Il Procuratore Francesco Curcio |
“Se le leggi sono spesso incomprensibili, la Magistratura cosa può fare?”
Il capo della Procura di Potenza, Francesco Curcio, non ha dubbi: se il responso dei giudici a volte non è in linea con la logica delle sentenze o di alcune sentenze, spesso dipende dalle leggi.
In una intervista esclusiva al blog La collina dei ciliegi il Procuratore mette a nudo criticità e situazioni non facili per giungere finalmente alla riforma della Giustizia, da tempo sbandierata, considerata anzi un passaggio obbligato e una tappa da non mancare, dai vari governi che si sono succeduti in questi anni. Ma con risultati non esaltanti, in molti casi.
Che dire poi della Cassazione che ha usato toni perentori (un eufemismo) per dire che il responso del primo e secondo grado di un giudizio a carico di un politico era assolutamente fuori luogo? La sentenza della suprema Corte suona anzi come un richiamo vigoroso, una sorta di reprimenda addirittura. Chi ha ragione? E soprattutto a chi prestare fede?
Dottor Curcio, perché ciclicamente ritorna il tema della Giustizia da riformare quasi come un debito della politica nei confronti dell’opinione pubblica?
“La questione giustizia, purtroppo, è stata per anni, anzi per decenni, sempre sottovalutata dalla nostra classe politica. Lo dimostrano le risorse per l’apparato della Giustizia molto spesso lesinate. Questo disinteresse viene meno nel momento in cui la Magistratura si occupa lei della politica nel momento in cui viene a scoprire una serie di illeciti, conosciuti come Tangentopoli, ascrivibili a soggetti politici che per finanziare la loro attività politica, o per mero interesse personale, ottenevano illeciti finanziamenti anche a scopo personale. A questo punto la questione Giustizia diventa d’interesse anche per la politica.”
C’è a suo giudizio un motivo ben preciso, una ragione che spinge a porre il tema della Giustizia in primo piano?
“Certo si ha la sensazione che la risposta politica sia stata per larga parte determinata dal fatto che la Magistratura andava a incidere sulle attività politiche e soprattutto sul profilo mediatico legato alle attività politiche.”
Intanto è logico capire cosa ci sarebbe anzitutto da riformare. Le sembra?
“Assicurare una Giustizia garantista, ma soprattutto efficiente. Questo dovrebbe essere lo scopo. Si ha purtroppo la sensazione che la classe politica per certi periodi, secondo le circostanze, diventa supergarantista, a volte compromettendo l’efficienza della macchina giudiziaria. E’ chiaro che le garanzie debbono essere quelle necessarie a che l’imputato, l’indagato e le parti offese possano esplicare i loro diritti nel processo, ma complicare poi eccessivamente l’iter dei processi con tanti adempimenti incide sul processo stesso.
Quando poi certa criminalità occupa le prime pagine dei giornali allora si interviene con proposte che vogliono essere particolarmente rigorose: questo è il ciclo tipico degli ultimi decenni che ha caratterizzato le riforme in materia giudiziaria.”
C’è poi l’ormai nota affermazione del Presidente Mattarella il quale il 15 ottobre, innun suo intervento, ha detto senza mezzi termini che alla Magistratura serve una rigenerazione etica e culturale.
“Questo è un monito del Presidente della Repubblica che mi trova assolutamente d’accordo. L’immagine della Magistratura può essere compromessa da alcuni casi eclatanti che hanno rilievo suoi mezzi d’informazione. Questo determina un appannamento dell’immagine.
Poi c’è un problema complessivo che riguarda il modo con cui i magistrati hanno gestito l’autogoverno. Un modo che negli ultimi anni è stato sicuramente caratterizzato da degenerazioni nell’autogoverno, che è sacrosanto per garantire l’indipendenza della Magistratura con i dovuti controlli, ovvio, come prevede la Costituzione. Certo le correnti hanno avuto un peso esasperato in decisioni che dovrebbero essere assolutamente tecniche e meritocratiche e mi riferisco in particolare allo sviluppo della carriera dei magistrati. Mattarella ha, dunque, perfettamente ragione.”
Nell’intervento del Capo dello Stato si fa strada un altro argomento, del tutto inusuale: la comprensibilità dell’azione giudiziaria. Qual è il significato di questa affermazione?
“La comprensibilità dell’azione giudiziaria è il prodotto delle leggi, leggi chiare o leggi non chiare. Leggi che attribuiscono eccessiva discrezionalità ai magistrati o leggi che ne attribuiscono troppo poca. E’ dunque necessario che le leggi siano poche e chiare, il che consentirebbe alla Magistratura di essere più compresnsibile. Se le leggi non sono chiare la Magistratura cosa può fare se non applicarle. Ovvio che il riferimento è all’opinione pubblica. Ci sono beninteso anche dei casi in cui il magistrato fa un cattivo uso della norma, il che può essere superato attraverso giudizi successivi di impugnazioni, di appelli, di ricorsi che consentono di correggere il tiro, per così dire.”
Perché, a suo parere, c’è differenza tra la verità processuale e la verità reale, come sostiene Giuseppe Losardo, oggi magistrato di Cassazione,
“E’ un’affermazione assolutamente condivisibile. La verità processuale deve tendere ad accertare la verità reale. Il processo serve ad accertare come sono andati i fatti, se non servisse a questo sarebbe meglio abolirlo.
Questa è in concreto la funzione del processo. Poi ci sono dei casi in cui questa corrispondenza tra accadimenti reali e verità processuale non si realizza. Questi rientrano tra i sistemi di garanzia previsti dal procedimento.
Sono infinite, ad esempio le ragioni per cui una intercettazione, realizzata per avere delle prove, può essere dichiarata nulla.”
Mi consenta, una intercettazione può essere dichiarata nulla solo per seri e gravi motivi tecnici. Una incertezzazione è disposta dalla magistratura ed eseguita da organi abilitati a questo compito. Come si fa a dichiararla nulla? Non è certamente frutto di una banale improvvisazione da parte di sprovveduti. Le sembra?
“Se viene meno quella intercettazione per motivi tecnici e processuali la conseguenza sarà che la persona accusata, in base a questa intercettazione, sarà assolta. Ma l’assoluzione in questo caso non rispecchia la realtà.”
Non le sembra che in casi del genere ci si trova difronte a un paradosso?
“E’ un paradosso ma ha una sua funzione: poiché le intercettazioni sono un sistema intrusivo nella vita privata delle persone la legge richiede che siano fatte in certo modo e attraverso determinate procedure. Può succedere che per un fatto formale una intercettazione non sia utilizzabile. E quindi viene meno un pezzo di realtà. In certi casi c’è stato un intervento della Cassazione che ha rilevato la inadeguatezza delle motivazione, ad esempio, alla base di quella intercettazione. E’ un prezzo che va pagato, ci troviamo di fronte a delle garanzie che tendono a evitare un abuso di determinati strumenti investigativi.”
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