lunedì 28 febbraio 2022

PAESTUM E VELIA CON IL POPOLO UCRAINO


Il Tempio di Nettuno, nell'area archeologica di Paestum e Velia, si colora di blu e giallo in segno di vicinanza alle popolazioni ucraine colpite dai missili e dalle bombe di Putin.

Una testimonianza del livello di partecipazione alla tragedia di un popolo, messo nella terribile condizione di non poter decidere nonostante siano iniziate le trattative tra Russia e Ucraina per porre fine alla follia della guerra, alimentata per giunta dalle minacce di un'allerta nucleare che tiene il mondo con il fiato sospeso.  
 

CENTO ANNI FA NASCEVA VINCENZA CASTRIA



Una donna semplice, una bracciante come tante altre, intelligente e colta. Una donna capace di mettere a fuoco i grandi processi, economici e politici, alla base delle lotte contadine degli anni 40 - 50 per il lavoro e la Riforma agraria.

Vincenza è stata la vedova di Giuseppe Novello, il bracciante di Montescaglioso in provincia di Matera, caduto sotto i colpi del mitra di Vittorio Conte, il vice brigadiere dei carabinieri in forza al Battaglione mobile di Bari che la notte del 14 dicembre del 1949 era in servizio a Montescaglioso. 

Vincenza si prodigò per i primi soccorsi al marito, gravemente ferito, e per il trasporto in ospedale a Matera, dove Novello morirà nei giorni successivi.

Da quel momento questa donna è stata la memoria storica delle lotte contadine per il Mezzogiorno e la rinascita delle campagne.

Una fonte inesauribile di dati e di riflessioni che ho avuto modo di conoscere. E’ stata lei a darmi il necessario vigore per scrivere il  libro MORIRE di TERRA, Lacaita editore. 

A Vincenza Castria il Comune di Montescaglioso ha deciso di intitolare una piazza, in occasione del centenario. Frattanto sono in corso varie iniziative editoriali.    

giovedì 17 febbraio 2022

"UNA FALSA RIVOLUZIONE"



                                       

              L'ex PM Antonio di Pietro (foto De Rosa - riproduzione riservata)

Tonino Di Pietro ha preferito rimanere nella sua casa in Molise e non partecipare alle “celebrazioni” per il trentennale di Mani Pulite, una ricorrenza che dovrebbe far riflettere anzitutto i magistrati, nel momento in cui si ritorna a parlare di responsabilità diretta negata dalla Consulta che ha bocciato il referendum.

Al di là di ogni considerazione, c’è da interrogarsi soprattutto oggi sui risultati che quella stagione di indagini, di arresti, di suicidi di imprenditori e non solo ha realmente prodotto. 

Mario Chiesa è rimasto un simbolo delle mazzette al Pio Albergo Trivulzio di Milano, un simbolo ignorato e dimenticato dai più che in quel momento lo considerarono uno dei tanti abituati a far ricorso a questo metodo. Uno dei tanti. Se la mazzetta era un sotterfugio, la sua garanzia era data dall’astuzia di chi la gestiva e dalla impenetrabilità di certi meccanismi, propri del sistema politico.

Al 99 per cento della popolazione, presa da ben altri problemi, il nome di Chiesa oggi non significa nulla, salvo a leggerlo su un giornale o a sentirlo in tv per poi dimenticarlo qualche istante dopo.

Piercamillo Davigo, altro personaggio altisonante di quella stagione, oggi è chiamato a rispondere di rivelazione del segreto d’ufficio a Brescia. 

Frattanto Claudio Martelli, famoso esponente del PSI all’epoca, parla di Tangentopoli e la definisce “una falsa rivoluzione”. 

Cosa ha rappresentato in concreto quel risveglio, improvviso e roboante, da parte dei PM che fino ad allora erano rimasti praticamente in silenzio? Come va letto e interpretato quel tempo?

Perché ad un tratto Di Pietro si toglie la toga, quasi buttandola via come uno straccio, per poi dedicarsi alla politica?  

Interrogativi senza risposta  e peraltro inquietanti. Appunto, a chi spetta dare una risposta, ora quanto mai necessaria e urgente, nonostante siano trascorsi tre decenni. Anzi proprio per questo.

Oggi siamo in presenza di un livello di corruzione capace di corrodere alle radici non tanto la democrazia, quanto l’apparato stesso dello Stato. Di sovvertire gran parte della macchina pubblica e privata. Gli scenari che giornali e TV ci sottopongono sono spesso impressionanti e riconducono inevitabilmente al tempo di Mani Pulite, forse un collegamento non solo ideale. Un tempo mai interrotto?

Ma è ancor più impressionante chiedersi da cosa è nata davvero quella inchiesta di Milano, una parentesi inedita e sorprendente della vita italiana in cui c’è di tutto. Oggi come ieri. E forse come domani! 

lunedì 7 febbraio 2022

"UNO STRAORDINARIO RIVOLUZIONARIO"


                                 

                    PAPA FRANCESCO RENDE OMAGGIO A PADRE PIO



A  Sanremo ha vinto Brividi. Ma il brivido più grande, quello che fa pensare alla vita e all’essere, lo ha provocato Papa Francesco in tv, nella prima intervista televisiva della storia ad un Pontefice. Un evento che definire straordinario è veramente poco.

Una lezione di vita del Vangelo, letto, interpretato, fatto conoscere e soprattutto proposto all’umanità in termini di un reale rinnovamento della Chiesa. La Chiesa del Cristo povero e risorto. La Chiesa in mezzo agli uomini, nel volgere del nostro tempo fatto di contrasti violenti, di guerre, di profonde contraddizioni. 

“Dio è onnipotente nell’amore”: bellissima frase che spiega l’infinito e il mistero della creazione, la differenza tra l’essere e il non essere. Ma soprattutto il senso del perdono e il “diritto” a essere perdonati.

Disarmante l’umiltà di Francesco che dichiara di non saper dare una risposta al perché di tanta violenza sui bambini, vittime innocenti delle guerre e destinati a pagare con la vita le contraddizioni di un mondo inspiegabile. 

Francesco è straordinariamente diverso e per questo auspica una chiesa “in pellegrinaggio” pronta a vivere le mille esperienze della vita in una umanità tormentata dai mille disastri.

La lezione di questo Papa consiste nella sua umiltà, capace di mettere in ginocchio i potenti della terra, segno di amore e di fede. Quella stessa umiltà che ha portato Bergoglio a San Giovanni Rotondo a rendere omaggio a Padre Pio, un altro poverello di Assisi  nella sua grandezza spirituale in grado di conquistare folle immense.

Due “straordinari rivoluzionari” nel cuore della Chiesa.

 

 

mercoledì 2 febbraio 2022

UN SECOLO FA LA PUBBLICAZIONE DI ULISSE

 

E’ sceso in campo personalmente il Presidente dell’Irlanda, Michael D. Higgins, per celebrare un evento, un fatto che riguarda da vicino l’umanità e non la sola letteratura: la pubblicazione a Parigi il 2 febbraio del 1922 dell’Ulisse il capolavoro di James Joyce. 

Lo ha fatto rivolgendosi al pubblico con il suo stile di raffinato poeta e di conquistatore dell’interesse della gente, il che significa fare politica e aprire nuovi orizzonti giacchè la letteratura è una sintesi del nostro quotidiano e non un esercizio fine a sé stesso. 

Un libro profezia, come è stato ritenuto da alcuni,  un romanzo che parla di tante verità del nostro tempo, finanche del grande e grave fenomeno migratorio. 

Esattamente un secolo fa questo romanzo cominciò a imporsi in Europa e non solo, determinando la vera svolta letteraria del ventesimo secolo.  

“Una previsione del futuro”. Così definisce Higgins il romanzo di Joyce in una lunga intervista al Corriere della Sera in cui il Presidente dell’Irlanda riprende il tema della letteratura capace di incidere sull’economia. Un libro che mette in guardia dai rischi che corriamo ogni giorno. Anzitutto l’assuefazione ai social, la precarietà di esseri assenti dalla scena, quel virtuale che distrugge i giovani e li incolla al telefonino togliendo loro il piacere della scoperta reale. 

Joyce è paragonabile a Dante? Sembra un accostamento eccessivo ma non lo è per la vivacità degli spunti, l’ampiezza dell’ispirazione e per il modo di intendere la vita reale. Il mondo sensibile è l’universo che attrae l’autore del romanzo. La sensualità esalta l’essere: in effetti la percezione di ciò che ci circonda è il più potente mezzo di comunicazione e di rapporto con l’esistenza. Con gli altri, con il mondo. 

Ulisse schiude un universo e ci regala il gusto di una lettura interessante e proficua. 

E’ un librone anche per la sua mole. I greci dicevano mega biblìon, mega cacòn: un grande libro è cosa cattiva. Ma Joyce dimostra esattamente il contrario. Del resto un romanzo che fa parlare di sé a distanza di un secolo si qualifica come un capolavoro. Soltanto possederlo, è stato detto, è un vantaggio. Un arricchimento. Forse anche un merito per chi lo sceglie.