difficolta'. Da una precarietà  divenuta regola generale che vede i ricercatori delle università  manifestare accanto agli  operai delle fabbriche che chiudono o in crisi permanente.
I numeri parlano chiaro, senza rischio di equivoci. Uno anzitutto: in Italia dieci persone potenti dispongono di un patrimonio che e' esattamente quello di tre milioni di poveri. Ad aprile appena  trascorso nelle aziende e' stato raggiunto e superato il record di cento milioni di ore di cassa integrazione.  Cinquecentomila i lavoratori interessati. Per di piu' in alcuni stabilimenti Fiat (Melfi in testa) le ore lavorate sono inferiori a  quelle della Cig. E Monti, anzi la Fornero, tace. In un momento come l'attuale ci si aspetterebbe quanto meno una verifica di certi apparati produttivi ai quali sono destinati denari dei contribuenti. Invece, nulla di tutto questo. 
I numeri della crisi si fanno sempre piu' allarmanti. Numeri che dimostrano  quanto poco garantiti sono  i cittadini e quanto saldo e' invece il potere della finanza e delle banche. A proposito. Che fine hanno fatto i 12 mila miliardi di euro disponibili nelle casse delle banche internazionali, presenti ovviamente anche in Italia?  Ne aveva  parlato Romano Prodi in occasione dell'insediamento di Monti. Poi silenzio assoluto.  Che qualcuno lo abbia zittito? Capita anche tra professori... Non e' improbabile. Ci si chiede legittimamente perche' mai, almeno una volta tanto, il tesoro delle banche e dei banchieri non viene messo a disposizione di una società alla disperata ricerca di una ripresa possibile. Una ipotesi neppure valutata  dai tecnici. 
Intanto l'apparato dei tecnici , che ha tolto le redini dalle mani dei politici,  si rafforza. La nomina di Francesco Giavazzi a consulente di Palazzo Chigi ha un significato ben preciso. Giavazzi non e' un economista qualunque. E' un teorico di certo liberismo in piena sintonia con la ricetta dimagrante di Mario Monti. Giavazzi varca la soglia del governo grazie al Corriere della Sera: un ottimo biglietto da visita. Dovrà occuparsi di tagliare, tagliare, tagliare senza dare garanzie a nessuno. Si, perché il bello dei tagli a tutto (auto blu, ministeri, sindacati ecc.) e' che non riusciranno molto probabilmente a scongiurare la stangata d'autunno, vale a dire quell'Iva al 23 per cento che aggiunge spavento allo spavento. Incertezze e dubbi a quelli gia' esistenti. 
C'e' poi un altro aspetto della crisi di cui il governo non parla. Sono i suicidi a catena di imprenditori di cui nessun ministro, nessun sottosegretario, nessun potente sembra volersi occupare. Perché mai? Perché rappresentano il risvolto sociale più tetro di una crisi destinata ormai a protrarsi fino a diventare ancor più disumana e incomprensibile. Insopportabile, oltre ogni ragionevole sacrificio, proprio perché fa prevalere il "bene" del Paese sulla condizione di ciascuno.

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