giovedì 25 dicembre 2014

CI SONO SPERANZE PER LA SORTE DEI DUE MARÒ?


A ben riflettere, tra i tanti problemi di fine anno con i quali il Paese reale è chiamato a misurarsi senza perdere un minuto di più,  c'è il dramma dei due fucilieri di marina ancora in India da tre anni, in attesa di una risoluzione. 
A Girone e Latorre le autorità indiane appaiono decisamente contrarie a riconoscere neppure una minima attenuante alla loro decisione di sparare ai due pescatori, scambiati realisticamente per dei pirati. Ecco il punto. Altro che passi avanti, compiuti in questi anni di detenzione  dei due militari. Tutto risulta azzerato e ridotto alla stregua di un pour parler. Possibile? Altro che.
All'orizzonte è buio pesto al punto da far commentare al premier Renzi: "Che pasticcio sui marò". 
Sicchè le varie speranze si stanno rivelando del tutto infondate e tali da complicare addirittura la questione che pesa come un macigno sul Governo e sul Presidente del Consiglio in prima persona. E rischia di incidere sulla credibilità dell'esecutivo.
A questo si aggiunge l'atteggiamento della Bonino, ex ministro degli Esteri, che critica la legge La Russa sulle regole d'ingaggio con una ingenua difesa d'ufficio della posizione del suo partito, addirittura all'epoca del varo della legge stessa, mentre da alcuni si auspicano  passi diplomatici e azioni di livello internazionale ed europeo, condotti con senso di concretezza e assoluto tempismo. La Bonino in effetti contesta, oggi, la scelta di organizzare le missioni italiane a supporto dei privati, senza regole chiare. 
Necessita un dibattito teorico o piuttosto occorrono azioni concrete, sul piano giuridico, per studiare i possibili sbocchi di una situazione decisamente ingarbugliata, e assai rischiosa per gli sviluppi imprevedibili ai quali è esposta.
Dopo mesi di inutili e apparenti trattative, la strada giusta sembra sottratta decisamente al confronto politico tra i due Stati e i rispettivi governi e affidata al vaglio della magistratura indiana. Sicchè, ci si chiede, cosa potrebbe accadere in caso di sentenza sfavorevole ai due militari italiani. E quale potrebbe essere il margine per un arbitrato internazionale che la Bonino propone.  
Un altro scoglio non semplice da superare. Per giunta quando l'intesa sembrava quasi a portata di mano e i margini di accordo erano ben più consistenti rispetto ad oggi, si è verificato subito dopo un ritorno a posizioni quanto meno intransigenti da parte del governo indiano.
Figurarsi in una situazione dominata dal pronunciamento della Suprema Corte di quel Paese che respinge in toto le richieste dei due fucilieri. Non c'è molto da sperare considerato che eccessive lungaggini e tempi morti hanno caratterizzato il passato. Se non una vera mancanza d'interesse per la questione. E c'è oggi finanche chi è ancora convinto che dovrebbe essere l'India a chiedere scusa per aver trattenuto per tre anni senza un preciso capo di accusa i due militari italiani. 
C'è una responsabilità non trascurabile nei confronti delle famiglie che non comprendono gli alti e bassi  di questi anni. Ma c'è soprattutto un fattore di credibilità Come finirà? Difficile, anzi impossibile prevederlo.

martedì 23 dicembre 2014

CONVOCATO L'ALLEVATORE CHE HA LANCIATO L'ALLARME PER LA SORGENTE LA ROSSA


                              

        Il corso d'acqua che nasce dalla sorgente inquinata a Montemurro
                                                    (foto R. De Rosa)


Rivolgo un invito personale a Donato Di Stefano, direttore della Cia, nonché uomo della Val d'Agri e raffinato politico, perché vada a rendersi conto di persona di ciò che da tempo sta accadendo in località la Rossa di Montemurro dove una sorgente emette, insieme all'acqua, sostanze tossiche, il che provoca allarme tra gli allevatori per la nascita di agnelli e capretti con palesi malformazioni: soggetti senza testa, con il corpo sfregiato da mutamenti inammissibili e mai verificatisi in zona. 
La sorgente sotto accusa emette sostanze di colore grigio antracite, maleodoranti, e che provocano irritazione alla pelle se si viene a contatto. La presenza di idrocarburi sembra praticamente scontata, dato il cattivo odore per giunta intenso e penetrante che induce a pensare inequivocabilmente al petrolio. O ai reflui delle estrazioni, ancor più pericolosi del greggio. 
Della cosa è stato tempestivamente informato il direttore dell'Arpab, Aldo Schiassi, che non ha dato finora nessuna informazione in proposito. 
Frattanto, l'allevatore che ha lanciato l'allarme è stato contattato dalla segreteria dell'assessore all'Agricoltura Michele Ottati, che ne discuterà agli inizi del nuovo anno.
La sorgente la Rossa diventa così il simbolo delle gravi trasformazioni dell'ambiente, in seguito alle estrazioni di petrolio in Basilicata, il nuovo Texas, la nuova frontiera con il più grande giacimento petrolifero in terra ferma, in Europa, addirittura.
Questo il prezzo che la Basilicata, destinata ad essere smembrata e annessa al regno delle due Sicilie e al granducato di Toscana, sta pagando al Paese, nonostante Matera 2019 e la modifica delle norme che restituiscono capacità decisionale alla Regione. Tutto questo potrebbe rivelarsi addirittura ininfluente se non si riuscirà ad esercitare un controllo quotidiano su ciò che accade sul territorio, in difesa della salute dei cittadini, esposti a rischi gravissimi.  
Per giunta la vicenda della sorgente la Rossa esplode proprio davanti casa del Presidente del Consiglio Regionale della Basilicata, Piero Lacorazza, originario di Montemurro. Al danno si aggiunge anche la beffa. Incredibile! 

sabato 20 dicembre 2014

SPERIAMO ALMENO DI POTER BERE

                                  

                Una delle sorgenti inquinate in località la Rossa di Montemurro
                            (foto R.De Rosa)
La Basilicata come Bussi
Il disastro ambientale c'è ma non ci sono colpevoli. Questa la sentenza per l'inquinamento Montedison a Bussi, in Abruzzo. Una definizione che si addice molto alla Basilicata, dove la protesta di Pasquale, un giovane pastore di Montemurro, rimane inascoltata. Eppure nella zona continuano a nascere agnelli senza testa, con le gambe a metà e con varie malformazioni. Dei veri mostri, a causa di una sorgente di acqua, in località la Rossa,  che inquina i terreni e non fa crescere l'erba lungo il suo tragitto. Acqua di colore grigio e maleodorante, ben diversa da quella che sorgeva lì nella zona fino a qualche anno fa: purissima e limpida. 
Il disastro ambientale è più che evidente. Pasquale è stato costretto a spostare più a valle il suo gregge per contenere il grave fenomeno e c'è allarme tra i contadini. 
Lo zio allevatore non ricorda, da settant'anni ad oggi, fenomeni di questa portata. La zona era additata per la salubrità dell'aria e la purezza dei suoi prodotti.
Quali le cause? L'area rientra tra le località di estrazione del petrolio e il cattivo odore dell'acqua della sorgente, diventata inspiegabilmente grigia lascia intendere che ci sia una vera e propria contaminazione. Forse dovuta ai reflui. Forse ad altre cause. Per giunta è acqua sporca. Basta strofinarne qualche goccia sul dorso della mano e si avverte subito il classico odore di idrocarburi, forte e penetrante.
Oggi l'acqua di quella sorgente fa paura. Sono in tanti a temere che la contaminazione della falda possa estendersi ad altre sorgenti del luogo e rendere inutilizzabile l'acqua e il suolo.
Un vero disastro, documentato per giunta dagli accertamenti condotti dalla professoressa Albina Colella dell'Universitá della Basilicata, rimasti anche questi lettera morta. Considerati addirittura privi di fondamento.
Per giunta proprio in questi giorni l'Arpab (l'agenzia per la protezione dell'ambiente) sta eseguendo dei controlli delle falde acquifere, ma ad una quota molto più bassa rispetto alla sorgente la Rossa. Asp e altri organismi non si sono mai pronunciati nel merito.  É il caso che intervenga la magistratura per definire, magari con l'apporto del Noe, natura ed è entità  del grave fenomeno che ha origine già da tempo.
La zona interessata è poco distante dal Parco nazionale dell'Appennino. Ma questo non fa dormire sonni tranquilli  giacché si teme che un aumento considerevole delle estrazioni di greggio nelle località strategiche della Basilicata, annunciato dal governo, possa comportare il diffondersi progressivo del fenomeno, su scala ben più vasta, se si considera che a Fossa Cupa in territorio di Sasso Castalda esistono sorgenti di assoluto pregio che alimentano l'acquedotto del Basento. Chi garantisce che sono e rimarranno decisamente al riparo da ogni contaminazione? 
  

sabato 13 dicembre 2014

PER I PARCHI OCCORRONO SCELTE POLITICHE COERENTI E NON INCERTEZZE



                                
                  Colle Gaudolino in estate (foto Josef Betz)

Il tema del rapporto tra parchi e politica ritorna in primo piano in seguito al riconoscimento della CETS al Parco nazionale del Pollino, il secondo parco lucano al quale è stata attribuita la Carta europea del turismo sostenibile. Un punto di partenza e non di arrivo. Un dato con cui bisognerà fare i conti, in ogni caso. 
Mai come nel momento attuale l'intreccio tra le 
aree protette e il progetto della politica, per un utilizzo di queste realtà a fini di uno sviluppo sostenibile, è apparso così strettamente collegato al quotidiano e alla prospettiva futura di un uso della risorsa ambiente equilibrato, ma soprattutto volto a creare nelle popolazioni  concrete attese di lavoro e di crescita dell'economia. Ecco la responsabilità della politica, il vero nodo da sciogliere, nel particolare momento fatto di molta confusione, di contrasti e di pericolose lacerazioni. 
Un benessere diffuso sul territorio dei parchi, e non solo appannaggio di pochi eletti, sarebbe quanto di meglio si possa realizzare  in una situazione di crisi determinata dall'assenza di occasioni  immediatamente fruibili, e aprendo nuove  possibilità di espansione alle aree della montagna, costrette finora alla marginalità e all'isolamento.  Se non al peggiore degrado.
Corrisponde tutto questo agli scenari che abbiamo sotto gli occhi, nella gestione di parchi e riserve naturali, nella Basilicata di Matera 2019? Interrogativo inevitabile al quale non è facile tuttavia dare delle risposte positive.
La Carta è uno degli elementi propulsori in questa dinamica di sviluppo potenziale: essa rappresenta anche per il Pollino una marcia importante verso scenari di generale  rinnovamento del turismo tradizionale. Il ruolo degli operatori, il rapporto con le università e la conoscenza delle peculiarità del parco, ben oltre i limiti locali, sono punti qualificanti legati alla Cets.
Il Pollino costituisce di per sè una consolidata esperienza che non ha molto da chiedere alla politica, giacché vive non da oggi di luce propria. E' quanto pensano in molti.  Ma in effetti così non è. 
Il valore di un'idea politica di parco nazionale in piena regola è determinante per far vivere nel migliore dei modi anche il  più grande parco nazionale del Sud con i suoi duecentomila ettari di superficie. E con risorse naturali di altissimo pregio. 
Il turismo, specie se sostenibile, è da considerarsi pertanto  espressione di una progettualità forte e compiuta.
Un parco non è una zona recintata da gestire e governare. Un parco è una fucina di idee, di programmi di salvaguardia e di iniziative non teoriche da mettere a frutto con lo sguardo rivolto all'oggi ma soprattutto ad una prospettiva per il medio - lungo periodo. 
Del resto lo sta sperimentando il Parco nazionale dell'Appennino lucano che cerca oggi nella costituzione  del direttivo e in vari dibattiti in corso la strada da intraprendere  con certezza e senza tentennamenti per dare corpo a un futuro che non sia solo sulla carta. Se l'Appennino ha capacità di badare al suo domani lo si deve agli sforzi finora  compiuti. Altrimenti questa zona avrebbe corso rischi molto seri, nel suo difficile  confronto con il petrolio.  Un confronto dalle conseguenze facilmente prevedibili, specie in un lungo arco di tempo. 
Alimentare questo dibattito è compito primario  della Rivista on line, la voce ufficiale del Parco, che sarà pubblicata in tempi brevi sul sito: parcoappenninolucano.it con lo scopo di   di alimentare il dibattito e costruire informazione, ingredienti essenziali per poter crescere. Un dato politico di prima misura. 

lunedì 8 dicembre 2014

MANGO CI LASCIA "CON IL SOLE NEL CUORE"


                                 
 

Ha avuto appena il tempo di accomiatarsi dai  fans che stavano seguendo il suo concerto a Policoro, scusandosi perché non si sentiva bene. Poi si è accasciato stroncato da un infarto. 
Cala il sipario su un artista raffinato e intelligente, un uomo della Basilicata che vive ogni giorno nel silenzio e nella delicatezza dei suoi gesti. Come la sua terra Pino aveva il senso delle cose importanti e belle. Era un uomo schivo ma amava coltivare l'amicizia con quanti lo ammiravano nei suoi meravigliosi concerti e continuano ad apprezzarlo soprattutto dopo il distacco da questo mondo. 
Lui è andato via in punta di piedi ma i suoi brani lasciano un segno che difficilmente si cancellerà. 
L'ultima raccolta "l'amore è invisibile" reca sulla copertina un ringraziamento "a tutti coloro che hanno vissuto e voluto questo lavoro con il sole nel cuore". Un omaggio agli amici e ai tanti ammiratori.
Che dire? Ci si rende conto che le parole non servono granché in queste circostanze. Vale il ricordo e una preghiera al Signore perché lo accolga tra gli eletti.
La Basilicata perde una delle menti più lucide, dotate del fascino di una creatività che supera tutto, finanche le difficoltà del vivere quotidiano. 
Ciao Pino, non ti dimenticheremo.    

sabato 6 dicembre 2014

I MILLE RETROSCENA DEL PETROLIO E DEL GAS



La manifestazione di Potenza del 4 dicembre  è un punto fermo nel rapporto tra politica, istituzioni, e la gente. Non vi è alcun dubbio. Se non altro sta a testimoniare una diversa consapevolezza dell'opinione pubblica in ordine alle estrazioni di petrolio con riferimento ai tanti problemi connessi. Che non sono certamente irrilevanti.
Al centro del dibattito le trivelle del petrolio e le condotte del gas che stanno cambiando la fisionomia di una terra, in fin dei conti del tutto insignificante. Importante per i petrolieri. Insignificante per chi si illudeva di trarre chissà quali vantaggi dalle estrazioni di greggio in termini di sviluppo, occupazione e reddito individuale. 
Marcello Pittella, governatore della Basilicata, ha assunto una posizione istituzionale prudente, dovendosi oltretutto misurare con l'orientamento di un popolo determinato a non fermarsi. Se il governo non accetterà di discutere con i lucani e di modificare quei criteri che privano la Regione delle sue prerogative essenziali, allora sì l'impugnazione sarà inevitabile. E se la Corte costituzionale dovesse ipoteticamente  rigettare un ricorso del genere cosa accadrebbe? Al danno si aggiungerebbe la beffa. 
C'è di più. All'indomani del 4 dicembre le questioni sul tappeto sono tali e tante per cui semplicemente  affrontarle e discuterle appare impresa difficile. 
Intanto è scoppiato in questi giorni il caso del gasdotto di SNAM Rete gas che attraversa  la  zona archeologica di Grumento e lo stesso Parco nazionale dell'Appennino lucano. 
Scavando  per la posa dei tubi del gas sono venute alla luce delle tombe della vasta necropoli sulla quale si continua a studiare. Un patrimonio di inestimabile valore che non potrebbe nemmeno essere sfiorato dalle  ruspe e dai picconi delle imprese. Invece ciò accade, tanto siamo in Basilicata. Ovvio, no? 
Per giunta nelle scorse settimane il Presidente del Parco, Domenico Totaro, è stato convocato per visionare la scoperta, i cui reperti sono già stati (non so se in tutto o in parte) messi al sicuro nel Museo archeologico a breve distanza dagli scavi e dal gasdotto. 
Allo stato delle cose, la Soprintendenza archeologica 
della Basilicata rende noto di non avere altro scopo se non quello della tutela dei reperti e dell'area interessata alla ricerca. 
Gli addetti  della Soprintendenza e le maestranze  della SNAM sono legittimamente preoccupati per una eventuale fermata che costerebbe giornate lavorative e salari, in una realtà già di per sè falcidiata dalla crisi e dalla mancanza di lavoro.
C'è ad ogni modo da chiedersi se  al momento del rilascio del VIA, la valutazione di impatto ambientale, e di tutte le necessarie autorizzazioni di cui il gasdotto è provvisto, nessuno abbia soltanto pensato di deviare il percorso dello scavo per evitare l'attraversamento sia della zona archeologica di Grumentum che il territorio del Parco. Beninteso, quest'ultimo è abilitato a fornire un parere vincolante e non solo consultivo, in base alle leggi di salvaguardia ambientale e alla stessa legge istitutiva dell'area protetta, di interesse nazionale. L'ente parco interviene per cose ben più irrisorie, figuriamoci se può lasciar correre un fatto del genere. 
Difficile rendersi conto, francamente, di quanto accade se si vuol dare alle norme un significato che corrisponde allo spirito e alle idee del legislatore. Mi chiedo: in che modo si garantiscono il territorio e le sue peculiarità? Interrogativo destinato a rimanere senza risposte. Almeno finora.

martedì 2 dicembre 2014

POTENZA CITTÀ SORELLA DI MATERA 2019




Potenza Città regione. Potenza capoluogo o, meglio, sintesi di burocrazia, cultura, politica e altro ancora.
Governare la cittá rimane tuttavia l'obiettivo primario che investe le responsabilità di un'intera classe politica, chiamata a dirigere i processi  di crescita in un momento difficile, ma non più, nè meno difficile di altri frangenti che si sono succeduti in questi decenni. 
D'accordo, il dissesto è una voragine annunciata da tempo immemorabile ma che va superato e ricondotto a numeri positivi, con risposte adeguate d'intesa tra consiglio comunale, regione, provincia e Ministero dell'Interno. 
Al centro di tutto questo c'è il ruolo del sindaco Dario De Luca, impegnato in un complesso lavoro di tessitura di una miriade di rapporti, politici, sociali, economici, dai quali dovrà dipendere non soltanto il consenso delle forze politiche e del sindacato, ma un progetto globale di rinascita e di risanamento per giunta di ampio respiro.  Beninteso, anche di rinascita morale giacché Potenza sembra averne reale bisogno, e non è una esagerazione se si vuole evitare che le fogne a cielo aperto in prossimità del Basento, ricordo degli anni passati, finiscano per ingoiare inesorabilmente tutto e tutti senza distinzione alcuna. 
La convenienza delle forze politiche di assoggettarsi a un patto trasversale per il bene di Potenza, e non solo, va subordinata alla gravità del momento e agli obiettivi ambiziosi e irrinunciabili indicati da De Luca sin dal suo insediamento. 
Sicchè misurare l'utilità  politica, da parte di partiti e singole formazioni, del sostegno da dare  a questa difficile impresa, mi sembra non solo sconveniente quanto piuttosto una scelta di corto respiro. Dannosa in tutto e per tutto.
I temi in agenda sono tanti e tali da richiedere rigore e larghe vedute. In primo luogo la questione lavoro alla quale si collega direttamente l'obiettivo di fare di Potenza la "città sorella" di Matera 2019. Del resto le circostanze lo impongono. Il che apre orizzonti e potenzialità finora inespressi, in larghissima misura. 
L'Universitá prima di tutto, ricorda il sindaco De Luca. Ma al tempo stesso commercio, terziario avanzato, e quindi informatizzazione con relativa banda larga e tanto, tanto altro ancora con riferimento alle nuove professioni. Ad una  qualità concreta dell'essere città aperta e momento di sintesi di questa multiforme Basilicata.
La consultazione che si apre, per un sostegno su vasta scala alla gestione dell'attuale momento e per una sua proiezione nel medio - lungo periodo, deve ubbidire a criteri di generale rinnovamento soprattutto di certe logiche e di calcoli politici. Logiche e calcoli rivelatisi spesso in passato completamente inefficaci se commisurati all'unica esigenza, oggi come ieri, di dare un forte impulso alla dimensione della città che non può rimanere uguale a sè stessa, pena una caduta inesorabile, una sorta di perdita di peso senza futuro. 

    

sabato 29 novembre 2014

IL CAPPOTTO DEL NONNO CONTRO IL FREDDO DI MILANO



"Dal Pollino a Milano con il cappotto del nonno" è qualcosa di più del semplice titolo di un libro. Giacché racchiude in sè un po' tutto in poche parole, ma con una forza espressiva davvero non comune: pensare all'emigrante e vederlo indossare addirittura il cappotto del nonno ti spezza il cuore e fa comprendere, d'altro canto, quanta leggerezza c'è in certi politici che parlano in modo disinvolto di disoccupazione giovanile, in termini di uno 0,2 - 0,3 per cento. In più o in meno.
Stiamo parlando del libro di Giuseppe Gagliardi, un ex giovane costretto a emigrare dalla Basilicata a Milano, come tanti del resto. Un libro scritto  in omaggio a una terra avara di lavoro e di benessere per molti, ma capace di tenere la sua gente legata a un'idea, a un ricordo, anzi a mille ricordi struggenti che non si cancellano.
Il libro è il racconto appassionato del viaggio da Viggianello alla Lombardia, con la solita, inevitabile paura di non farcela in cerca di quel lavoro inesistente al Sud, nella  Basilicata straricca di risorse ma capace ancora oggi di negare il pane ai giovani. Di negare loro il futuro. 
"In quegli anni di povertà non sembrava esserci riparo contro il freddo..." annota tra l'altro Gagliardi con la lucidità di chi ripercorre momenti di vita vissuta e non teme affatto di sbagliare. Una testimonianza, la sua, che dá il senso delle cose. La dimensione del dramma di chi è costretto ad abbandonare la propria casa convinto di dover cercare altrove, a qualunque costo, quel lavoro di cui tanto si torna a parlare, oggi.
La malattia da bambino, la perdita della mamma con il vuoto  incolmabile che un dramma del genere ha provocato  nell'animo di un bambino sono altri aspetti di un libro verità che in molti farebbero bene a leggere. Forse anche Matteo Renzi, se abbandonasse per un attimo il senso delle contese politiche ad alto livello per sposare, una volta tanto da cittadino come gli altri, la realtà nuda e cruda di un Sud ancora oggi inspiegabilmente avaro di speranze per molti giovani onesti.
C'è poi l'amara parentesi del trasbordo a dorso di mulo verso l'ospedale, perché il piccolo Giuseppe venisse curato con mezzi idonei in seguito a una malattia. Particolare agghiacciante che dá una  sensazione di vuoto. L'anima sembra essere invasa da un'angoscia incredibile e tutto il bel parlare sul Mezzogiorno svanisce in un baleno. Amara constatazione d'impotenza che il libro di Gagliardi purtroppo induce a fare.  

martedì 25 novembre 2014

PERCHÈ SNAM RETE GAS NON GRADISCE I GIORNALISTI?



                             

             La zona Snam a Grumento dove sono venute alla luce alcune tombe

Nel corso dei lavori di scavo per la posa di un gasdotto, nell'ambito della zona archeologica dell'antica Grumentum, in Basilicata e in pieno territorio del Parco Nazionale dell'Appennino lucano, sono venute alla luce alcune tombe di epoca presumibilmente romana e in ogni caso legate alla vasta necropoli esistente in loco.
La scoperta ha suscitato comprensibile interesse da parte di studiosi e ricercatori. Per cui appare quanto mai ovvia l'esigenza di disporre di materiale fotografico con cui poter documentare l'importante scoperta, avvenuta purtroppo nel corso di lavori che non hanno nulla a che vedere con l'archeologia e l'assetto degli scavi in una località dove sorge, tra l'altro, un museo di rilevante importanza scientifica.
Per questa ragione ho chiesto al Soprintendente Archeologico per la Basilicata, Antonio De Siena, la necessaria autorizzazione a poter fotografare la zona dove le tombe sono venute alla luce. Ma nel momento in cui il personale del Museo mi ha accompagnato sul luogo della scoperta, secondo le disposizioni dello stesso Soprintendente, sono stato duramente invitato ad allontanarmi con modi bruschi e direi assai poco civili, oltre che arroganti, dal personale della SNAM, addirittura allarmato e infastidito dalla presenza di un giornalista. Personale che si occupa sia della posa del gasdotto, sia delle tombe, nonostante ci fosse la presenza di una "dottoressa" (c'è da supporre incaricata dalla Soprintendenza) ma non meglio conosciuta e interessata soltanto,  a quanto pare, a tenere lontani gli occhi indiscreti di giornalisti, telecamere e quant'altro. Con la banale motivazione della tutela della sicurezza del cantiere. 
Non mi pare sia questo il metodo più valido per mettere insieme ricerca di idrocarburi e archeologia, ammesso che un legame tra le due realtà possa ragionevolmente esserci, nonostante il disappunto delle popolazioni per taluni eccessi che rischiano di compromettere irreparabilmente l'ambiente.
In proposito i dubbi e gli interrogativi sono tanti. È compatibile, in primo luogo, un'attività del genere nel cuore di una zona archeologica di rilievo, non certamente soltanto locale, e nel bel mezzo di un Parco nazionale con finalità di valorizzazione dell'ambiente e della biodiversità, obiettivi quanto mai interessanti nel territorio dell'antica Grumentum? Non solo. In quali condizioni le tombe sono venute alla luce, mentre lo scavo per la condotta del gas era in pieno svolgimento, da parte di maestranze tutt'altro che esperte in campo archeologico? E ancora: quali sono le reali dimensioni della "scoperta" archeologica legata ai lavori per il gasdotto? Si tratta solo di alcune tombe o c'è dell'altro date le frequenti segnalazioni del rinvenimento di suppellettili e monili,  specie nei vigneti della zona.
Ma c'è di più. L'atteggiamento inqualificabile del personale SNAM sollecita un'amara riflessione. A queste condizioni la ricerca di idrocarburi  rappresenta per la Basilicata non una opportunità occupazionale, meno che mai economica, ma esprime a chiare lettere la legge del più forte, che diventa di volta in volta il padrone di casa, pronto a scacciare chiunque tenti soltanto di "ficcare il naso" in affari di cui  non deve minimamente occuparsi. E la giustificazione è sempre la solita: nessuno è autorizzato a vedere, osservare, fotografare. La realtà evidentemente ai signori della SNAM fa paura. 
In situazioni analoghe, lavori ben più importanti di quello che interessa l'area archeologica di Grumento, sono stati bloccati sia dalle Soprintendenze che dalla stessa magistratura, interessata a vigilare sul rispetto degli equilibri ambientali e delle caratteristiche della zona.
A maggior ragione trattandosi, come in questo caso, di una regione già abbondantemente perforata. E anzi sfruttata fino all'osso.

domenica 23 novembre 2014

LA BASILICATA HA GRANDI POTENZIALITÀ MA NON PUÒ ATTENDERE. LO SOSTIENE IL PRESIDENTE DI ADA MICHELE TROPIANO


Il primo corso di formazione per il personale che opera negli alberghi della Basilicata, definito Housekeeping e organizzato da ADA, l'associazione dei Direttori d'albergo presente a livello nazionale e locale, coincide con una circostanza particolarmente fortunata, qual è appunto Matera capitale della cultura 2019.
Questo titolo impone evidentemente di determinare svolte significative, nell'intero comparto della ricettività  con l'attenzione tutta rivolta ai nuovi e qualificati flussi turistici che appaiono prevedibili. 
Una rivoluzione a tutto campo? Non vi è dubbio. 
Il fatto stesso che il corso si terrá il 30 novembre a Viggiano, presso la Sede del Kiris hotel, in Val d'Agri,  e il giorno dopo, il primo dicembre a Matera, rappresenta il pieno coinvolgimento del territorio in tutte le sue componenti per far decollare quel turismo fondato sul presupposto di una serie di interessi culturali, paesaggistici ed economici in grado di dare nuova linfa a questa terra del Sud.
Comunicare un evento del genere significa aprire nuovi e interessanti opportunità per quei giovani soprattutto che guardano a Matera 2019 come ad una vera possibilità  di cambiamento per la Basilicata di sempre. Una terra eternamente ai margini e caratterizzata dal falso che si va perpetrando  consistente nell'immagine di una regione al palo e incapace di sollevarsi, di accettare le sfide delle moderne tecnologie e della cultura del nostro tempo. 
Ecco che l'iniziativa di ADA rappresenta un grande contributo di idee nella delicatissima fase in atto.

Presidente Tropiano, quali sono le vostre attese e quali i presupposti alla base delle numerose iniziative intraprese da ADA.

"Il nostro scopo è anzitutto quello di poter competere a tutti i livelli con aree economicamente più forti, a cominciare dalla vicina Puglia e dalla Campania, offrendo al turista, o al visitatore che viene da noi, magari per trascorrere un fine settimana in pieno relax, condizioni ottimali per la sua permanenza e anche dal punto di vista della competitività delle nostre strutture alberghiere. Le condizioni ci sono tutte ed è sicuramente il caso di metterle a frutto in maniera idonea, facendo in modo da presentare questa regione come dotata di grandi potenzialità in tanti settori."

Cosa vuol significare? Che le strutture lucane, gli alberghi piccoli o grandi, non temono nessuna concorrenza. E che la Basilicata è una terra incredibilmente ricca.

"Esattamente questo. Il colpo d'ala che vogliamo imprimere alle nostre attività e ai nostri punti di accoglienza consiste proprio nel consentire al turista di fare la differenza rispetto ad altre realtà, magari imponenti ma non dotate di quel "tocco di classe" che deriva proprio dalle caratteristiche del territorio e dall'offerta in termini di cibo, di accoglienza, di nuova ospitalità, di cultura e arte del nostro territorio. Abbiamo strutture immerse nel verde dei parchi nazionali e regionali. L'Appennino lucano è uno dei nostri cavalli di battaglia sui quali facciamo affidamento. Senza escludere il Pollino, La Murgia materana o Gallipoli Cognato. Insomma l'offerta alberghiera si sposa con una straordinaria offerta natura e con i nuovi scenari della scienza e dell'arte. Non è poco."

Questa ed altre iniziative in calendario nel breve - medio periodo sono una mano tesa nei confronti delle istituzioni e della politica. O, meglio, una significativa offerta di dialogo per raggiungere intese significative.

"Non abbiamo alcun dubbio in ordine all'esigenza di avere un dialogo privilegiato con la Regione Basilicata e non solo. Ma anche con le province, con le realtà presenti sul territorio per illustrare i nostri percorsi. Ma soprattutto con l'intento di affrontare sfide significative, facendoci  conoscere e apprezzare in ambiti sempre più vasti. Mi riferisco alla Francia, alla Germania e anche ai turisti d'oltreoceano, che sono i primi a sentirsi  legati in molti casi alla Basilicata del terzo millennio. 
Faremo ogni sforzo perché la buona politica ci ascolti, nell'interesse di questa terra e dei suoi abitanti."


  

giovedì 20 novembre 2014

SEGNALI IMPORTANTI DAL CONVEGNO SUI DIRITTI DELL'INFANZIA



Un primo risultato  Vincenzo Giuliano, Garante dell'infanzia, lo ha ottenuto, proprio nel giorno in cui è stata celebrata la giornata mondiale dell'infanzia e dell'adolescenza. E ciò a  poco più di una settimana dal conferimento dell'incarico all'esponente di spicco della scuola e della politica, cosa che  rappresenta beninteso una svolta nel difficile campo dei rapporti giovani istituzioni nella Basilicata del petrolio.
Il risultato consiste  non tanto nell'avere conquistato, da parte di Giuliano, l'attenzione di numerosi allievi delle scuole medie, cosa pure rilevante, quanto l'interesse  di quel mondo che ha spesso sottovalutato l'importanza del problema dei ragazzi a contatto con i socialnetwork e con Internet anzitutto.  Una popolazione spesso sconosciuta, se non addirittura ignorata, una fetta importante della società in una regione dai piccoli numeri che tuttavia non accetta di essere dimenticata. 
Stimolante il convegno,  al Museo di Via Lazio a Potenza, su un tema francamente originale: "Il diritto all'immagine dei minori al tempo di Internet. Non un ragionare generico, ma un'analisi  di quel diritto inalienabile dei giovani e giovanissimi a essere sè stessi sempre, senza doversi privare della loro identità per non diventare preda di mire morbose e di appetiti intollerabili.
Discorsi concreti da parte di esperti e personalità  del settore. A cominciare da quello di Andrea Galgano, docente alla scuola di psicoterapia di Prato, fino all'intervento del Vice Questore della Polizia Postale, Rosario D'Anza.
Una sorta di dialogo con il protagonismo dei giovanissimi e dei meno giovani per far capire a tutti che la rete delle reti è un mostro. Un mostro buono ma anche, non di rado, cattivo e minaccioso. Se non ingannevole e perverso, finanche.
Proseguire su questa strada è per il Garante un impegno di tutto rilievo. C'è da sperare tuttavia che piccoli e grandi giochi di potere non riescano a vanificare un lavoro nel quale tutti debbono sentirsi protagonisti. Davvero nessuno escluso, se si vogliono raggiungere gli obiettivi indicati, come Vincenzo Giuliano ha sottolineato varie volte.

sabato 15 novembre 2014

PARCO DELL'APPENNINO, TRA INFORMAZIONE E NECESSITÀ DI TUTELA DELL'AMBIENTE


                     
               Il Presidente Domenico Totaro in una conferenza stampa

È ormai prossima l'uscita di un numero monografico della Rivista on line del Parco nazionale dell'Appennino, a un anno dall'adesione alla Carta europea del turismo sostenibile, un riconoscimento che impone una precisa traiettoria e che ha già fatto molti passi avanti da quel novembre 2013, epoca della cerimonia ufficiale a Bruxelles.
Il numero monografico è da intendersi infatti come un valido contributo di idee per qualificare turismo e Parco insieme. Raccoglie, tra gli altri, un contributo di Filippo Bubbico, viceministro degli Interni, sul ruolo del parco, oltre a una intervista al Presidente Domenico Totaro, e al parere qualificato di Gianpiero Perri, direttore dell'Apt Basilicata e di vari esperti nel settore. 
Una corretta informazione su parchi e risorse naturali è qualcosa di più di una semplice esigenza pubblicitaria. Rappresenta piuttosto un pilastro importante se si vogliono far crescere le aree protette, intese come fonte di sviluppo qualificato e non solo compatibile. In particolare come un dato culturale di prima misura. Un moderna scelta di civiltà, in ultima analisi.
In effetti questo numero cade in un momento assai delicato del dibattito su quale informazione risulta necessaria per salvaguardare ambiente e territorio. Un dibattito che dalla Basilicata rimbalza addirittura nelle aule parlamentari e pone l'accento sul rapporto con il petrolio. 
Il Parco nazionale dell'Appennino lucano è la realtà più direttamente a contatto di gomito con le estrazioni di greggio e rappresenta anzitutto lo strumento idoneo per arginare una sorta di deriva che promette di coinvolgere ambiente e bellezze naturali, in nome dei profitti delle compagnie, questi sì mai quantificati e mai conosciuti. Ma non per limiti oggettivi dell'informazione, quanto piuttosto a causa dei mille silenzi in cui la materia è immersa fino al collo. 
Fare informazione significa dunque fornire utili elementi di approfondimento e di analisi di una gran mole di problemi, senza escludere aspetti controversi e mai approfonditi, a cominciare dall'inevitabile coinvolgimento del Parco e delle popolazioni dell'area nei progetti delle compagnie. Diverse trivelle sono in territorio protetto, ma non per disattenzione degli organi del parco, quanto perché i pozzi relativi alle estrazioni sono stati autorizzati prima della legge istitutiva dell'importante area protetta. 
Per di più le estrazioni di greggio comportano migliaia di tonnellate di reflui, in ogni caso da smaltire e non solo da parte di Tecnoparco di Pisticci. Per giunta, l'allarme lanciato da ARPAB sulla radioattività dei rifiuti è un elemento assai grave da non sottovalutare affatto. 
Per questa e tante altre ragioni il Parco nazionale dell'Appennino lucano Val d'Agri  Lagonegrese, la Regione Basilicata e il Ministero dell'ambiente dovranno muoversi d'ora in avanti in stretta sintonia. È l'unico modo per mantenere in piedi certi equilibri particolarmente fragili e delicati. 

giovedì 13 novembre 2014

IL SINDACO DI POTENZA, DE LUCA: DISSESTO E PETROLIO DUE SFIDE DA VINCERE


                             
                        Dario De Luca Sindaco di Potenza

Giorni decisivi per la soluzione del dissesto di bilancio per il Comune di Potenza. Giorni nei quali peraltro vari interrogativi si sommano, fino a dare sempre più il senso di una Scanzano sostenuta dalle volontà di migliaia di giovani, di cittadini comuni, di donne e di uomini forse finora mai interessati alla vita politica e al mondo del sociale.
Il primo cittadino di Potenza, Dario De Luca, interviene nel dibattito per chiarire non tanto il percorso che si delinea davanti all'amministrazione comunale, quanto il senso di un impegno per favorire il rinnovamento. Per la trasformazione della città in elemento vivo e dinamico, in questa Basilicata di Matera 2019. 

"Il dissesto del Comune di Potenza è una condizione molto grave, inutile dirlo, perché parte da una spesa esagerata  per i servizi, addirittura ben venticinque milioni di euro in più rispetto alle entrate. Nei prossimi anni ci saranno ben poche risorse, da utilizzare al meglio. Portare l'amministrazione verso una correttezza generale, verso una gestione parsimoniosa è un obbligo imprescindibile: ecco il traguardo non facile da raggiungere. Un traguardo per il quale stiamo lavorando a denti stretti."

Ing. De Luca cosa potrà accadere in seguito. É ipotizzabile realisticamente una ripresa?  

"Non avremmo molte speranze se l'Europa non ci venisse incontro con finanziamenti che riguardano il settore dei servizi. Siamo intorno ai 150 milioni di euro da utilizzare nell'arco di tempo 2014-2020 per tutta una serie di servizi appunto, quelli sulla qualità urbana, i servizi sociali, ed altro ancora. 
Abbiamo terminato la riprogrammazione dei fondi di sviluppo in coesione. Con il positivo contributo del consiglio comunale siamo riusciti, inoltre, a mettere a punto  una serie di interventi per 26 milioni di euro che non erano stati spesi.  
Denaro che dovrà essere utilizzato per un'opera di riqualificazione della città, in vari settori. Questo determinerà  tra l'altro un forte risparmio energetico con un intervento appunto di riqualificazione del sistema d illuminazione pubblica, ma non solo."

Qual è in ogni caso il futuro di questa città, prescindendo da valutazioni tecniche, in ordine all'utilizzo delle fonti di finanziamento? 

"Il futuro di Potenza è l'università. Non ho dubbi. L'universitá oggi non partecipa alla vita cittadina e la città  non è parte della ricerca, della cultura, anche sul piano della protezione civile, della tutela del suolo. Ma pure in altri comparti.  Dobbiamo sentire questa università come il nostro ateneo, come una struttura di alto profilo capace di valorizzare la funzione della Basilicata nel suo complesso."

Matera 2019 è un evento in grado di superare i confini geografici della città dei Sassi. Potenza dunque deve adeguarsi, essere all'altezza di una situazione davvero straordinaria. È d'accordo?

"Sono convinto che Matera é una spinta ulteriore. Matera ci insegna a fare squadra e a vivere una diversa dimensione di vita, in un clima culturale davvero stimolante, tenuto con peraltro che tante energie vive si manifestano non da oggi anche nella nostra realtà. 
Per quanto mi riguarda desidero fare squadra con tutte le forze, dentro e fuori dal consiglio comunale. Ci sono molte spinte verso la riqualificazione della città. Dobbiamo imparare a unir i, a lavorare insieme con le forze attive. Esattamente come ha fatto e fa Matera non da oggi."

La Basilicata, terra del petrolio,  cerca nuovi motivi di crescita e di salvaguardia. Nuove ipotesi e nuove strategie di sviluppo con senso di concretezza. Forse mai come oggi.

"La Regione ha la responsabilità, a mio giudizio, di non avere utilizzato al meglio i proventi delle royalties, specie in passato. Non siamo stati capaci di trasformare questa grande risorsa in un momento di sviluppo. Occasione di non mancare, evidentemente.
Ma i dati che mi preoccupano sono quelli attinenti alla crescita delle patologie neoplastiche: le persone si stanno ammalando e i dati ufficiali parlano chiaro. Dobbiamo capire anzitutto come tutelare la salute dei cittadini, come farlo in modo costante e non sporadico. Come conciliare le attività estrattive con le esigenze di salvaguardia degli abitanti  e del nostro ambiente.  È un dovere dello Stato, lo prevede la Costituzione.
Bisogna essere fermi su questo. Dovremmo dire allo Stato che non vogliamo che qualcuno rovini la salute dei lucani. Non ci sono royalties che tengano. Pretendiamo tutele efficaci.
Oggi ci stiamo battendo per l'articolo 38 del decreto Sblocca Italia che accentra le competenze nelle mani dello Stato. Sono convinto che la Basilicata deve riappropriarsi delle sue prerogative, ma sono altrettanto convinto che la politica locale  deve liberarsi da tutti i condizionamenti che ci sono stati in passato. Penso che se la tutela dei cittadini deve rimanere in capo ai nostri enti, bisogna che essi facciano la loro parte."

Qual è il ruolo di Potenza, in questo ambito?

"Potenza deve avere un ruolo, come capoluogo di Regione prima di tutto, insieme ad altri centri. Non da sola evidentemente, per contenere una miriade di rischi, senza escludere ad esempio anche la situazione determinata dalla presenza del termodistruttore Fenice a Melfi. 
Oggi la nostra funzione è offuscata probabilmente dalle difficoltà del momento, non certamente lievi. Si tratta tuttavia di una partita importante che dovremo giocare insieme agli altri comuni e alla stessa Regione Basilicata. Lo sottolineo.  Se vogliamo ottenere un risultato degno di rilievo."

lunedì 10 novembre 2014

ISAIA SALES, IL PETROLIO NON È L'IDENTITÀ DELLA BASILICATA


                                   
                                Isaia Sales

Un'altra Scanzano è alle porte, mentre la Basilicata del petrolio infiamma gli animi e non lascia presagire nulla di buono. 
Le numerose manifestazioni di protesta, anzitutto quelle di Potenza e di Scanzano, impongono una precisa condotta al mondo della politica e alle istituzioni mentre siamo alla vigilia di una importante e inevitabile scelta: rispondere si o no alla richiesta di impugnare davanti alla Corte Costituzionale l'articolo 38 che trasferisce tutti i poteri allo Stato privando le Regioni di ogni capacità di autorizzare le attività petrolifere. 
Non solo. Ma si tratterà di capire a chi compete questo atto formale, l'unico in grado di restituire alle comunità locali la possibilità di decidere in materia e di non lasciarsi sbeffeggiare da un centralismo assai pericoloso per la stessa democrazia.
Sono convinto che prevarrà il buon senso di Marcello Pittella, il suo tradizionale equilibrio ereditato da una tradizione politica che risale al padre, il senatore Domenico Pittella e continua a caratterizzare le scelte del fratello Gianni in sede di Parlamento europeo.
La partita è decisiva tanto più se si pensa che un esasperato sfruttamento del sottosuolo lucano è già in atto, sollecitato peraltro dall'esigenza di fare presto per accelerare le estrazioni di greggio sotto la spinta degli interessi delle compagnie che portano nelle casse dei petrolieri cifre da capogiro. Notizie provenienti da ambienti qualificati parlano di quantitativi di petrolio estratti, già oggi, ben oltre qualunque previsione. 
Basti pensare che l'Eni, nei primi anni Novanta, sborsò la modica somma di un miliardo tre milioni e novecento sessantuno mila euro soltanto per il primo progetto di sviluppo olio definito Val d'Agri. Lo si legge nei tabulati interni della società. Fu quello un primo stanziamento, al quale sarebbero seguiti molti altri a dimostrazione della enorme disponibilità di denaro che il petrolio mette in moto.
Davanti alla prospettiva di una accelerazione a tutto campo delle estrazioni di idrocarburi, ci si interroga sul domani della Basilicata, soprattutto quando il petrolio sarà terminato e bisognerà mettere in piedi, ex novo, l'economia di una terra sfruttata fino all'osso. Anzi sfigurata nella sua stessa fisionomia. Altro che la Basilicata di Carlo Levi o di Rocco Scotellaro.  Saremo a fare i conti con ben altre culture e ben altre logiche. Il mondo della Basilicata di ieri spazzato via dai profitti miliardari delle multinazionali che incassano fiumi di quattrini a spese di una terra piccola e indifesa. Ma capace di stringere i denti.   
Ora si decide il destino della Basilicata. La posta in gioco supera i confini di questa terra e interessa l'intero Mezzogiorno. Già questo è un risultato. 
Sull'argomento una intervista a Isaia Sales, docente universitario e personalità di spicco della cultura partenopea. 

"Il futuro della Basilicata è il suo passato. È fondamentale che questa realtà  non perda la sua dimensione, la sua identità diversa dalle aree metropolitane, affollate, caotiche. Il destino delle aree interne, e di questo territorio  in particolare, è di essere una riserva di civilta rispetto alla dimensione  urbana che ha distrutto il Mezzogiorno. Io consiglierei di non fare gli errori commessi altrove."

Il petrolio, un rischio o una risorsa? 

"A proposito del petrolio, esso rappresenta insieme un rischio e una risorsa. Una risorsa se gestita bene. La Basilicata, in Italia e nel mondo, non è la regione del petrolio e non è il petrolio l'identità lucana. Questa è una terra che ha mantenuto nel tempo la sua fisionomia, che è passata indenne attraverso i rischi di una modernizzazione selvaggia e che ha tante possibilità da mettere a frutto."

Scommetterebbe su una Basilicata capace di conservare la sua fisionomia?

"Scommetto più sulla Basilicata, sulle aree interne, che hanno mantenuto la loro identità, anziché  su altre realtà del Mezzogiorno responsabili di avere stravolto il loro percorso d'origine."

giovedì 6 novembre 2014

FLORINDO RUBBETTINO: MATERA PUÒ CAMBIARE IL SUD



                               
                             l'editore Florindo Rubbettino
  
  Matera 2019 ha una dimensione non soltanto lucana. Ma nazionale e internazionale. Ecco il dato di spicco, a meno di un mese dalla proclamazione del 17 ottobre, data destinata a rimanere nella storia.
Per Matera il mondo della cultura mostra una particolare sensibilità e una straordinaria attenzione. Era proprio questo il traguardo atteso. Anzi la svolta auspicata.
  La città dei Sassi ha dunque  un ruolo guida. Capace prima di tutto di ribaltare  quella marginalità del Sud tanto scomoda quanto ingiustificata.
  La Rubbettino editore, la storica casa editrice calabrese nata dagli sforzi e dalle intuizioni di Rosario Rubbettino, non esita a cogliere il significato della scelta che fa di Matera una città simbolo. La conferma viene da questa intervista a Florindo Rubbettino, erede della tradizione culturale che ha caratterizzato la prestigiosa struttura.

"Matera rappresenta in fondo quello che Expo2015 rappresenta per Milano, una vetrina unica e un’occasione imperdibile per il Sud Italia. L’importante è che il Sud non sprechi questa occasione ma sappia affrontare con coraggio le sfide che la modernità pone specie per quanto riguarda i percorsi culturali e i flussi turistici. Il rischio maggiore è che, come spesso accade dalle nostre parti, tutto finisca per confluire nell’onnipresente dibattito identitario, fatto spesso, peraltro, di luoghi comuni, identità prêt-à-porter e vere e proprie invenzioni della tradizione. Matera 2019 rappresenta un’occasione per smettere di guardarsi l’ombelico e indurre a sollevare lo sguardo verso l’ampia realtà che ci circonda."

Matera costituisce indubbiamente uno stimolo con il suo enorme bagaglio di storia, arte, costume e religiosità. I Sassi sono, tuttavia,  il segno della storia che non si cancella.

  "I Sassi sono il segno di una storia rovesciata. Il segno di una maledizione che diventa benedizione. Da segno di povertà, da emblema di un Sud, Africa d’Italia, a segno di un Sud che cerca il riscatto proprio a partire da quella storia e da quel racconto collettivo di cui i Sassi rappresentano un tassello importante."

-  Cosa dovrà fare, anzi cosa potrà fare il Mezzogiorno per Matera 2019 e per la Basilicata, scrigno di grandi risorse messe a disposizione del Paese.

  "Il Sud dovrà avviare una riflessione seria e priva di slogan pubblicitari che poi non portano a nulla per quanto riguarda il turismo e la cultura come modello di sviluppo. I recenti dati Svimez sono drammatici e fotografano un Sud a rischio desertificazione. La cultura può diventare un volano dell’economia ma i beni culturali per essere ammirati e apprezzati devono poter essere fruiti e per essere fruiti vanno custoditi, restaurati e soprattutto resi accessibili.
  La valorizzazione del patrimonio culturale non passa solo attraverso qualche cartellone messo qua e là ma passa soprattutto attraverso un serio progetto di riqualificazione urbana delle nostre città (spesso brutte, sporche e fatiscenti), dei centri storici (sempre più abbandonati e sempre meno fruibili) e soprattutto attraverso la riqualificazione (ma si dovrebbe dire “costruzione”) di una rete infrastrutturale materiale degna di un Paese occidentale del Terzo Millennio."

mercoledì 5 novembre 2014

LA PAURA DELLO STATO



La vicenda del povero Stefano Cucchi incute un orribile timore: timore per la disonestà, per l'inefficienza, per quella sorta di incuria, per la superficialità volte soltanto a evitare qualunque conseguenza in seguito a errori commessi sul piano dei comportamenti personali.  Errori non certo involontari, ma frutto di un disegno ben preciso. Colpire un debole e ridurlo in ginocchio davanti alla legge del più forte.
Sicchè tutto questo si traduce in un giustificato timore dello Stato in cui viviamo, del quale siamo parte purtroppo. 
Dalla sentenza  della Corte d'Appello, che ha mandato assolti tutti gli imputati, nessuno escluso, fino al pronunciamento del Presidente del Senato, Grasso, il percorso è lungo. La strada tortuosa e piena di insidie. 
La Corte assolve per mancanza di prove, anche se risulta fin troppo evidente che la fisionomia del giovane è stata letteralmente sfigurata. 
Il Presidente, vista l'entità del clamore che la sentenza stessa stava suscitando, interviene in modo inusuale e dice di voler scongiurare un versante mediatico, che considera lui per primo inevitabile. Ma non si era detto che i giudici parlano solo  con le sentenze? 
Tuttavia, in seguito alla valanga di critiche il Procuratore riconosce indirettamente che la sentenza si presta a commenti non proprio favorevoli, promette il suo personale interessamento, ma poco dopo elogia i suoi PM. Bufera nella bufera. Dichiarazioni allarmate della sorella di Cucchi, prese di posizione, commenti e varie iniziative sul web. 
Fin tanto che il Presidente del Senato, Pietro Grasso, interviene: "Ci sono dei rappresentanti delle istituzioni che sono certamente coinvolti. Quindi  chi sa parli. Che si abbia il coraggio di assumersi le proprie responsabilità perché lo Stato non può sopportare una violenza impunita di questo tipo."
Siamo davvero all'incredibile. Eppure molti di noi sono stati sempre convinti che per autorevolezza, rispetto delle leggi, ma anche per l'equilibrio insito nelle stesse funzioni, non ci fosse garanzia migliore di quella fornita dallo Stato. 
Evidentemente dovremo ricrederci. Sarà duro, ma dovremo ricrederci.

venerdì 31 ottobre 2014

DEDICATO AI BAMBINI DI SAN GIULIANO DI PUGLIA

La Basilicata ha il Garante dell'infanzia: a colloquio con Vincenzo Giuliano

                             
                              Vincenzo Giuliano

Trenta rintocchi di campane hanno ricordato la tragedia di 12 anni fa quando 27 bambini e la loro maestra perdettero la vita a causa del crollo della  scuola, a San Giuliano di Puglia, in seguito a un rovinoso terremoto. Era il 31 ottobre del 2002.
A questi angeli è dedicato il ricordo che mette insieme bambini più fortunati e bambini travolti da una delle tante tragedie del nostro tempo. Bambini per i quali il ricordo e la preghiera rappresentano l'omaggio più dignitoso.
Intanto, in una regione vicina al Molise, la Basilicata, anch'essa provata da vari terremoti, per la prima volta esiste il Garante dell'infanzia e dell'adolescenza. È Vincenzo Giuliano, professore, autore di varie pubblicazioni, una figura di primo piano che ha rivestito diversi incarichi pubblici. A nominarlo è stato il consiglio regionale.
Quali sono i suoi compiti, quali gli obiettivi. Insomma la presenza di Giuliano cosa determinerà. 

"Il ruolo primario è quello di difendere gli interessi individuali e collettivi dei bambini e degli adolescenti, a prescindere dalla loro etnie, dalla loro provenienza, dal colore della pelle. Soprattutto cercando di favorire lo sviluppo della loro personalità, rimuovendo tutto ciò che è disuguaglianza e discriminazione."

Un compito difficile, indubbiamente.

"Certo un compito delicato dal quale può dipendere molto dello sviluppo della personalità dei giovani e dei giovanissimi."

Quali sono le priorità da tenere in considerazione?

"La prima cosa è la fotografia dell'esistente per intervenire in modo idoneo. Un censimento che deve riguardare il disagio, per superare il quale occorre anzitutto conoscere nel dettaglio le varie situazioni. Avere una immagine completa delle aree a rischio, quelle più fragili e compromesse. Bisogna conoscere, intanto, quali sono gli enti che operano in questo campo perché si attui il principio della sussidiarietà dando una mano a chi realmente ha bisogno. Avviando un dialogo. Ponendo alla base di tutto gli interessi dei più piccoli e degli emarginati."

Il ruolo del garante si sostituisce in qualche misura alla mancanza di presenza delle istituzioni. Cosa che accade non di rado per mille ragioni. 

"Il ruolo del garante è a supporto delle istituzioni. Definirei questa figura la sentinella che interviene nelle situazioni di maggiore rischio. Lá dove c'è veramente bisogno. E il bisogno riguarda, beninteso, non solo le famiglie povere ma anche quelle benestanti. Ci sono tante forme di bisogno, chiaro?
È necessario, dunque, dare ascolto alle esigenze dei  bambini, che si trovano in balia di videogiochi, di computer e di abitudini spersonalizzanti, mentre in molti casi i genitori stanno a guardare, incuranti di tutto."

C'è poi il problema delle adozioni. A Potenza opera un centro di rilievo internazionale, il GVS di Sant'Anna. Le adozioni sono un capitolo tutto da scoprire, da seguire attentamente. Un capitolo con molte incognite. 

"Quando dicevo che il garante è la sentinella dei minori, dell'infanzia, degli adolescenti non accompagnati e di quanti soffrono per la loro condizione, intendevo esprimere appunto la volontà di conoscere lo stato dell'arte con preciso riferimento anche alle adozioni, che non possono essere trascurate giacché rappresentano un cambiamento netto nella vita di un minore. Un mutamento radicale della sua condizione,  spesso con molti imprevisti. Cose di un certo rilievo, da non trascurare. Finanche dei drammi personali, perché no. 
Il passaggio da una condizione di abbandono, di senza famiglia, all'inserimento in un nucleo già costituito e strutturato, non sempre positivamente o in maniera ideale, costituisce un problema serio da non trascurare. Anche di questo sarà inevitabile occuparsi."

giovedì 30 ottobre 2014

PARCO DELL'APPENNINO, SI RITORNERÀ A VOTARE


Intervista a Claudio Cantiani, sindaco di Marsicovetere

  Il Parco nazionale dell'Appennino continua a far parlare di sè. I criteri politici, adottati per l'elezione del Presidente della Comunità del Parco e per quella dei membri del direttivo, non soddisfano un folto gruppo di sindaci e amministratori dissidenti che mercoledì hanno abbandonato l'aula ritenendo che non ci fossero le condizioni per procedere speditamente, e nell'interesse generale, a completare la governance dell'area protetta. 
  Da questa sorta di spaccatura o di conflitto si tira fuori il Presidente Totaro ricordando di essersi battuto per sostenere il massimo della trasparenza, nei criteri di gestione, sin dai primi passi  compiuti dal Parco.
  Ora intanto si delineano nuovi scenari. Con tutta probabilità si ritornerà a votare (c'è da augurarsi in un clima più sereno) giacché alcuni membri non risulterebbero indicati  dal Ministero dell'ambiente. 
  Su questo argomento interviene il primo cittadino di Marsicovetere, Claudio Cantiani, uno dei sindaci in prima linea nella vicenda del Parco nazionale.

  "Abbiamo vissuto una pagina nera della politica lucana. Credo che le comunità non meritano tra l'altro di assistere a spettacoli del genere che sono mortificanti.
Sono molto deluso: mi sarei aspettato un diverso modo di fare politica soprattutto da chi vive da anni queste realtà. Anziché essere legati a logiche di spartizione, avrei immaginato che si usassero criteri diversi.  
  Ma nonostante tutto credo che il territorio si sia riappropriato della sua capacità di eleggere i propri rappresentanti."

Ora la prospettiva qual è. 

  "La prospettiva intanto è di recuperare anche l'area dei dissidenti. Infatti è stato ritirato su mia proposta il secondo punto all'ordine del giorno, vale a dire l'elezione del vice presidente. E credo che oggi ci siano spazi per guadagnare terreno in questo senso, nell'ottica della partecipazione di tutte le componenti a un processo così importante e delicato. 
Si è vissuta tuttavia una frattura di fronte a chi proponeva, come il sottoscritto,  di condividere l'elezione del presidente, del vicepresidente e dei componenti con una votazione palese e all'unanimità. Cosa che non si è verificata poiché c'era chi aveva idee diverse rispetto alle volontà della maggioranza.  Era il momento di chiudere una pagina che rischia di diventare, oltretutto, ridicola agli occhi della gente." 

Una pagina non ancora chiusa, a quanto è dato constatare.

  "Una pagina nient'affatto chiusa perché ci sarà il prossimo incontro in cui si andrà ad eleggere il vice presidente e gli altri due componenti del direttivo. E chiaro che se questo non dovesse accadere ci saranno delle conseguenze."

Perché si tratterà di eleggere altri due componenti, già in sostanza eletti?

  "I componenti vengono eletti da una lista ministeriale. Due dei componenti non rientrano in quella lista, per cui il Ministero automaticamente li escluderà. E quindi si andrà a votare per altri due nomi, con l'intento di non perdere di vista   l'esigenza di un equilibrio, anche in questo caso."

Al punto in cui si è giunti, sindaco Cantiani, cosa potrà essere del Parco, al di lá degli equilibri politici, pur tuttavia importanti?

  "A parte il grande merito che va dato al Presidente Totaro, per la sua gestione, occorre in ogni caso recuperare un protagonismo del territorio con le sue scelte e le sue indicazioni: solo così il Parco potrà assumere quel ruolo attribuito dalla legge all'area protetta e per cui lo abbiamo voluto. Altrimenti nulla ha senso. Se un territorio non partecipa alle decisioni, esso viene escluso. Le decisioni rimangono in capo a pochi. Ed è inaccettabile che in tanti anni non si sia completata la governance del Parco. Oltretutto si registra un ritardo spaventoso della politica. E non si possono dare le colpe ad altri. La politica deve recuperare il suo ruolo democratico contrastando vecchi metodi spartitori. Qualora non c'è unanimità si procede con un voto a maggioranza perché non possiamo continuare a rimanere inerti difronte a ciò che sta accadendo."

mercoledì 29 ottobre 2014

PARCO DELL'APPENNINO, BURRASCA FORZA OTTO


Non c'è pace per il Parco nazionale dell'Appennino lucano, Val d'Agri lagonegrese.
Chi mai avrebbe previsto che, dopo una serie di contatti e incontri che si protraggono ormai da mesi per giungere finalmente a dotare l'area protetta degli organi previsti dalla legge (presidente della comunità e direttivo) si sarebbe arrivati al traguardo in un clima di totale spaccatura? Eppure è accaduto, e di questo bisognerà farsene una ragione. Una ragione politica, indubbiamente.
Non si tratta di pretendere un pacifismo a tutti i costi o una unanimità fittizia. La posta in gioco è ben diversa: il Parco ha atteso per anni di essere governato, con il massimo della partecipazione delle forze attive, quelle stesse dalle quali idealmente è nata tempo addietro l'idea di una zona di tutela ambientale e paesaggistica nell'interesse del territorio e delle popolazioni. Sicchè per tutta risposta si è arrivati a contrapporre interessi personali, logiche di potere, intenti di spartizione a quello che dovrebbe essere l'impegno comune per salvaguardare un'area esposta a mille rischi. L'Appennino ha a che fare con il petrolio. Nel suo perimetro ci sono non una ma più trivelle grazie alle lungaggini e alle estenuanti attese che hanno consentito di disegnare un Parco a misura di petrolio. E non il contrario, purtroppo. 
Sembra addirittura paradossale che a preoccuparsi di proteggere l'area e le popolazioni della Val d'Agri sia il Ministero dello sviluppo economico e non alcuni rappresentanti dei poteri locali. Il Ministero ha emanato recentemente disposizioni che vincolano le compagnie al rispetto di norme ben precise: per una gestione oculata del Centro olio, il Dipartimento per l'energia  chiede all'Eni di rendere noti, tra l'altro, i curricula degli operatori e dei responsabili dei vari settori del Centro.
E intanto non si riesce a trovare una intesa.  Pasquale Robortella, grand commis politico, parla al riguardo di una frattura inevitabile, a questo punto. 
Sicchè la spaccatura personale e politica non si giustifica affatto, meno che mai per scopi di spartizioni e di potere.
Ci si chiede, ad esempio, come mai un realtà del livello di Moliterno debba essere esclusa dal direttivo. Eppure il centro dell'alta valle ha ben diecimila ettari all'interno del Parco. Qual è la rappresentatività garantita? Quale principio di democrazia s'intende far valere?
Tutti interrogativi  al centro di un serie di riunioni che i "dissidenti" hanno già provveduto a convocare per approfondire questi temi nella prospettiva di una diversa partecipazione alla vita del Parco dell'Appennino.
Il territorio intanto attende. E c'è chi continua a nutrire speranze perché i giovani, soprattutto, non si sentano esclusi e cacciati dal Parco. Sarebbe davvero una sciagura.
   

martedì 28 ottobre 2014

I BUCHI NERI DELLA VITA ITALIANA



Il 28 ottobre ha sempre lasciato tracce profonde nella storia italiana. Ieri la marcia su Roma fu il primo passo per la conquista dell'Italia da parte di Mussolini. Oggi, un evento senza precedenti caratterizza la difficile vita democratica di questo Paese: per la prima volta giudici, avvocati e pubblici ministeri hanno interrogato il Presidente della Repubblica in ordine alla "presunta" trattativa Stato mafia. Pura coincidenza, si dirà. 
L'interrogatorio è un evento sul quale pesa come un macigno il silenzio imposto dal Quirinale blindato, come lo hanno definito alcuni commentatori. I quaranta partecipanti hanno dovuto, infatti, consegnare in portineria, cellulari, tablet, computer e qualunque altro oggetto potenzialmente capace di far sentire o vedere all'esterno quanto stava accadendo nel bellissimo salone d'altri tempi, smagliante di luci e di un lusso sfrenato che ha accolto i partecipanti.
Certo, un resoconto sarà diffuso, ma non si sa bene quando.
Da cosa nasce l'estremo riserbo? Da eventuali pericoli rappresentati dal possibile diffondersi di  commenti sull'interrogatorio di Giorgio Napolitano o dal timore che la democrazia potesse prevalere e impossessarsi della sua funzione primaria, vale a dire quella di far partecipare, di coinvolgere l'opinione pubblica nazionale e internazionale e soprattutto  di informare?  Ipotesi nient'affatto fantasiosa. Napolitano non ha mai pronunciato la parola trattativa, riferiscono alcuni dei presenti, parola  che certamente potrebbe mettere a nudo quegli scenari che il processo di Palermo sta cercando faticosamente di chiarire. Parlare di trattativa avrebbe significato, inoltre, ammettere l'esistenza dei fatti, interpretare in un certo modo la lettera del defunto consigliere D'Ambrosio. E in fin dei conti dargli ragione.
In questo caso non è da sottovalutare il possibile ruolo dell'opinione pubblica che Renzi, in ordine ad altre questioni, considera marginale. Non vincolante. Ma che Giorgio Napolitano riesce a temere, finanche. Se non a considerare fondamentale. Essenziale. Determinante in tutto e per tutto. Ecco la differenza tra un giovane e un vecchio.
Non rimane dunque che attendere, fidando nella completezza delle registrazioni trasmesse dai tecnici del Quirinale alla magistratura palermitana.
Nelle case degli italiani, in queste ore e in questi giorni, si commenta inevitabilmente l'interrogatorio reso dal Capo dello Stato. E credo non sia difficile immaginare quale sia l'idea predominante che gli italiani hanno di questo evento di cui si parlerà a lungo.
Certo, la memoria del passato non inganna. Basterebbe chiedersi perché Napolitano era uno dei maggiori avversari di Berlinguer, proprio mentre lo storico segretario accennava a possibili aperture a una democrazia rinnovata. E irrobustita. 

domenica 26 ottobre 2014


PETROLIO, LAVORO E 
DISSESTO IDROGEOLOGICO

Mario Tozzi in Basilicata non risparmia i suoi strali

                              
                       il geologo Mario Tozzi (foto R.De Rosa)

Di corsa in autobus su per i monti della Val d'Agri, in una escursione guidata organizzata da Naturarte e dal Parco dell'Appennino. Mario Tozzi, il geologo autore  di varie trasmissioni televisive non smette di tuonare contro il petrolio che non dá sviluppo e contro quel dissesto idrogeologico responsabile di tanti disastri, al Nord ma non solo. Vede una terra diversa, una Basilicata cambiata, in cui la ricchezza accumulata dai petrolieri coincide purtroppo con gli accresciuti bisogni della gente e con l'incessante richiesta dei giovani di quel lavoro spesso introvabile. Specie per chi non ha santi in paradiso. 

Tozzi, il Suo giudizio sulla Val d'Agri oggi qual è.

"Un territorio che ha cambiato molto fisionomia, radicalmente. Il territorio era diverso, completamente diverso fino ad alcuni anni addietro. La campagna era predominante con le sue colture, i suoi meravigliosi colpi d'occhio. 
Questa spinta pseudo industriale,  così mi piace definire le estrazioni di petrolio,  ha provocato un cambiamento che non mi sembra in linea con la vocazione della regisone: ci sono tante concessionarie, le banche hanno un ruolo diverso. I ritmi di vita sono diversi."

C'è anche una gran massa di denaro nelle casse delle compagnie petrolifere.

"Certo non nelle tasche dei lucani. L'estrazione petrolifera è un'attività molto redditizia per chi ha in mano i pozzi, il territorio subisce gravi conseguenze: o c'è il disastro ambientale, come è accaduto a Trecate nel parco del Ticino, per non parlare della Nigeria o del Golfo del Messico: quando c'è un problema non è mai lieve. Mai di poco conto.
I pozzi non si traducono mai in un vantaggio, un vantaggio economico per le popolazioni. 
Peraltro non si pagano meno le bollette dell'energia. I costi sono  uguali ad altri luoghi, e in Basilicata si registrano  addirittura prezzi maggiori. Non c'è una maggiore occupazione e ci si trova ad avere snaturato un territorio che invece poteva puntare sulle sue carte, sulla sua vocazione agricola, turistica, paesaggistica."

È compatibile questa attività di estrazione del petrolio con la sismicità dei luoghi e con le condizioni generali della Val d'Agri? 

"Direi di si, ma tuttavia occorre tener conto dell'assetto idrogeologico dei luoghi. Le opere per impiantare l'attività estrattiva determinano movimenti di terra e altri fattori. Bisogna considerare poi quella minore propensione alla tutela dell'ambiente, che non è un particolare da nulla. Questo, in ogni caso, è un territorio ad alto rischio sismico, con cui bisogna sempre fare i conti. Oltre ad una elevata instabilità dal punto di vista idrogeologico, dalle conseguenze non sempre lievi. Tutt'altro."

Se dovesse dare dei consigli alla Regione Basilicata, ai suoi amministratori, cosa direbbe. Quali priorità indicherebbe.

"Prima di tutto se vogliamo una regione sicura che pongano fine immediatamente al consumo dei suoli. Basta con le costruzioni di case. Tutta l'Italia è stracostruita.  Consumo zero da oggi in poi."

Ma si continua a costruire senza sosta, nonostante la crisi. Le imprese cercano nuove aree edificabili e fanno appello ai comuni, spesso in nome della fame di lavoro. 

"Oggi non c'è più un vantaggio economico sulla vendita degli appartamenti, ma sulla rendita fondiaria. Non si vendono gli appartamenti ma genera reddito il fondo o gli edifici di proprietà. 
Le nuove costruzioni generano o accentuano sensibilmente il pericolo di frane  e  smottamenti del terreno e  anche le possibili ripercussioni dovute a una diffusa sismicità: il pericolo delle conseguenze provocate dai terremoti è accentuato dalla precarietà delle zone sulle quali le abitazioni sono state costruite. C'è da valutare anche questo aspetto. Fiumi intombati, case costruite nell'alveo dei corsi d'acqua  sono scelte che andrebbero messe al bando. Se si vuole una certa sicurezza, per i cittadini e per l'ambiente."

sabato 25 ottobre 2014

SAN CARLO DI POTENZA

LA PAGINA BUIA 
DELLA CARDIOCHIRURGIA


Un medico non può essere, per definizione, nè  incapace, nè superficiale, nè scarsamente informato poiché veste gli abiti della ricerca e non deve lasciarsi travolgere da pochezze nè da rivalità o da contrapposizioni, specie poi se queste pessime  abitudini coinvolgono altre persone del settore. Vale a dire dei colleghi.
La notizia dell'arresto dei sanitari della cardiochirurgia del San Carlo di Potenza, per la morte di una paziente, lascia sbigottiti, a maggior ragione se si dà credito ai contenuti delle intercettazioni e alle indiscrezioni emerse in un chiacchiericcio tra medici. Ancor più compromettente e di basso livello rispetto a qualunque espediente per sottrarsi a precise responsabilità. 
Altro che il rigore della scienza e l'autorevolezza di chi, per mestiere, se ne occupa. Siamo al peggiore pettegolezzo e alla ricerca dei mezzucci per mascherare, nascondere, coprire ciò che non deve essere sottoposto all'attenzione dell'opinione pubblica. Ciò che la gente non deve sapere.
Ci sono in questa vicenda, ovviamente, precise responsabilità forse non ancora del tutto emerse. E c'è in primo luogo la responsabilità di chi ha scelto un'equipe capace di portare in rianimazione addirittura un cadavere, almeno sulla base delle notizie finora diffuse. Certo, tutto da dimostrare in sede di procedimento penale. Senza alcun dubbio.  
Chi è finito agli arresti troverà mille ragioni per sottrarsi a un giudizio netto e definitivo, stando almeno alle prime indiscrezioni e alle avvisaglie delle linee di difesa degli imputati, con un collegio di avvocati  di grande prestigio, che tenterà di ribaltare le accuse, per quanto pesanti,  e magari, per ipotesi, facendo apparire gli incriminati come vittime di un gioco perverso di rivalità, paradossalmente. Come coloro i quali pagano un prezzo ingiusto, soprattutto in termini di immagine e  di carriera. Per giunta chi meglio del chirurgo è in grado di sostenere una tesi anziché un'altra? Certo l'autopsia mette in evidenza dettagli importanti ma che, tuttavia, non sono una verità inoppugnabile. Non rappresentano l'unica verità possibile. O incontrovertibile. Almeno per quanto riguarda gli scenari che si delineano.
I processi come al solito si protraggono oltretutto per anni. Indubbiamente a subire le conseguenze dell'accaduto, oltre alla vittima e ai parenti, è il buon nome dell'ospedale San Carlo, cosa della quale il Governatore Pittella giustamente si preoccupa. 
Emerge in ogni caso un particolare importante in questo scenario fosco: la nomina del dottor Rocco Maglietta a commissario e successivamente a direttore generale del nosocomio, almeno c'è da augurarsi. Maglietta è un professionista serio e qualificato. Non un mercante in fiera. Ha capacità di mettere ordine, d'intesa con i livelli istituzionali, in un settore di punta che anni addietro era il fiore all'occhiello del San Carlo di Potenza. Apprezzato e stimato sul piano scientifico anche fuori regione e fuori dal Mezzogiorno. 
Maglietta ha oltretutto la capacità di colmare certi vuoti che fanno da zavorra oggi a punte di elevata eccellenza: non a caso il progetto di trasformazione in Istituto di ricerca della Reumatologia rappresenta un traguardo significativo. Il senso di una svolta particolarmente attesa a fronte di una pagina nera qual è appunto quella della cardiochirurgia. Una pagina da dimenticare. Ammesso che sia possibile. 

giovedì 23 ottobre 2014

SASSI E CHIESE RUPESTRI: LA CARTA VINCENTE DI MATERA 2019

a colloquio con il presidente del Parco della Murgia, l'ing. Pier Francesco Pellecchia


                             
               il Presidente del Parco della Murgia, Pellecchia

  Matera 2019 guarda all'ambiente,  una delle ragioni vere della sua vittoria: i Sassi che sanno di lavoro, di sforzi, di fatica senza fine. Ma anche la Murgia materana con il fascino delle chiese rupestri, testimonianza di una fede che sa del primo cristianesimo, di una chiesa perseguitata, con i suoi martiri, con la sua povertà ma anche con la sua grandezza.
  La Murgia è un parco. Vive giorno per giorno una storia senza tempo. Una storia universale patrimonio non della sola Matera o della  Basilicata. Ma del mondo.
Il presidente del Parco, l'ing. Pier Francesco Pellecchia, parla del rapporto tra Matera capitale della cultura e l'ambiente con entusiasmo e una gran voglia di fare, tipica di chi crede nel suo ruolo. Di chi intende agire e darsi da fare per imprimere un impulso  agli obiettivi raggiunti o ancora da guadagnare.
  "Non a caso la commissione - esordisce Pellecchia - ha trascorso le sette ore dedicate alla valutazione della nostra candidatura per buona parte nella Murgia e nelle cave, scoprendo il mondo delle sculture e dell'arte. L'ambiente è la nostra essenza vera. Il nostro modo di essere.
Il 2019 è un traguardo ricco di contenuti per il territorio, per il paesaggio materano che valorizza ogni angolo, forse anche quelli poco valorizzati se non addirittura dimenticati."

  D- Una vittoria che coinvolge insomma ogni lembo di terra. 

  "Certamente. Puntiamo a far partecipare a questo evento straordinario ogni realtà, dalla più piccola alla più importante, convinti come siamo che ogni angolo abbia la sua storia da fare emergere e far conoscere. In questo sforzo tutta la Basilicata deve sentirsi unita."

  D - Cosa accadrà,  presidente Pellecchia,  nel breve e nel lungo periodo. La gente vuole sapere, ci tiene a essere informata.

  "Da questo momento parte una grande sfida: non è sufficiente organizzare manifestazioni o eventi. Ma bisogna far vivere e dare corpo a una diversa cultura del modo di essere, di sentirci materani o lucani. C'è bisogno insomma di una svolta per dimostrare a tutti che esistono le premesse per sostanziare di contenuti un riconoscimento così prestigioso." 

  D - Quali saranno, a suo giudizio, le ricadute più importanti.

  "Matera è già lanciata verso una dimensione importante,  a livello nazionale e internazionale. I media  ci hanno dato finora un grande risalto che non è poca cosa. Addirittura un traguardo atteso da anni e mai raggiunto, prima di questo momento fantastico. 
L'effetto lo si avverte anche nel numero crescente di visitatori che affollano Matera in questi giorni e che ci sorprende  positivamente."

  D - In questa prospettiva di crescita il Parco della Murgia sarà, per così dire, in prima linea. Bisogna tuttavia costruire delle premesse che siano all'altezza della situazione. 

  "Il nostro Parco ha una vocazione non semplicemente naturalistica. Non c'è solo flora e fauna, non c'è solo un paesaggio mozzafiato. Questo parco ha una grande vocazione storica e archeologica, per cui può essere un elemento trainante per un discorso culturale di assoluto rilievo. Un parco urbano con una grande vocazione culturale. 
Il parco della Murgia ha  bisogno di una riqualificazione per un rilancio complessivo. 
Occorre uno sforzo immane  commisurato alla posta in gioco e alla consistenza dell'intero patrimonio: non dimentichiamo i casali, le masserie fortificate. Ci sono poi i siti archeologici presenti nel Parco, Murgia timone, Murgecchia, e Casanello un sistema di siti che risale addirittura al neolitico sul quale si sta lavorando giacché rappresenta da solo un valore da non trascurare. Non solo. Non dimentichiamo  le ceramiche di Serra d'Alto, che vanno tutelate e rilanciate. Obiettivi come si vede di tutto prestigio, dai quali può senz'altro dipendere la svolta tanto attesa." 

           Matera dall'alto (foto R.De Rosa)