martedì 30 agosto 2016

L'EUROPA NON CI DELUDA, MA CI ASCOLTI


                                                                     


È proprio l'Europa a rappresentare oggi un problema non secondario per la ricostruzione dei centri distrutti dal terremoto del 24 agosto. Forse addirittura il problema dei problemi. 
La flessibilità, che corrisponde in ultima analisi a un gesto di comprensione e di generosità verso le persone così duramente colpite dagli effetti del sisma, sará consentita solo in una fase immediatamente successiva all'emergenza e non potrá essere invocata, si apprende,  nei mesi e soprattutto negli anni necessari per ricostruire da zero il tessuto edilizio dei piccoli comuni dell'Italia centrale e delle  frazioni. Il che equivale a dire che il Governo italiano, e tutta intera la comunitá nazionale, per intenderci i cittadini, dovranno farsi carico di reperire una ingente massa di denaro per ridare una casa a chi l'ha perduta. Non solo una casa almeno un tantino accogliente, quanto del tutto in linea con le norme di antisismicitá previste dalle leggi in vigore e presumibilmente dalla normativa che verrá.
Quasi un fulmine a ciel sereno, la limitazione di cui si è appreso,  giacchè nelle ore e nei giorni dal 24 al 26 agosto nulla lasciava presagire una posizione così netta e intransigente dell'Europa: anzi c'era motivo di sperare che la flessibilità potesse contribuire a tener lontana la minaccia di una sforamento del deficit, come invece è stato detto a grandi lettere proprio a una settimana quasi dal disastro. 
La questione, per quanto legata a scenari non del momento ma di un futuro giá dietro l'angolo, rappresenta un altro macigno destinato a scatenarsi sul domani di tanta gente, oggi priva di ogni bene e incapace di guardare a giorni diversi fondati sulla fiducia nelle istituzioni e in particolare della grande mamma, l'Europa appunto.
Certo, l'Unione è un apparato non soltanto politico e amministrativo, ma fatto di integrazione, di solidarietà. Di una visione comune della vita. Ecco perchè regge. Un meccanismo costruito con intese capillari sul terreno dell'economia e della finanza. E non solo.
Del resto, i grandi che l'hanno concepita e fermamente voluta non hanno fatto altro che guardare a una Europa dei popoli. E non delle mille burocrazie.
Non ho mai sentito, ad esempio, Gianni Pittella parlare della UE se non in termini di assoluta integrazione e di capacitá di comprendere fino in fondo i problemi dei suoi vari membri. Anzi si può dire che questo sia il vero banco di prova dei riformisti e dei popolari in una Europa ben caratterizzata e ben definita nei suoi ideali e nei suoi comportamenti, ciò che più conta.
A questo punto ci si chiede: siamo o non siamo un popolo dell'Europa, nel senso migliore del termine, giacchè abbiamo capacitá e risorse per alimentare un dibattito realistico e coerente sul da farsi. E abbiamo capacitá di portare avanti un confronto politico e sociale su un tema di così vasta portata.
Oltretutto, il rischio che si corre non è piccolo. Gli euroscettici, gli ammiratori della Brexit, i fanatici del vivere ciascuno per sè non sono pochi. E questo grazie a esasperati nazionalismi che potrebbero ritornare in auge giá in tempi brevissimi. Più brevi di quanto si possa ritenere. Intanto si comincia a parlare della necessitá di nuove manovre del Governo italiano per reperire negli anni una gran mole di denaro necessaria per la ricostruzione del dopo terremoto.

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