martedì 6 agosto 2019

CONOSCERE MATERA E LA BASILICATA



                    

Matera e le sue chiese monumentali (foto De Rosa - riproduzione riservata)


Per una maledetta abitudine, purtroppo assai radicata, la preistoria della Basilicata comincia puntualmente con il Cristo si è fermato a Eboli e prosegue mostrando i muli che s’inerpicano lungo i dirupi, lasciando copiose tracce biologiche davanti ai tuguri dove abitavano ammassati i contadini del Sud, fino al tempo in cui i Sassi di Matera sono diventati patrimonio dell’Unesco, per poi essere finalmente Capitale della cultura per il 2019.
Questa dunque la preistoria fatta di degrado, di miseria, di donne con gli scialli neri eternamente in lutto, riprese dall’Istituto Luce in un lugubre bianco nero. Perché la Kodak non aveva ancora prodotto la pellicola a colori? No, soltanto perché era quella l’unica traduzione in immagini di una realtà, utile a documentare l’arretratezza del Mezzogiorno, diventata pensiero letterario, e il dislivello Nord Sud cosa di cui molti si sono compiaciuti a lungo e non smettono di farlo tuttora.
Evidentemente altrove sono i sentieri che portano a conoscere la Basilicata di oggi e quella di ieri. A parte il pensiero giuridico di Emanuele Gianturco e di Francesco Mario Pagano, il lavoro scientifico di medici e giovani ricercatori del passato, l’impegno politico per superare il latifondo (ricorre quest’anno il Settantesimo di Montescaglioso, Melissa e Torremaggiore) ci sono figure e istituzioni dalle quali ha preso il via da tempo una stagione viva proiettata verso il domani.  Chi mai osa parlare, ad esempio, del medico scienziato di Viggianello, nel territorio del Pollino, tale Vincenzo Caporale, sconosciuto ai più? Titolare di cattedra a Napoli, rifiutata solo per curare i “suoi” pazienti a Viggianello, con una valanga di specializzazioni. E una competenza indiscussa con risultati che già in passato parlano da soli. Oltretutto, profondo conoscitore delle erbe del Pollino che riteneva dotate di grandi poteri per la cura di varie malattie. E l’industria farmaceutica di oggi lo testimonia.
Ma c’è di più. Anche i tecnici lucani, in quel buio passato, hanno dimostrato di sapersi conquistare un ruolo di primo piano in uno scenario non solo lucano o meridionale. La progettazione del primo acquedotto dell’Agri, nel lontano 1937, è un capolavoro di ingegneria idraulica avanzata. 
Il 14 luglio di quell’anno fu grande festa a Scanzano Jonico per l’inaugurazione dell’acquedotto in cui c’era di tutto: ingegneria, scienza, tecnologia. Passato e futuro insieme. 7300 metri cubi di acqua al giorno. Una lunghezza di 300 chilometri.  Opera monumentale per quei tempi, capace di soddisfare la grande sete delle campagne e di numerosi centri urbani. Una svolta resa possibile dal lavoro dei tecnici del Genio Civile, impegnati per trasformare in realtà un progetto ambizioso. 
Mi chiedo: a cosa serve andare per Matera e la Basilicata, oggi, se non per scoprire tesori sconosciuti di un passato importante? A cosa serve parlare semplicemente dell’arretratezza, senza accennare alla poesia di Scotellaro, di Sinisgalli, alle grandi potenzialità e al rapporto tra scienza e umanesimo, che ha portato la Basilicata ben oltre i Sassi della vergogna.       

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