Considerata nella prospettiva del lungo periodo (sulla quale convergono molti osservatori internazionali) la guerra scatenata da Putin assume contorni totalmente diversi sia rispetto alle previsioni della fase iniziale, sia nell’ottica di un’analisi del presente, mentre siamo ormai allo scadere dei due mesi del conflitto.
Cosa cambia oggi? Anzitutto la questione degli aiuti all’Ucraina che non potranno essere erogati, per quanto riguarda gli armamenti, con lo stesso ritmo sostenuto finora dai paesi europei, Italia in prima linea ma non solo. Gli armamenti hanno costi altissimi, legati all’industria bellica, e finirebbero se estesi all’infinito per delineare una prospettiva di contrapposizione, tale da corrispondere a una partecipazione diretta o indiretta alla guerra, con l’unico risultato di provocare imprevedibili reazioni da parte della Russia. Non dimentichiamo che Putin, per quanto colto di sorpresa dall’andamento del conflitto, ha il consenso di ampi settori dell’opinione pubblica.
Ormai da tempo le manifestazioni di dissenso interno sono pressocchè scomparse in Russia, almeno non se ne parla come accadeva nei primi tempi sull’onda di una disapprovazione della guerra e delle motivazioni all’origine, nonostante il dissenso di qualche generale.
Il pericolo maggiore, tra i tanti, rimane il dito di Putin sul grilletto della guerra nucleare che non fa dormire sonni tranquilli in nessuna parte del globo. Ci sono di tanto in tanto riferimenti più o meno espliciti a una eventuale, terribile scelta forse oggi finanche sottovalutata.
Il protrarsi della guerra corrisponde esattamente a un disegno strategico del Presidente russo che non intende fare del conflitto un dato momentaneo, superata l’illusione del momento iniziale in cui sembrava accreditarsi l’ipotesi di un attacco alle strutture militari dell’Ucraina, evitando il massacro generalizzato dei civili che continua incessantemente e in maniera spietata.
La guerra, vista in modo retrospettivo, si manifesta oggi come elemento di continuità rispetto al passato: è lì il suo punto di forza ispirato dalla logica di un proseguimento ad oltranza per consolidare posizioni di potere, ma non su scala regionale. Quanto piuttosto secondo un disegno di ben più largo respiro. Oltre 700 milioni di dollari entrano nelle casse della Russia ogni giorno per la fornitura di gas e di materie prime all’Europa. Una solida base per non interrompere il conflitto ed eventualmente per spingerlo fino a conseguenze imprevedibili, come annunciato.
Peraltro il silenzio assenso della Cina gioca a sostegno di una lettura del genere della guerra, mentre gli scenari attuali tutto stanno a dimostrare tranne che una risoluta partecipazione dell’Europa alla fase negoziale con uno straordinario impegno per il cessate il fuoco, prescindendo da qualunque altra considerazione.
Il protrarsi della guerra è dunque figlio di una ideologia tipicamente sovietica di rafforzamento del predominio in uno scacchiere internazionale, ben oltre il contrasto Russia - Ucraina che oggi polarizza su di sé tutta l’attenzione mondiale, o di gran parte di essa.
Il passato dunque insegna o dovrebbe insegnare molto? Sembra proprio di sì, sperando in una giusta considerazione di quanto è accaduto in epoche non vicinissime ma presenti nella memoria collettiva.
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