sabato 30 aprile 2016

IL PATTO BASILICATA - RENZI



                       
        La conferenza stampa del Presidente della Regione, Pittella   (foto R. De Rosa)

La sete di denaro, che ha oggi la Basilicata per dare risposte certe ai principali comparti della vita sociale e  produttiva, marcia di pari passo con l'esigenza di un peso politico qualificato nei confronti del governo centrale e dell'opinione pubblica nazionale. Questa è dunque la vera sfida del terzo millennio che ha un nome affascinante, il piano per il Sud, dotato di tutta l'efficacia e di quella carica di realismo necessarie per aprire a questa regione prospettive qualificanti, comunque vadano le cose, anche nella ipotesi delle macroaree delle quali si ritorna a parlare di tanto in tanto. Sommessamente.
La  conferenza stampa del Presidente della Regione, Marcello Pittella, alla vigilia della visita di Renzi fa riflettere. Conferenza nel corso della quale sono emersi cifre e numeri di rilievo dominati, tuttavia, da un bisogno di considerazione e di apprezzamento, in un'ottica nazionale, di cui non è possibile fare a meno, pena una inarrestabile perdita di quota e un ritorno al passato dalle conseguenze non certo difficili da prevedere.
Il traguardo sembra tuttavia non essere lontano. Tutt'altro. Dati alla mano - ha sottolineato Pittella - i comparti lucani per misurare l'atteso cambiamento di rotta sono  cinque: Infrastrutture, Ambiente, Sviluppo, Turismo, Welfare e legalità. 
Oltre ai numeri ( uno per tutti: 4 miliairdi in un certo arco di tempo alla Basilicata), ciò che acquista peso  è la contrattazione con il governo delle mete da raggiungere e degli obiettivi da mettere in campo. Una discussione alla pari, in altri termini. Pittella appunto non si è soffermato solo sulle cifre, ma ha fornito un quadro dal quale è scomparso l'attendismo dei decenni scorsi e quel sistematico elemosinare poche briciole, sia ai vari governi, sia alla comunitá internazionale con la consapevolezza di essere nell'angolino e in una situazione di palese marginalitá.
Se pensiamo che la Basilicata sul finire degli anni Cinquanta si offrì agli Usa per prelevare dalla centrale di Elk River il combustibile nucleare esausto e portarlo a Rotondella per il riprocessamento, dovremo riflettere sul significato di quel gesto che certo non servì ad esaltare potenzialitá e cervelli lucani. Ma ad implorare un minimo di "voce in capitolo" nel consesso internazionale che conosceva peraltro i Sassi di Matera come qualcosa di cui vergognarsi per il degrado delle antiche abitazioni di tufo e per la diffusa arretratezza dell'immediato dopoguerra.
Oggi di acqua ne è passata sotto i ponti e Pittella ha tenuto a mettere in luce più di tutto il peso delle risorse esistenti, la capacitá di governo di questa terra del Mezzogiorno e il suo collocarsi in una dinamica di confronto competizione con il resto del sud e con aree ben più avanzate del Paese. Ma un confronto e una competizione alla pari. Ecco il punto. 
L'obiettivo non deve sfuggire, nonostante l'atteggiamento nullista o fortemente negativo  di molti settori, locali e nazionali che non fanno bene alla Basilicata.
Il problema non attiene soltanto ai comportamenti e alle scelte di una squadra di governo, quanto alla comunitá lucana nel suo insieme. 
In questa dinamica di rapporti, non facile da gestire, Matera Basilicata 2019 hanno un significato destinato a spingersi ben oltre gli obiettivi della cultura. Anzitutto in termini di progettualitá e di capacitá di programmare l'entitá dello sviluppo, il domani vero, tutto quanto fa parte di una modernizzazione, politica e sociale, di cui si avverte il bisogno giacchè la Basilicata è in Italia e in Europa.
E non si tratta solo di una proposta. Quanto di una dimostrazione di efficienza di cui non solo Renzi dovrá tener conto. In questa dinamica il petrolio acquista un significato diverso dal semplice confronto scontro tra le comunitá locali e le compagnie. 
La portata della posta in gioco è talmente importante da superare qualunque previsione. D'ora in avanti non ci saranno giustificazioni alla base di ogni eventuale scelta inadeguata e non corrispondente alle esigenze di crescita legate a questa Basilicata del terzo millennio con evidenti potenzialità, capace di andare oltre il pur prestigioso riconoscimento di Matera capitale della cultura. E non è poco.

lunedì 25 aprile 2016

RAI NEWS 24 SU CHERNOBYL E SCANZANO



"Saremo il comune più ricco d'Italia": bastò questa frase a infiammare l'animo dei lucani quel tredici novembre del 2003, quando partì la rivolta di Scanzano durata fino al ventisette dello stesso mese.
A pronunciarla, secondo alcuni testimoni, sarebbe stato il sindaco dell'epoca della cittadina jonica, Mario Altieri, che avrebbe dato per scontato l'accordo o l'ipotesi di accordo per accettare il deposito nazionale di scorie radioattive, nei giacimenti di salgemma a pochi metri dal mare, in cambio di ingenti finanziamenti da parte di Sogin (la societá incaricata di provvedere alla messa in sicurezza del nucleare italiano), una pioggia di soldi che lucani, pugliesi e calabresi, tutti uniti in quei quindici giorni, rifiutarono indignati.
Rai news 24 ricorda con una diretta quelle giornate storiche, in occasione dell'anniversario di Chernobyl, una piaga ancora aperta. Un sarcofago di cemento armato, enorme per dimensioni, dovrá coprire il reattore nucleare e i materiali radioattivi in esso contenuti. Dicono gli esperti che si tratta comunque di un rimedio tampone. Cosa accadrá di qui a un secolo? Al momento non è dato sapere. 
Chernobyl e Scanzano un binomio alla base della riflessione di Alfredo Di Giovampaolo, anche lui all'epoca osservatore degli sviluppi sul campo di quella rivolta sacrosanta: bisognava difendere a denti stretti e a qualunque costo una terra che si rifiutava e si rifiuta di diventare la pattumiera d'Italia. 
Arrivai a Scanzano proprio la mattina di quel tredici novembre quando la rivolta era giá divampata. Si trattava, oltretutto, di dare il giusto risalto nazionale a un evento davvero straordinario, un evento senza precedenti legittimato da un forte  orgoglio del popolo della Basilicata, e non solo, ma anche dalla giusta necessitá di far sentire al Governo la voce della gente. Una prova di democrazia.
Anche Ambiente Italia, la trasmissione di Rai Tre che andava in onda il sabato in diretta, offrì un grande contributo in un clima rovente, in cui sarebbe bastata una scintilla per provocare l'imprevedibile e compromettere il dialogo delicatissimo tra il popolo e le autoritá, soprattutto le regioni  che affacciano sulla costa del mare jonio: Puglia, Basilicata e Calabria ed il Governo che aveva immaginato il deposito di scorie a Terzo Cavone.
A pochi metri dal teatro della lotta c'era e c'è intanto la Trisaia di Rotondella. Un mini sarcofago, ma pur sempre un contenitore di materiale radioattivo. Era proprio quello il nodo da sciogliere. Un alto ufficiale dei carabinieri, oggi a Roma, aveva scritto, in un rapporto riservato alla Procura della Repubblica di Matera, che la Trisaia non aveva mai rispettato le normative di legge "funzionando - si leggeva nel rapporto, con riferimento all'Itrec - in maniera del tutto illegale tranne che per un brevissimo periodo quando - precisa la nota - l'impianto per il riprocessamento del combustibile nucleare proveniente dalla centrale di Elk River negli Usa era stato diretto dall'ing. Raffaele Simonetta", scomparso ormai da anni.
Questo lo scenario all'attenzione di Rai News 24. Una operazione editoriale di grande profilo che si propone all'attenzione del pubblico dei telespettatori. Esattamente per non dimenticare tra l'altro anche il ruolo di una terra, la Basilicata, costretta a difendere il suo patrimonio naturale di grande pregio e le risorse di cui dispone da vari assalti, considerati delle scelte inevitabili e necessarie per la comunitá nazionale. 
La notte di Chernobyl é un monito per tutti, politici, istituzioni, Governo nazionale e opinione pubblica. Un monito da non far cadere nel nulla quando i riflettori su Chernobyl si saranno spenti.

sabato 23 aprile 2016

VIGGIANO, IL POTERE DEL PETROLIO



                            

                     Amedeo Cicala, Sindaco di Viggiano (foto R. De Rosa)

180 mila euro, tempo fa, andarono in un solo anno all'istituto comprensivo di Viggiano, grazie all'incasso delle royalties del petrolio. Per raggiungere quali obiettivi? Difficile dirlo. A parte l'acquisto di computer nuovi  di ultima generazione e un certo contributo alle gite scolastiche, a quanto è dato sapere, quei soldi non hanno avuto altro impiego.
Si trattava in ogni caso di pochi spiccioli, a fronte di una enorme massa di denaro accumulata nel corso degli anni, in seguito appunto all'aumento progressivo delle estrazioni di greggio, e delle corrispondenti royalties, che hanno fatto di Viggiano la vera capitale del petrolio, non solo lucana, ora arcinota a livello nazionale e internazionale in seguito all'inchiesta della magistratura sui vari aspetti di una questione complicata e difficile da mettere a fuoco, nonostante i vari incidenti che si sono verificati con emissioni di gas e deflagrazioni avvertite a distanza.
Oggi Viggiano è una cittadina letteralmente trasformata nella mentalitá, nel costume della gente, nel modo di essere: wi-fi per tutti gratis e anche per gli ospiti che circolano nel centro abitato dove si trovano locali di buon livello sia di abbigliamento che bar e pasticcerie.  A poca distanza un albergo ristorante fa affari d'oro grazie alla clientela indotta dal petrolio. 
Finanche un ottimo forno sforna una buona varietá di prodotti raffinati, degni dei migliori palati di buongustai di classe. I rustici di Pasqua e le frittelle di Capodanno rappresentavano una consuetudine delle famiglie fino a qualche tempo addietro, che altro non potevano permettersi. Nè probabilmente desideravano.
Venti  anni fa la cittá dell'arpa era tutt'altra cosa rispetto a oggi. La gente viveva alla buona e solo pochi professionisti emergevano. Ma questo non è certo un dato negativo, per quanto Viggiano non riesca oggi a dare risposte minime ai tanti problemi della valle, in veste appunto di centro pilota delle attivitá estrattive. Nonostante la sua buona volontá, il sindaco, l'avv. Amedeo Cicala, nei vari colloqui con privati cittadini e organizzazioni, non assicura proprio nulla in termini di occupazione e di sviluppo dell'area. Certo, il Comune non è un ufficio di collocamento, per quanto rappresenti oggi uno snodo importante per l'economia del comprensorio petrolifero. L'amministrazione locale non è nemmeno l'assessorato regionale alle politiche di sviluppo, ma ha un potere dieci, cento volte superiore essendo un importante presidio, con cui, si voglia o no, Eni e indotto sono costretti a confrontarsi giorno per giorno. Tutto ciò a vantaggio del prestigio personale del primo cittadino, del suo staff, e della istituzione che presiede. Non vi è dubbio.
C'è intanto chi sostiene che la "rovina" di Viggiano è proprio la gran mole di quattrini in circolazione. Cosa voglia dire un'affermazione del genere, non é facile comprenderlo anche se forse ognuno riuscirá a dare una spiegazione, ma è in ogni caso una spiegazione soggettiva, un'ipotesi personale. Sarà utile chiedere a chi sostiene questa tesi (non si tratta ad ogni modo di voci di corridoio né di fonti insignificanti) cosa un'affermazione del genere voglia in concreto significare.
Sono cambiate anche le abitudini della gente: conferire con Cicala non è facile. Ottenere una risposta ad una telefonata sul suo cellulare, meno che mai, quando fino a ieri era il primo a dare segnalazioni e indirizzi per affrontare i nodi delle trivellazioni del territorio. 
Senza dubbio il primo cittadino non si può dire che abbia taciuto nelle varie emergenze. Che sono state tante. Ed ora si trova tra l'incudine e il martello. Da un lato l'azione incalzante della magistratura, dall'altro la necessitá di fronteggiare l'onda nera della cassa integrazione che l'Eni ritiene sia l'unica strada praticabile permanendo il sequestro di alcuni settori del centro olio e di Costa Molina due, il pozzo di reiniezione a Montemurro.
Certo, il sindaco Cicala non vive giorni tranquilli per quanto sia politicamente supportato nella sua azione da personalitá di spicco delle istituzioni che non lo fanno sentire solo. Un'azione importante e forte da parte di Viggiano, per sbloccare la crisi e non solo nel momento attuale, appare senz'altro auspicabile. La cittá capitale del petrolio, che si accinge per giunta ad accogliere Papa Francesco, deve essere capitale fino in fondo. Altrimenti il suo ruolo rischia di essere un ruolo a metá, senza effetti apprezzabili

mercoledì 20 aprile 2016

PETROLIO: LAVORO, SVILUPPO E DIFESA DELL'AMBIENTE SONO INCONCILIABILI?



                             
                  Il Centro olio di Viggiano (Foto R. De Rosa)


Inevitabilmente l'inchiesta sul petrolio e le presunte violazioni delle norme di legge finiscono per ripercuotersi sul lavoro. Si ferma, anche se in parte, il centro olio di Viggiano. Incontri in Confindustria e assemblee sollecitano un "ritorno alla normalitá". Anche Gabriele Di Mauro, storico amministratore lucano ed esponente socialista di spicco, fa notare su Fb che Renzi intervenendo in Senato ha parlato della Cassa integrazione nella valle del petrolio. 
Mai la Basilicata sarebbe stata oggetto di tanto clamore mediatico se non ci fosse stata l'inchiesta della magistratura: è la prima delle constatazioni da fare. Se si esclude Matera 2019, il silenzio e l'anonimato che accompagnano da sempre questa terra s'interrompono solo in caso di sciagure o di eventi destinati ad avere risvolti negativi. Sembra un segno del destino! 
Nessuno mai ha parlato ad esempio del prestigioso centro materano di Geodesia spaziale, sulla murgia tra Puglia e Basilicata, che lancia segnali alle radiostelle e fa ricerca di alto profilo. Una delle tante omissioni che si ripetono, purtroppo.
L'inchiesta della magistratura di Potenza (cittá anch'essa anonima fino all'incredibile) pone ora il problema dei problemi: se cioè lavoro ed economia sono davvero inconciliabili. Non solo: si tratta di verificare se non poteva e doveva esserci nei decenni scorsi un'attenzione particolare alla integrità del territorio soggetto alle estrazioni di greggio. 
La Basilicata è il primo giacimento in terra ferma di petrolio in Europa, ma nessuno ne parla, e tutti fingono di non sapere. Dunque, avrebbe meritato davvero misure straordinarie per dare garanzie e certezze all'ambiente e alla salute degli abitanti, anzitutto, prima degli interessi delle compagnie petrolifere, impegnate ovviamente a far presto per estrarre l'oro nero e mettere al sicuro i profitti. A proposito, quanto petrolio è stato estratto finora dal sottosuolo della Basilicata e quali sono stati gli utili veri, non presunti? Non lo sapremo mai.
A parlare oggi di salute e ambiente sono in tanti, tutti costretti a farlo per non perdere il treno del consenso non solo sul piano locale, ma in campo nazionale.
Il tema della cassa integrazione in Val d'Agri si pone oggi sempre di più in modo incalzante come l'antidoto a qualunque inchiesta determinata ad andare al fondo delle cose e a capire quali possibili violazioni di legge ci sono state finora per anni e anni. Non una volta sola.
La magistratura deve seguire i suoi percorsi e sarebbe utile che settori dell'opinione pubblica non ostacolassero questo cammino, delicato e difficile insieme. Utile e necessario per il futuro di una terra considerata da sempre terra di conquista, possibile deposito di scorie radioattive e di rifiuti di ogni genere. Terra dalle mille risorse ma incapace di farsi valere a livello nazionale, particolarmente. E di pretendere la giusta considerazione per il suo peso e  le sue vere peculiarità.  

giovedì 14 aprile 2016

TUTTO NELLA NORMA, IN DEFINITIVA?


                         

   Montemurro - La sorgente "la Rossa" palesemente inquinata (foto R.De Rosa)

A pochi giorni dal referendum sulle trivelle in mare l'Eni, per bocca di autorevoli esperti, chiarisce che non ci sono dubbi sulla salubrità dell'aria al Centro olio di Viggiano: i dipendenti, in perfetta salute, sono una testimonianza inoppugnabile dell'assenza di patologie gravi a carico dell'apparato respiratorio e per quanto si riferisce  a malattie neoplastiche. Tutto nella norma in definitiva? 
Sorprende intanto che  ci si affretti, da parte di fonti ufficiali, a tranquillizzare l'opinione pubblica sull'assenza di inquinanti nelle falde acquifere. Come si fa a  ignorare, ad esempio, il dato obiettivo della contaminazione della sorgente La Rossa di Montemurro in cui il petrolio affiora a vista d'occhio? Come si fa a non dare una spiegazione scientificamente e ragionevolmente plausibile del tipico odore dovuto alla presenza di idrocarburi in quelle acque? Se un equivoco c'è stato, per ipotesi, e se le nascite di agnelli e capretti del tutto abnormi - come raccontano gli allevatori del luogo - non smettono di allarmare,  bisognerebbe quantomeno giustificare questi fatti in maniera accettabile e soprattutto con argomentazioni convincenti che non siano la classica e abusata "pezza a colori". Nemmeno una sola parola sul Pertusillo, intanto, di cui si è parlato a lungo in questi anni. 
Dove finiscono tonnellate di reflui provenienti dalle estrazioni di greggio? Ecco un altro argomento inquietante.
Ha  ragione il Governatore della Basilicata, Pittella, quando sostiene l'esigenza di far pagare il conto a chi ha sbagliato. Ma chi ha davvero sbagliato? 
La vicenda delle carenze del sistema petrolio non sono questione di oggi. Quando l'Eni ha investito per il primo progetto di sviluppo olio, denominato Val d'Agri,  la modica somma di un miliardo tre milioni e 961 mila euro agli inizi degli anni Novanta (il dato è contenuto nei tabulati interni) perchè nessuno ha badato a fare il "punto zero" sia per l'ambiente che per la salute dei lucani? Il "punto zero" avrebbe consentito di confrontare il dato di ieri con quello di oggi. Ecco dove consistono le responsabilità da mettere a fuoco per dare un senso all'inchiesta. Disattenzioni che si sommano e che finiscono per non avere alcun peso, nonostante il rilievo da attribuire alla mancanza di dati e di notizie, che ha caratterizzato il  petrolio in Basilicata. Soltanto oggi se ne parla dopo anni di silenzio delle istituzioni. 
Tra i due versanti, quello del danno alla salute e all'ambiente e quello dei comportamenti personali, quest'ultimo sembra prevalere. Elementi di grosso calibro e persone di nessun conto dominano la scena che promette di arricchirsi di sviluppi non prevedibili. Nomi si sommano ai nomi. 
Accanto al compagno della ex ministra Guidi spuntano i nomi dei fratelli Fazio, Alfio e Carlo, titolari della Comap, un'azienda che si occupa di costruire e riparare trivelle. Ma anche di tanto altro, fino ai cassoni della Costa Concordia, passando per vari progetti che producono affari su affari.
Intanto per affermare la sua estraneità  ai fatti che gli vengono contestati, almeno a livello di ipotesi, il sottosegretario alla salute, De Filippo, ha raggiunto  Potenza e si è presentato spontaneamente ai magistrati. Sarebbe imminente l'archiviazione della sua posizione, si apprende dall'Ansa.
Ritornando all'ambiente, per quanto si riferisce ai toni rassicuranti di alcuni settori circa le  acque di falda, non ci sono dichiarazioni esplicite ad esempio in ordine al ruolo cardine dell'Arpab, all'Ispra, alle Asl. Il che francamente non serve a tranquillizzare. Tutt'altro.
Comunque vadano le cose, l'opinione pubblica sta apprendendo tanti dettagli e tanti retroscena di cui in passato si mormorava semplicemente e che oggi invece non risultano essere frutto dell'eterno chiacchiericcio. Ma hanno qualche elemento in più di certezza. 
Tuttavia, il rischio che l'inchiesta possa clamorosamente sgonfiarsi non appare del tutto improbabile. Era partita con l'ipotesi terrificante del disastro ambientale e ora su questo versante piovono le smentite. E' il pericolo peggiore.

martedì 12 aprile 2016

PADRE PIO NELLA MISERICORDIA DEL CRISTO



                             
         La Santa Messa celebrata per i Gruppi di Preghiera 
                  (Foto Michele Martino Uff. Stampa Casa Sollievo)


Sala come sempre stracolma di persone per il secondo raduno dei Gruppi di preghiera di Padre Pio, a Rionero, nel Nord della Basilicata, quasi ad un passo dalla terra che ospita il più grande stabilimento Fiat del Mezzogiorno. E non solo. 
Il Frate di Pietrelcina nominato, invocato, pregato da tutti come esempio di santitá e di una vita che non cede all'odio e alla competizione tra gli uomini, che richiama tutti alla condizione di figli di Dio. 
Tanti gli interventi per sottolineare l'attualitá dell'esempio di Padre Pio, considerato un mediatore tra il Cristo Risorto e l'umanitá del nostro tempo. Lui che fu perseguitato, additato come un cattivo sacerdote, un isterico addirittura. Ritenuto colpevole di comportamenti inimmaginabili,  frutto di maldicenze e di invenzioni. Pure invenzioni, volte a occultare la grandezza del suo spirito.
Lui che non pronunciò mai una sola frase a sua discolpa per dichiararsi innocente e ingiustamente accusato di tante atrocitá.
Il Frate  vive nella fede e nell'amore di quanti lo amano tuttora: "farò parlare di me più da morto che da vivo" la sua frase profetica che si avvera di giorno in giorno e vive nei suoi scritti, nelle lettere ai tanti figli spirituali, nei suoi pensieri rivolti agli ammalati, a quanto soffrono e stentano a sopportare ogni giorno la croce.
L'omelia di mons. Michele Castoro, arcivescovo di Manfredonia e Presidente dei Gruppi di Preghiera ha ripercorso le fasi salienti e gli episodi di una vita definita di caritá e di amore verso il prossimo. Una vita misericordiosa e umile. Ma di una straordinaria dignitá e di una santitá non comune. 
Padre Pio apostolo del Cristo, capace di indicare agli uomini la via maestra. Non un integralista ma un cristiano per intero, non certo di facciata. Un sacerdote che ha dedicato la sua esistenza a confessare i peccati dell'umanità, all'interno  del confessionale nella minuscola chiesa di San Giovanni Rotondo.
E oggi, nella terra che lo ha accolto per mezzo secolo, il suo miracolo è davvero sotto gli occhi di tutti: Casa Sollievo della Sofferenza. Il suo ospedale che lui avrebbe voluto costruire addirittura tutto d'oro in omaggio al Cristo. 
Oggi, Casa Sollievo (come ha ricordato Giulio Siena, addetto stampa del grande nosocomio) è esattamente quel gioiello di fede e di scienza che Padre Pio fortemente volle. Un centro di ricerca intercontinentale che reca impressi gli sforzi dell'umile francescano. Le sue preghiere. Il suo interminabile sacrificio. 
A conclusione della mattina, piena di luce e con un tiepido sole primaverile, la celebrazione della santa Messa, presieduta da mons. Castoro. Toccante il richiamo a Padre Pio, in questa umanitá dilaniata da mille rivalitá. 
Una giornata piena di entusiasmo, lo stesso entusiasmo che il Padre suscitava nelle folle sventolando il suo fazzoletto dalla minuscola finestra della sua cella che affaccia sul sagrato del Santuario Madonna delle Grazie, a San Giovanni Rotondo, una sorta di ingresso che conduce al viale verso la nuova chiesa di Renzo Piano, un grandioso omaggio dell'umanitá al Santo del nostro tempo. Figlio del Sud.
Le foto di Michele Martino documentano istante per istante questa indimenticabile giornata di fede. Appuntamento per il prossimo anno a Viggiano, in Basilicata, la terra di Maria.


martedì 5 aprile 2016

MARCELLO PITTELLA: PIÙ POTERI ALLE REGIONI PER AMBIENTE E SALUTE


                               
                          
                         Il centro olio di Tempa Rossa in costruzione 
             (foto R.De Rosa)



Si parla prevalentemente di Tempa Rossa, ovunque per radio, in tv e sui giornali. Argomento per certi versi obbligato, visto che alla base del giacimento Total c'è la vicenda Guidi, con le dimissioni della ministra ed i rischi (non ancora scongiurati) per l'intero Governo Renzi. Ma c'è soprattutto la veemenza e la forza dello scontro politico, per giunta tra anime uguali obbligate a non scontrarsi per mere ragioni di opportunità, se non per semplice calcolo di potere. Lo sblocca Tempa Rossa insomma in primo piano con Gemelli che imperversa dalla Basilicata alla Sicilia a Roma con i suoi tentacoli.  
Ma non è questo l'unico tema scottante nel momento in cui sembra,  finalmente, che l'inchiesta si estenda anche a un altro argomento di tutto rilievo: l'aumento del numero dei tumori nelle zone di estrazione della Basilicata, in rapporto anche alle anomalie nel funzionamento degli apparati del centro olio di Viggiano dove, a sentire le maestranze, gli allarmi per fuoriuscita di gas e di sostanze nocive non accadono di rado. Tutt'altro.
Era ora che si cominciasse a indagare su questo problema gravissimo, di cui si parla ormai da anni, ma considerato tuttavia di nessun rilievo fino a ieri. Nonostante tumori e leucemie si verifichino con una frequenza preoccupante. E nonostante i medici del registro tumori del Crob di Rionero continuino a dire che la Basilicata si avvicina velocemente, per quanto riguarda la percentuale di malattie neoplastiche, alle zone a maggiore industrializzazione del Paese. Per di più il caso delle campagne di Montemurro dove sono nati agnelli e capretti con evidenti mutilazioni, data la presenza in zona di un pozzo di reiniezione, non merita di essere taciuto.
Intanto il Governatore lucano, Marcello Pittella, auspica maggiori poteri alle regioni per una difesa più adeguata di ambiente e salute intervenendo a Radio anch'io, la trasmissione condotta da Giorgio Zanchini su Radio uno Rai che affronta da diversi giorni i nodi complessi dell'inchiesta della Procura di Potenza sottoponendoli al vaglio dell'opinione pubblica nazionale.
La Basilicata terra di veleni, verrebbe da definirla, se Matera 2019 non inducesse a un diverso realismo e ad un modo di avere necessariamente fiducia nel futuro se si vuole tenere lontana l'ombra di una situazione giá irrimediabilmente compromessa, come si sostiene da più parti.
Dopo le scorie di Scanzano, ora è la volta dei danni provocati dalle estrazioni petrolifere. Un sacrosanto diritto delle imprese quello di estrarre le risorse energetiche dal sottosuolo. Ma che non può annullare l'altrettanto legittimo diritto alla salute e ad un ambiente accettabile , dal punto di vista di certi equilibri.
Oggi, a stento, emergono realtá sommerse. L'Universitá della Basilicata, negli anni scorsi, rintracciò ben 19 idrocarburi nel miele della val d'Agri. Un miele al petrolio! E alcuni giunsero a sostenere che si trattava di idrocarburi presenti in natura. Certo, nella natura alterata della Valle lucana.
Ora la gente, non solo in Basilicata, guarda con un misto di fiducia e di incredulitá alle prospettive dell'inchiesta che si annuncia di una complessitá senza molti precedenti. 
Il contrasto tra i magistrati e le compagnie appare sin da ora durissimo e destinato ad essere sostenuto con forza nelle aule di Tribunale, ma non solo, anche se gli inquirenti dispongono di prove definite oggettivamente inoppugnabili. Le ragioni della politica e quelle dell'economia finiranno per prevalere? Enorme interrogativo al quale, almeno ora, non è possibile dare delle risposte.


domenica 3 aprile 2016

IL PARCO DELL'APPENNINO E LA BUFERA DEL PETROLIO


                               
             Una delle prime trivelle nel  Parco dell'Appennino 
                         (foto R. De Rosa)


Forse ben pochi sanno, in Italia, che accanto al più grande giacimento di greggio in terra ferma in Europa, che si trova nella Valle dell'Agri,   esiste un Parco nazionale di tutto riguardo, il Parco dell'Appennino lucano, Val d'Agri Lagonegrese, in cui sono attivi ben sei pozzi di petrolio realizzati, si sostiene da più parti, prima della istituzione della nuova area protetta. 
Oggi, con l'inchiesta in corso da parte della magistratura e della quale parla mezzo mondo, il tema di fondo riguarda appunto il ruolo dell'Appennino nel difficile confronto con il petrolio in una dimensione non certo di sottomissione o di sudditanza ma di assoluta autonomia sostenuta appunto dalle leggi e in primo luogo dalla 394, la legge quadro sulle aree protette.   
Il parco ha una sua storia, indiscutibilmente. Per giunta abbastanza tormentata, soprattutto all'inizio quando la nomina dell'attuale presidente, Domenico Totaro fu avversata dal governatore dell'epoca della Basilicata, Vito De Filippo, oggi sottosegretario al ministero della Salute.
Totaro sin dall'inizio parlò di un progetto volto a fare del Parco una vera sentinella dell'ambiente. Tema che ritorna puntuale nei vari convegni.
La questione Appennino tuttavia è largamente ignorata dai media che si occupano dei risvolti politici delle dimissioni della Guidi e del Governo nel suo insieme, con l'occhio rivolto alla Boschi. Per la prima volta intanto nella storia del Corriere della Sera si parla della Basilicata e di Tempa Rossa, addirittura nell'editoriale di domenica. Chi l'avrebbe mai immaginato! 
Certo, il tema del disastro ambientale non è affatto sottovalutato. Inquinamenti estesi e diffusi di falde acquifere, aria, suolo con l'aggravante delle tonnellate di liquidi reiniettati nel sottosuolo e provenienti dalle estrazioni. Il vero mostro sono proprio i grandi quantitativi di reflui trattati con sostanze tossiche e rispediti nelle profonditá, non solo nei territori dove sono ubicate le trivelle ma in modo orizzontale in tutta la Basilicata e non solo. Nemmeno Puglia e Campania possono dirsi al riparo da questa inesorabile contaminazione.
La vastitá del fenomeno, che avrebbe dovuto avere dalle Arpa lucana, pugliese e campana risposte precise nel tempo, corrisponde esattamente alle dimensioni del caso politico e alla portata del ciclone in atto. Finanche un ammiraglio, per giunta Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, è finito nei faldoni dell'inchiesta. Senza considerare poi la miriade di intercettazioni telefoniche, alcune delle quali pubblicate in questi giorni, a cominciare da quelle riguardanti la Ponterosso Enginering oggetto di lunghe conversazioni tra Cobianchi Total e Gemelli fidanzato della Guidi e proprietario dell'azienda.
Quali sono le prospettive che si aprono, davvero difficile dirlo, se non impossibile. Facile immaginare che non siamo in presenza di un fuocherello,  ma di un incendio di vaste proporzioni capace di divorare un po' tutto.
Il Parco nazionale ha tuttavia ruoli e compiti che in questa fase dovranno emergere con forza. Un vero baluardo contro la distruzione sarebbe l'unico antidoto agli effetti perversi delle estrazioni petrolifere. 

venerdì 1 aprile 2016

"CRIMINALITÁ ORGANIZZATA SU BASE IMPRENDITORIALE"


                                  
         Montemurro (Pz) La sorgente La Rossa  inquinata dal petrolio (foto R.De Rosa)


Dicembre 2014. Pasquale, un giovane allevatore di Montemurro, un piccolo centro della valle dell'Agri noto per avere dato i natali a Leonardo Sinisgalli,  mi accompagna a visitare la sorgente "la Rossa" a qualche chilometro dall'abitato. Acque una volta purissime, e oggi invece maleodoranti e palesemente inquinate da evidenti tracce di petrolio, mentre nella zona si respira aria non buona. Anzi irrespirabile. Eppure non ci sono scarichi di fogne, nè industrie in zona. Anzi è tutta pascoli e aperta campagna.
Ad un tratto Pasquale mi mostra sul suo telefonino le immagini di agnelli con tre zampe, capretti con due teste, a volte senza coda. Un disastro, commenta.
Poco distante c'è il pozzo di reiniezione di Costa Molina 2, sequestrato in occasione dell'inchiesta della Distrettuale Antimafia. Rai Tre manda in onda un servizio in rete nazionale. Gli appelli di Pasquale, fino a quel momento inascoltati, cominciano a produrre i primi effetti. Sul posto si reca il PM della DDA, Francesco Basentini, con i carabinieri del NOE, diretti dal capitano Vaglio e con la partecipazione del maresciallo Trezza, noto negli ambienti dell'Arma per essere un instancabile cacciatore di scorie radioattive, quelle trafugate e mai ritrovate, secondo il settimanale l'Espresso, dal centro nucleare della Trisaia di Rotondella che affaccia sul bellissimo mare Jonio, proprio lá dove dovrebbero sorgere le nuove piattaforme per la ricerca di gas e petrolio a 12 miglia dalla costa.
La vicenda della sorgente sembrava essere finita nell'oblio. E soltanto ieri la raffica di arresti e di denunce con il sequestro di Costa Molina 2 ha riproposto il problema della "Rossa", ben poca cosa a fronte del mare magnum di addebiti contestati dalla Direzione Antimafia nazionale e dalla DDA ai cinque, agli arresti domiciliari, e ad una sessantina di persone tutte coinvolte nella vicenda del traffico illecito dei rifiuti del petrolio.
"Criminalitá organizzata su base imprenditoriale" tuona il Procuratore nazionale antimafia, Roberti, portando Potenza agli onori della cronaca nazionale, anche in seguito alle dimissioni della Ministra Guidi per una intercettazione telefonica con cui annunciava al suo compagno in anteprima la "soluzione" a suo favore del caso Tempa Rossa (il secondo giacimento lucano questa volta Total), con la legge di stabilitá opportunamente pilotata.
"Le confermo che Tempa Rossa è stata definitivamente inserita come emendamento del Governo nella legge di stabilitá. Buon we. Gianluca." È l'sms inviato da Gianluca Gemelli al dirigente della Total Giuseppe Cobianchi il 13 dicembre 2014.
Basilicata in apertura di Tg e Gr in questi giorni. Anche Radio Anch'io, la trasmissione radiofonica abilmente condotta da Giorgio Zanchini, ha dato largo spazio alla vicenda lucana privilegiando tuttavia il conflitto d'interessi, argomento a quanto pare capace di fare audience sin dai tempi di Berlusconi. Un tema che attrae una qualificata attenzione politica a livello nazionale.
L'inquinamento della Basilicata, la cenerentola del Sud, interessa molto poco. Così come fanno pochissimo notizia le questioni aperte del traffico illecito di rifiuti legati alle estrazioni di petrolio.
Dice Massimo Mucchetti, bresciano, presidente della Commissione industria del Senato, al telefono con Giorgio Zanchini: "se la Basilicata comprendesse che autorizzando senza problemi il doppio delle estrazioni otterrebbe 500 mila euro di royalties all'anno, così non sarebbe. Tanti problemi sarebbero risolti."
Neppure la capacitá di capire e di valutare certe opportunitá...
Insomma questa regione non sará mai evoluta, perchè senza cervello. Siamo lì, ci manca poco! E l'inchiesta prosegue.