Dove è finito l’entusiasmo della prima ora, quando la Fiat a Melfi era apparsa a tutti come la manna dal cielo, e l’avvocato Agnelli telefonò a Emilio Colombo per dirgli: “abbiamo scelto voi perché siete brava gente”.
Ora tutto fa parte della preistoria del nostro tempo, irrimediabilmente. Al punto dove siamo arrivati, Carlos Tavares, ad del gruppo italo - francese, evita di sedere al primo dei tavoli tematici di Stellantis che riguardava appunto Melfi. Brutto segnale di netta sottovalutazione della fabbrica lucana in uno scenario internazionale, nonostante le rassicurazioni fornite al Governo secondo le quali “a Melfi il gruppo ha confermato l’intenzione di realizzare 5 modelli full electric.” A riferirlo è il Ministro Adolfo Urso.
C’è non solo in Basilicata un clima di sconforto e di preoccupata attesa.
Già sul finire dello scorso anno un sito francese aveva annunciato l’esclusione da Melfi del modello Opel Manta, un Suv coupé elettrico che sarebbe dovuto rientrare tra i cinque modelli assegnati appunto alla fabbrica lucana.
I sindacati parlano di un dialogo tra sordi, a proposito della totale assenza di risposte e del rischio che il 15 aprile, data in cui partirà la firma delle dimissioni dei lavoratori di tutti gli impianti, a San Nicola potranno essere ben oltre 600 i dipendenti che decideranno di andar via per non rimanere coinvolti nell’imprevedibile processo , fatto di fermate e di cassa integrazione, legato alle scelte della multinazionale.
Stellantis è un colosso, per giunta in mani francesi, che guarda all’Italia come alla periferia di una realtà, incapace di essere centrale e produttiva, anche a fronte del calo delle vendite stimato intorno all’11,9 per cento. Intanto 5,4 miliardi di euro sono destinati agli investimenti di Stellantis in Sud America, in tempi abbastanza ravvicinati. Un dato che si commenta da solo.
Quale sarà nel medio lungo periodo il destino di san Nicola di Melfi? Una cattedrale in un deserto più o meno mascherato?
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