In preghiera davanti alla bara di Benedetto XVI |
Tende a decollare con molta rapidità il dibattito sul dopo Benedetto XVI o, meglio, sul dopo esequie del Papa emerito, un evento che promette di accendere nel mondo degli osservatori un confronto serrato ma senz’altro laicizzante, per non dire riduttivo. Quanto meno poco appropriato alla materia di cui si discute. Vale a dire la Chiesa cattolica, il suo presente e il suo domani. Senza escludere per questo eventi e figure legati al passato.
Il criterio di “rappresentanza” attribuito al Papa, chiunque sia, è capace di ridurre la Chiesa come comunità di fedeli ad una sorta di istituzione da governare al meglio, magari facendo prevalere le diverse anime (rifuggo dal considerarle gruppi di pensiero o, peggio, correnti) in un senso prettamente ideologico se non politico.
Marianna Aprile, nel corso di una trasmissione de la 7, parla dell’aspetto “politico” del giorno dei funerali di Benedetto, sottolineando quelle caratteristiche che avrebbero incluso delle componenti ed escluso delle altre proprio secondo una visione della prevalenza di non so quale maggioranza rispetto a non so quale minoranza o, peggio, opposizione.
Il magistero della Chiesa tutta e, di conseguenza, di chi rappresenta il massimo dell’autorevolezza al suo interno, consiste nella predicazione del Vangelo e della carità cristiana. Si la carità di cui parla spesso Francesco, ma di cui si parla molto poco in giro per una non meglio identificata capacità di seguire i tempi.
Non possono esserci, quindi, argomenti divisivi o inclusivi. Come non può esserci un “governo” della Chiesa così come si tende a disegnarlo con un laicismo degradante, quasi un materialismo infiltrato tra i banchi delle parrocchie.
I temi che oggi vanno facendosi largo non sono certamente gli stessi che Padre Pio (uno dei giganti della Chiesa) ha utilizzato nella sua predicazione, intrisa di umiltà e amore per il prossimo, anzitutto con il suo esempio fulminante: la capacità di ubbidire, di non reagire davanti ai suoi persecutori non è forse autentica interpretazione del Vangelo? Del messaggio della croce? Quella croce di cui San Pio portava impressi i segni sul suo corpo.
Tempi lontani, potrebbe obiettare qualcuno, quelli dell’umile Frate di Pietrelcina. Tempi estranei ad una modernizzazione a tutti i costi anche del linguaggio e delle categorie di analisi, direi. Da duemila anni ad oggi il Cristianesimo non ha bisogno di aggiornamenti, di adeguamenti di sorta. Guai se così non fosse: la cristianità sarebbe un movimento di opinione pronto a dimenticare l’insegnamento di Gesù.
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