Soltanto ora a 43 anni dalla strage di Ustica?
L’intervento di Giuliano Amato su Repubblica pone mille interrogativi legati inevitabilmente ai retroscena della politica, a quel sommerso che non conosceremo mai. Quel sommerso, appunto, fatto di depistaggi, di verità incomplete, di significative menzogne. Di bugie imposte dal ruolo di vari personaggi.
Colpa della Francia che abbatté con un missile il DC 9 per errore, nel tentativo di colpire l’aereo sul quale però non c’era il leader libico Gheddafi. E’ la tesi di Amato, peraltro non certamente nuova.
Il contrasto con i figli di Craxi, in particolare con Stefania oggi presidente della Commissione Esteri e Difesa di Palazzo Madama, ha un significato ben preciso e vale a rimarcare il dato politico sul quale c’è appunto materia per interrogarsi. Da cosa deriva l’uscita di Giuliano Amato?
Il momento è del tutto particolare con le elezioni abbastanza vicine e con i tentativi di un rimescolamento delle carte già in atto. Amato vuole riaffacciarsi in modo significativo sulla scena politica? Vuole ritornare a essere un protagonista non marginale? Non è da escludere, come non vanno esclusi altri scenari.
Ogni tassello che si aggiunge ai tanti già collocati al loro posto, in un clima di pesante incertezza, finisce per aggiungere dubbi ai dubbi sulla strage di Ustica.
A parte le tesi e le tante versioni, che si è tentato di accreditare in questi anni, rimane un dato di fatto sconvolgente: la notte di Ustica è tutta un susseguirsi di depistaggi, incertezze, mezze verità. Ordini di rispettare dei segreti Ma soprattutto comportamenti inappropriati delle strutture preposte al controllo aereo e al soccorso nel tentativo di salvare vite umane.
Molta parte della cronaca di quella notte sta nei contatti telefonici e in quelli via radio, per tentare di capire, nei momenti e nelle ore successive al disastro, cosa realmente fosse accaduto e quali i soccorsi necessari.
Il supervisore di Roma del traffico aereo chiama Marsala per chiedere se per caso avessero seguito sui radar il volo Bologna Palermo e l’operatore di Marsala, con fare sbrigativo, gli risponde che non avevano avuto occasione di seguire la rotta del DC 9 perché impegnati in alcune esercitazioni. Poche battute e il super di Roma prende atto chiudendo la conversazione in pochi istanti, senza insistere sulla sua richiesta.
Ma la telefonata più importante è quella che da Ciampino raggiunge Martina Franca, dove era ubicato un centro radar di tutto rilievo, telefonata su linee interne: “pronto mi passi un ufficiale? Ma finiamola con questi ufficiali, risponde irritato il controllore di Martina, dì a me. Sempre con questi ufficiali…”
E il controllore di Ciampino aggiunge: è caduto un aereo…
Ma chi te l’ha detto? testuale. Altri tentennamenti, altra perdita di tempo. Altre chiacchiere inutili.
Un’altra telefonata rivela il clima di superficialità e di approssimazione che si respira in tante operazioni che si sarebbero dovute svolgere all’insegna della organizzazione dei soccorsi, per tentare di salvare delle vite umane.
Un modo di agire burocratico davvero raccapricciante, che dimostra quanto potesse allarmare la sciagura aerea di Ustica e quanto impegno sia stato realmente profuso. Sicchè tutto il prosieguo della vicenda, in questi 43 anni, è sulla scia di quella notte terribile.
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