Le mura dell'Abbazia di Sant'Ippolito a Monticchio laghi
(foto R. De Rosa - riproduzione riservata)
Mura imponenti che parlano della storia secolare della prima abbazia costruita pietra su pietra a cavallo dell’anno Mille, ai piedi del Monte Vulture, in uno scenario da fiaba nel verde dei boschi che si riflettono nelle acque dei laghi di Monticchio.
Un capolavoro, per nulla scalfito dal tempo, come sottolinea Antonio Cecere, storico ed esperto delle vicende monastiche di una realtà destinata a far parlare di sé, soprattutto ora mentre va definendosi l’interminabile vicenda del Parco regionale finita davanti al Tar della Basilicata, com’era del resto prevedibile dopo lunghi anni di incubazione.
Una testimonianza importante queste mura, costruite tra l’ottavo e l’undicesimo secolo, in pieno medioevo.
Lo storico Antonio Cecere (foto R. De Rosa - riproduzione riservata)
Dopo il rovinoso terremoto del 1456 che costò la vita a cinquanta monaci, Sant’Ippolito conosce un periodo di declino ma continua a far parlare di sé, documenta rigorosamente Cecere, poiché la fama di questo luogo è legata anche all’intervento di alcune nobili famiglie milanesi che, ai tempi della prima stesura dei Promessi sposi, scendono in campo raggiungendo la Basilicata. E’ il caso dei de Leyva giunti ad Atella (la figlia di Antonino de Leyva era la monaca di Monza, suor Virginia Maria), dei Borromeo che porteranno a Milano il nucleo della importante biblioteca locale per fondare nella città lombarda la Biblioteca Ambrosiana. Di qui alcune ardite ricostruzioni, prima fra tutte quella che vorrebbe identificare il ramo del lago di Como, di manzoniana memoria, con i laghi di Monticchio. Ardite ma non troppo, sostiene il prof. Cecere, poiché nel capoluogo lombardo esisteva all’epoca un nucleo della famiglia della Tela originaria di Atella. Non solo. Ma ci sarebbe motivo di ritenere, secondo gli studiosi, che l’invocazione del Manzoni alla Vergine sia rivolta alla Madonna del Carmine, Patrona della zona dei laghi di Monticchio e venerata in Basilicata.
Un intreccio di dati e notizie, giunti fino a noi, che si sviluppano nel tempo facendo capo, direttamente o indirettamente, alle mura di Sant’Ippolito, in cui storia, cultura e tradizioni diventano tutt’uno in un mix che ha dell’incredibile per il Vulture e per i lucani.
Una marcia in più per il Parco che ha davanti a sé molti obiettivi, tutti di grande rilievo. Oltretutto, valorizzare questa realtà è d’obbligo, sostiene Paolo Appiano, forestale per vocazione, se si vuol dare al Vulture il significato che merita in un’ottica diversa da quella finora prevalente: un luogo di svago o, peggio, area da picnic con folle di turisti a Pasquetta o Ferragosto. Un mordi e fuggi inqualificabile. Appello dunque rivolto alla Regione Basilicata, protagonista di primo piano di questa realtà che attende una svolta.
Le mura di Sant'Ippolito (foto R. De Rosa - riproduzione riservata)
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