La fabbrica di Melfi |
Il caso Stellantis non abbandona la scena, non solo per le migliaia di lavoratori e le loro famiglie, quanto per la politica chiamata a dare risposte ai tanti interrogativi sui quali aleggia la minaccia di una cassa integrazione ancora più dura, in questo ultimo scorcio di anno che ha visto le dimissioni dell’ad, Carlos Tavares.
In cosa consiste la previsione di una svolta, avanzata dal segretario generale della Cisl, Sbarra? Forse perché Tavares non si può dire abbia impresso un colpo di acceleratore alla presenza di Stellantis sulla scena internazionale? E nell’ambito dei mercati. E’ vero il contrario, in una logica tutta di profitti assicurati agli azionisti.
Certo rimane un dato inequivocabile e scandaloso, a dir poco. Ia buonuscita con cifre da capogiro assicurata all’ex ad che accompagna le sue dimissioni, da sommare ai 23 milioni di stipendio all’anno. Un vero scandalo. Gli impiegati non ricevono la retribuzione da mesi e le maestranze soffrono una cassa integrazione ormai assai frequente, al punto da sostituirsi ai giorni di lavoro.
Il nocciolo della questione è per gran parte racchiuso nell’incontro di Elkan con il Ministro Urso, in programma il 17 dicembre. Il governo chiederà conto dei finanziamenti cospicui all’azienda automobilistica, o piuttosto la posizione di Elkan sarà quella di un imprenditore privato soggetto prevalentemente alla legge dei realizzi? Lo si saprà solo all’indomani del vertice, salvo mosse imprevedibili.
Nello scenario complessivo ci si chiede tuttavia quale sarà il ruolo di Melfi in questa delicata e insidiosa fase di transizione. A giudicare da ciò che traspare almeno in questi giorni, non si delinea un ruolo trainante di Melfi, una funzione di primo piano nel quadro delle iniziative tese ad avere una capacità dirigente nell’ambito della risposta complessiva alle scelte aziendali, in questo dopo Tavares. Eppure Melfi ha conquistato una sorta di “primato” nel quadro dell’innovazione tecnologica e della capacità produttiva all’avanguardia, è il più grande stabilimento in Europa. Era diventata la fabbrica modello, nel cuore del Mezzogiorno, l’emblema di una svolta industriale, salutata con il favore di tutti, alla quale Domenico Cersosimo, un ricercatore dell’Università della Calabria, aveva dedicato un bel libro Viaggio a Melfi in cui si chiedeva “cosa avesse spinto la maggiore impresa privata italiana alla più radicale discontinuità organizzativa del modello industriale del Novecento”. Cersosimo, si legge nella prefazione del libro “accompagna il lettore in un avveniristico viaggio nel futuro della nuova rivoluzione industriale.”
Ora cosa rimane di quel primato? Soltanto un clima di desolazione che accompagna l’immagine di Stellantis. Lo specifico di san Nicola consiste oltretutto nella presenza della fabbrica in una vasta area a vocazione agricola, da sempre con il compito di rivoluzionare il quadro economico e occupazionale. Risultato evidentemente mancato mentre Salvini definisce “un evento disgustoso” le dimissioni dell’Ad Tavares e Stellantis diventa un caso nazionale, con un fardello pesantissimo di crisi sulle spalle destinata ad avere forti ripercussioni sociali in una dinamica in cui, in fin dei conti, la territorialità conta molto meno dello sfascio. Le dimissioni di Tavares apriranno le porte alla svolta, attesa e auspicata, ma soprattutto temuta?
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