Il carretto biblioteca in apertura dei lavori del convegno (foto da Internet) |
Festa della Montagna del 1958. E’ la prima occasione per discutere del Pollino e delle sue prospettive di crescita nell’ipotesi del Parco nazionale. Soltanto un’ipotesi avvalorata da giudizi e pareri sulla possibilità di aprire nuovi scenari e avviare uno sviluppo vero. Non occasionale ma duraturo. Sostenibile in tutti i sensi e soprattutto capace di determinare una svolta nella vita delle popolazioni. Quasi un percorso obbligato da mille esigenze.
Oggi quel dibattito ha ceduto il passo ad altre considerazioni, a mille percorsi in cui l’idea del domani del più grande parco nazionale del Sud ha ceduto il passo a ben differenti modi di ragionare e di costruire nuovi approcci con la montagna. Il clima è diverso, sono cambiati i riferimenti, tutto si è modificato, anche la mentalità degli abitanti e delle organizzazioni sorte qua e là.
Non a caso da mesi ormai assistiamo al fiorire di tante iniziative “soft”, di svago come vengono definite. In questo Terranova di Pollino, un centro con poco più di 1100 abitanti ai piedi del massiccio condiviso tra Calabria e Basilicata, ha un primato: da luglio balli e canti hanno allietato le serate estive per far divertire secondo il progetto degli organizzatori. Grande desiderio di svago per esorcizzare i problemi veri.
Legittima scelta, non vi è dubbio. Ma il Parco nazionale con le sue criticità e le sue prospettive dov’è finito? Neppure una parola per tutta l’estate. Incredibile.
E così è arrivata, ultima in ordine di tempo, una iniziativa di Pollinolandia, un convegno sull’infanzia e l’adolescenza davvero in pompa magna con ragazze in costume e dimostrazioni di skiroll.
Pollinolandia, città della creatività, evoca nel nome orizzonti meravigliosi e realtà stupende. Che fanno vivere esperienze struggenti e magnifiche sensazioni. Questo nel nome. Ma nella realtà, qual è il contributo al dibattito sul ruolo delle giovani generazioni per il futuro del parco? Cosa fare del Pollino, proprio mentre la fondazione Migrantes sottolinea la gravità dello spopolamento di queste aree interne.
D’accordo su tutto. Ma l’area protetta di rilievo nazionale, di cui Terranova è parte importante, quale destino ha davanti a sé? Perché Pollinolandia non affronta un problema del genere rendendosi interprete di importanti istanze nei confronti dell’Ente Parco e delle due regioni, soprattutto? Non solo. C’è consapevolezza di quanto accade a un metro da casa, dove un centro come San Paolo Albanese sembra destinato a finire quanto prima avendo ormai poche decine di abitanti, quasi tutti vecchi in età avanzata? Domande che attendono riposte.
Tutto questo, beninteso, allontana l’ipotesi di un dibattito costruttivo in seno alla Comunità del parco sull’efficienza di un’area protetta di valenza nazionale e internazionale, un dibattito ricco di proposte concrete e di iniziative da mettere a frutto con la consapevolezza che altrove, soprattutto al Nord, realtà del genere hanno dimostrato di avere un peso non certo irrilevante e finanche di riuscire a cambiare il cammino delle popolazioni. E’ il caso dell’Adamello Brenta, tanto per citare un esempio di dinamismo e concretezza. E di cultura di un’area protetta di grande rilievo. Come il Pollino, del resto.
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