sabato 20 agosto 2011

CALA IL SIPARIO SULLA SAGRA DEL FAGIOLO DI SARCONI. QUALE IL FUTURO DELL' AREA ?

Se fossi un giovane disoccupato di Sarconi, il paese della Val d'Agri dove si e' appena svolta la trentesima edizione della sagra del fagiolo, mi metterei in giro per i ristoratori di Milano, della Brianza o di altre località del Nord facoltoso e opulento per collocare il prestigioso cibo. Diventerei insomma una sorta di agente incaricato di divulgare il prodotto stipulando contratti e mettendo in piedi una vera e propria attività di rappresentanza. Cosa che dovrebbero fare, ma non fanno, le amministrazioni locali, nemmeno in tempi di crisi lacerante, come quella attuale.
All’incirca cinquecento ettari coltivati nell'area, più di cinquantamila quintali di fagioli nei 12 comuni interessati che sulle tavole importanti dei principali ristoratori del centro nord (ma anche nelle case degli intenditori del Sud e delle famiglie) diventano un bene prezioso. Insomma, una ricchezza da mettere a frutto, stando anche ai risultati di una indagine del Dipartimento Tecnico Economico dell'Università della Basilicata che considera il fagiolo di Sarconi un'autentica risorsa per lo sviluppo ed un elemento di salvaguardia per l'ambiente sul quale incombe il rischio di una contaminazione senza limiti, dovuta alle emissioni del centro olio di Viggiano e alla presenza delle trivelle del petrolio sempre più numerose anche nelle località a totale protezione. Senza escludere il Parco dell'Appennino lucano, impegnato in una difficile opera di protezione ambientale, intrapresa da tempo e condotta con lungimiranza e grande impegno.
Il boom di presenze di visitatori a quella che viene definita la Sagra del fagiolo di Sarconi edizione 2011, non può rimanere un fatto limitato soltanto alla due giorni (dedicata a formidabili “assaggi” ed a pantagrueliche abbuffate di piatti e pietanze varie) ma deve diventare motore di uno sviluppo possibile. Concreto. Uno stimolo a ritornare all'agricoltura come dimostrano pochi ma significativi casi di operatori del settore che, di loro iniziativa, cercano i mercati e instaurano rapporti commerciali in Italia degni delle migliori aziende moderne.
E' questo il dinamismo dell'economia al quale fa riferimento il prof. Francesco Lenoci, docente alla Cattolica di Milano, che ribadisce il ruolo della piccola e media impresa, a cominciare dall'agricoltura, nel Sud colpito dalla crisi e dall'attacco delle multinazionali del petrolio che non conoscono frontiere né limiti da rispettare nella corsa allo sfruttamento del sottosuolo, prima che sia troppo tardi. Del resto la sagra del fagiolo pone una serie di interrogativi: prima di tutto qual è l'interesse del Dipartimento Agricoltura della Regione per un prodotto del genere, che ha ben ragione di alimentare speranze e attese. Secondo. Quali sono realisticamente gli obiettivi legati alle politiche degli enti locali, se si vuol parlare davvero di lavoro e sviluppo senza fare facile demagogia.
Mi chiedo a questo punto. Se i prodotti del parco nazionale dell'Adamello Brenta vanno a Uno Mattina non capisco perché anche quelli della Val d'Agri non debbano rappresentare una interessante vetrina nazionale nelle sedi e nei luoghi dove il mercato fa davvero “miracoli”, è il caso di dirlo. Certo, anche questa rimane una scelta politica.


Testo e foto di Rocco De Rosa

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