Donne iraniane contro la repressione
11 settembre 1958. Una domenica mattina che ha lasciato il segno nella storia delle donne. In via Monaci, a Roma, la domestica di casa Fenaroli entra nell’appartamento e trova la signora Maria Martirano in Fenaroli strangolata e riversa sul pavimento della camera da letto.
Un atroce delitto, un giallo come i media definirono questo femminicidio, uno dei primi episodi, se non il primo, nella lunga vicenda dei femminicidi in Italia.
L’opinione pubblica rimase scossa da questo evento, che appassionò giovani e meno giovani. La notte che precedette il verdetto, riferiscono le cronache dell’epoca, ben ventimila persone attesero la sentenza davanti al Palazzo di Giustizia di Roma, il Palazzaccio come lo chiamano i romani e non solo. Si trattò di un giallo con diversi ergastoli. Pene durissime.
Fu un caso, appunto. Un episodio di violenza unico nel suo genere tanto grave da essere definito il giallo di via Monaci.
Da quel giorno in Italia i femminicidi non si contano. Donne uccise, strangolate, accoltellate prevalentemente da compagni, ex mariti, ex fidanzati. Un fiume di sangue che grida vendetta. Solo nel 2022, non ancora concluso, le donne uccise sono 104. Lo ha ricordato la premier Meloni annunciando la proiezione dei nomi delle vittime sulla facciata di Palazzo Chigi illuminata di rosso.
Perché divampa tanta violenza. Perché il fenomeno è tipico del nostro tempo. Perché fino a qualche decennio fa uccidere una donna era un fatto raro e gravissimo. Oggi purtroppo quasi all’ordine del giorno. Non c’è la folla di persone davanti ai tribunali in attesa della sentenza a carico dei responsabili. Ci siamo forse abituati a sentire in televisione o per radio notizie del genere?
Interrogativi che si fanno strada nella coscienza di chi osserva il ripetersi di tanti assassini, in un mondo spesso indifferente e distratto. Che si limita a esprimere le solite frasi di condanna ma non va oltre.
Nessun commento:
Posta un commento