sabato 29 novembre 2014

IL CAPPOTTO DEL NONNO CONTRO IL FREDDO DI MILANO



"Dal Pollino a Milano con il cappotto del nonno" è qualcosa di più del semplice titolo di un libro. Giacché racchiude in sè un po' tutto in poche parole, ma con una forza espressiva davvero non comune: pensare all'emigrante e vederlo indossare addirittura il cappotto del nonno ti spezza il cuore e fa comprendere, d'altro canto, quanta leggerezza c'è in certi politici che parlano in modo disinvolto di disoccupazione giovanile, in termini di uno 0,2 - 0,3 per cento. In più o in meno.
Stiamo parlando del libro di Giuseppe Gagliardi, un ex giovane costretto a emigrare dalla Basilicata a Milano, come tanti del resto. Un libro scritto  in omaggio a una terra avara di lavoro e di benessere per molti, ma capace di tenere la sua gente legata a un'idea, a un ricordo, anzi a mille ricordi struggenti che non si cancellano.
Il libro è il racconto appassionato del viaggio da Viggianello alla Lombardia, con la solita, inevitabile paura di non farcela in cerca di quel lavoro inesistente al Sud, nella  Basilicata straricca di risorse ma capace ancora oggi di negare il pane ai giovani. Di negare loro il futuro. 
"In quegli anni di povertà non sembrava esserci riparo contro il freddo..." annota tra l'altro Gagliardi con la lucidità di chi ripercorre momenti di vita vissuta e non teme affatto di sbagliare. Una testimonianza, la sua, che dá il senso delle cose. La dimensione del dramma di chi è costretto ad abbandonare la propria casa convinto di dover cercare altrove, a qualunque costo, quel lavoro di cui tanto si torna a parlare, oggi.
La malattia da bambino, la perdita della mamma con il vuoto  incolmabile che un dramma del genere ha provocato  nell'animo di un bambino sono altri aspetti di un libro verità che in molti farebbero bene a leggere. Forse anche Matteo Renzi, se abbandonasse per un attimo il senso delle contese politiche ad alto livello per sposare, una volta tanto da cittadino come gli altri, la realtà nuda e cruda di un Sud ancora oggi inspiegabilmente avaro di speranze per molti giovani onesti.
C'è poi l'amara parentesi del trasbordo a dorso di mulo verso l'ospedale, perché il piccolo Giuseppe venisse curato con mezzi idonei in seguito a una malattia. Particolare agghiacciante che dá una  sensazione di vuoto. L'anima sembra essere invasa da un'angoscia incredibile e tutto il bel parlare sul Mezzogiorno svanisce in un baleno. Amara constatazione d'impotenza che il libro di Gagliardi purtroppo induce a fare.  

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