lunedì 3 aprile 2017

COVA E PERTUSILLO GUARDATI A VISTA



                        
La conferenza stampa  (foto R.De Rosa)

Occhi aperti, anzi spalancati da parte della Regione Basilicata per tenere costantemente sotto controllo ogni forma di danno all'ambiente legato alle estrazioni petrolifere, con particolare riferimento sia al Cova (il Centro olio di Viggiano) sia alla diga del Pertusillo che alimenta importanti schemi idrici per il potabile in Basilicata e in Puglia. Scongiurata la minaccia della presenza di idrocarburi nelle acque dell'invaso, ora si punta a creare le premesse per un monitoraggio costante e affidabile. Ma soprattutto ininterrotto.
La confernza stampa del Governatore lucano, Marcello Pittella, con il responsabile dell'Ambiente, Francesco Pietrantuono, e con la partecipazione dei tecnici dell'Arpab ha detto una parola autorevole sulla situazione in atto, dopo la perdita di greggio da parte di alcuni serbatoi all'interno del Centro olio, in cui l'Eni lavora migliaia di barili di petrolio destinati alla raffineria di Taranto. Contaminazione registrata sia all'interno dell'imponente struttura, sia all'esterno dove cinque campioni di acque sotterranee sono risultati inquinati. 
Nuova diffida nei confronti dell'Eni inviata subito dopo la conferenza stampa nel corso della quale è stata evidenziata la presenza "molto cospicua" di manganese, ferro e idrocarburi policiclici aromatici in sette campioni di acqua. 
"Vogliamo la veritá", dice il Presidente Pittella, al quale va dato atto di una straordinaria mobilitazione per scongiurare ogni  conseguenza al territorio e alle popolazioni. "Prenderemo tutti i provvedimenti necessari nel minor tempo possibile e manterremo la stessa linea di severitá e di rigore del passato." 
Gli fa eco Francesco Pietrantuono, che sottolinea la bocciatura da parte degli organi regionali del piano di caratterizzazione presentato da Eni. Il colosso petrolifero è stato invitato, in maniera pressante, a presentare dati certi e un piano che rifletta le reali esigenze di tutela ambientale, non solo oggi, ma anche in futuro quando i prelievi di greggio dal sottosuolo della Val d'Agri sono destinati ad aumentare. 
Cresce frattanto la mobilitazione delle strutture regionali della Basilicata e della Puglia, mentre si intensifica la vigilanza perchè non ci sia nemmeno un breve periodo di tempo sottratto ad un rigoroso controllo dell'attivitá estrattiva in tutte le sue forme e a qualunque livello. Ciò ha un rilievo non marginale tanto più se si considera l'entrata in produzione del giacimento di Tempa Rossa di Corleto che si avvicina a grandi passi. 
La conferenza stampa d'inizio settimana rappresenta inoltre un elemento di rottura con un passato remoto, specie se si prende in esame il periodo di avvio delle estrazioni e la fase di prosieguo dell'attivitá negli anni Novanta, dominata da un largo disinteresse per i processi di estrazione di idrocarburi e per le esigenze di un controllo capillare da parte degli organi regionali. E dire che all'epoca la tragedia di Trecate, nel Ticino, era ancora particolarmente presente nel ricordo dell'opinione pubblica nazionale.
La storia del petrolio in Basilicata è documentata dai tabulati Eni, oggi custoditi negli archivi di San Donato milanese, la casa madre del cane a sei zampe, dai quali risulta una massiccia capacitá di sfruttamento del sottosuolo lucano sin dai primi sette progetti di sviluppo olio e di sviluppo gas, per usare il linguaggio dei petrolieri. 
Pensate:  il primo piano di attuazione del mega progetto, denominato Val d'Agri, comportò una spesa di un miliardo, tre milioni e 961 mila euro. Una somma ingente all'epoca che lasciava prevedere introiti da capogiro nel quadro di una massiccia attivitá di estrazione di idrocarburi dalla Valle.
Quale fu la mobilitazione di un'intera classe dirigente, a fronte della prospettiva di giorno in giorno sempre più concreta, che faceva della Basilicata il più importante serbatoio di petrolio in terra ferma, in Europa?  Domanda purtroppo ancora oggi senza una risposta. 

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