domenica 30 ottobre 2011

Un enorme, inqualificabile pasticciaccio!

   Se tutto quanto e' emerso finora, in ordine a ipotetici complotti nel palazzo di Giustizia di Potenza a danno del Pm Henry John Woodcock, considerato un rivale da battere, anzi da annientare, dovesse essere confermato ci troveremmo di fronte a un enorme e inqualificabile pasticciaccio che al di la' di tutto pone un solo problema: quale fiducia il cittadino e' autorizzato a nutrire verso certi amministratori della Giustizia? Rispondano con chiarezza non solo Gaetano Bonomi, sostituto Procuratore generale, ma soprattutto i vari Vincenzo Tufano, all'epoca Procuratore generale,  ed altri illustri personaggi tra magistrati e rappresentanti delle forze dell'ordine. Pensate: un sostituto Procuratore generale della Repubblica chiamato a rispondere di accuse gravissime, finanche a danno di Federica Sciarelli conduttrice di Chi l'ha visto? Assurdo, semplicemente assurdo per un magistrato che deve o dovrebbe essere garante dell'applicazione della legge! A questo punto è ancor più assurdo scandalizzarsi. E' vero.   
Toghe lucane non può e non deve rimanere ancorata semplicemente alla vicenda della congiura contro Woodcock. Ma deve piuttosto mettere a fuoco mille aspetti macroscopici e tante distorsioni che pure si sono registrati nell'ormai ben noto Palazzo di Giustizia di Potenza, il palazzo dei veleni. La casa delle streghe. Sicchè vorrei porre una buona volta un quesito all'irreprensibile Giuseppe Galante, per una sua decisione che risale al 1999, epoca in cui era Procuratore della Repubblica a Potenza. La domanda e' la seguente: come mai lei, magistrato esperto e competente quale si è sempre considerato (non so quanti sono della Sua stessa opinione!), ha deciso di tenere ben conservati, per dieci anni circa, tre fascicoli  riguardanti una ipotesi di trafugamento di scorie radioattive dalla Trisaia di Rotondella? Su questo argomento Giuseppe Galante non ha mai fornito alcuna risposta, trincerandosi dietro a inconsistenti scuse e, in particolare, sostenendo che la materia e' complessa e infida. Difficile da dipanare. 
   Personalmente ho tallonato Galante per anni, senza ottenere alcun risultato. Ogni volta mi ha ricevuto con estrema difficoltà nel suo studio, quasi fossi un mendicante. E ogni volta il ritornello era sempre lo stesso: "...e' difficile, vedremo...venga piu' in la'." Fino al momento in cui Galante si e' dimesso dalla magistratura per sottrarsi  a un provvedimento disciplinare e i fascicoli sono stati affidati al dottor Francesco Basentini, ottimo magistrato, ma privo della bacchetta magica per affrontare una questione vecchia e ormai non piu' ragionevolmente risolvibile.  Quella appunto delle eventuali responsabilita' per il trafugamento delle scorie dalla Trisaia, un argomento sollevato dallo stesso Galante. Incredibile!
   Ora esplode Toghe lucane seconda edizione. Il sen. Belisario, capogruppo dell'Idv a Palazzo Madama,  chiede che si faccia sul serio e rivolge un pressante invito alla magistratura di Catanzaro. Insomma, Toghe lucane 2 non puo' essere copia conforme della precedente (e deludente) Toghe lucane 1. Staremo a vedere!

venerdì 28 ottobre 2011

DA PACE A "MEXICO": IL CAMMINO TORTUOSO VERSO LA VERITA' SU ELISA

Nei sotterranei della vicenda di Elisa Claps, dove purtroppo è ancora buio pesto, s'intersecano due nomi: quello dell'ex ispettore di PS, Donato Pace, oggi a capo delle Forze della Municipalità potentina (i vigili urbani)  e di un ex agente dei Servizi, in codice “Mexico” che, abbandonata la sua vecchia occupazione, si è trasferito in una località del Centro Italia da dove ha rilasciato più di qualche intervista con alcune circostanziate informazioni al vaglio della magistratura salernitana. "Mexico" ha svelato un particolare agghiacciante: già nel 1997, se non prima, gli uomini dell'intelligence erano a conoscenza del luogo dove si trovava il corpo di Elisa Claps e di molti altri dettagli, sui quali hanno taciuto. 
Tra i punti di partenza del complicato iter per l'accertamento dei mille retroscena c'è il rapporto di Donato Pace, redatto nientemeno che la sera successiva alla scomparsa di Elisa, vale a dire il 13 settembre del 1993, in cui Pace fa sapere al suo diretto superiore Luigi Grimaldi, dettagli sconvolgenti sulla figura del giovane Danilo, che da soli avrebbero potuto determinare una svolta netta nelle indagini evitando la farsa della presunta fuga all'estero della studentessa potentina. Il rapporto fatto pervenire all'Agenzia Ansa a giugno 2010, non prima, suscita non poche perplessità, ed è anzi un tassello fin troppo contorto della terribile vicenda. La “nota riservata di polizia”, ufficialmente redatta da Pace, è un modello perfetto di come si può scrivere non solo un rapporto ma un pezzo di cronaca che non avrebbe difficoltà a essere ospitato sulle colonne del Corriere della Sera: ineccepibile nella forma e nella sostanza, perfetto nella punteggiatura con appropriato linguaggio il “rapporto” fa di Pace un valido giornalista. Un linguista sorprendentemente colto. Un fine narratore. Complimenti dunque a Donato Pace! Se non che, a voler raffrontare questa nota riservata con altre informative dello stesso Pace, spiccano molti divari e sostanziali differenze sul piano della organizzazione del periodo, sull'uso di grammatica e sintassi per non dire altro... Non solo: se si dà per scontata la paternità del rapporto, allora perchè questo documento non ha prodotto mai alcun effetto? Domanda senza risposta, e non è certamente l'unica.
Emerge e si consolida dunque un quadro a tinte fosche che don Marcello Cozzi, autorevole esponente di Libera, non esita a definire inquietante chiedendo una svolta nelle indagini e una serie di accertamenti capaci di fare piena luce sulla terribile vicenda dei silenzi legati all'omicidio di Elisa Claps. Ma anche  sulle tante coperture!
                                                                                                                    Rocco De Rosa     

mercoledì 26 ottobre 2011

CI VOLEVA FENICE...

Ci voleva la questione Fenice, esplosa in tutta la sua gravità, per porre l' ambiente in prima linea in uno scenario non solo locale, ma meridionale e nazionale.
I livelli d'inquinamento provocati dal termodistruttore di san Nicola di Melfi finora taciuti, i danni all'ambiente, alla salute, agli equilibri del paesaggio non sono e non saranno probabilmente mai messi a fuoco fino in fondo e in maniera compiuta. Si tratta infatti di un problema di enormi dimensioni come, del resto, era stato documentato anni e anni orsono nonostante il generale silenzio di controllati e controllori. Questi ultimi, leggi ARPAB, pronti a tranquillizzare le popolazioni e a smentire ogni allarmismo in nome di una efficienza professionale dei singoli “esperti” che, a detta dei vertici dell'Agenzia per la protezione dell'Ambiente, erano di per sé una garanzia per definizione. Questo almeno il punto di vista di Vincenzo Sigillito e del suo staff di stretti collaboratori.
Intanto, proprio all'atto del suo insediamento il nuovo Direttore Generale, Raffaele Vita, ha dichiarato di voler determinare una inversione di rotta: di essere intenzionato a mettersi al lavoro sul serio in presenza di una situazione davvero difficile. Naturalmente c'è da attendersi i risultati.
Se Fenice è al centro dell'attenzione di magistratura, forze politiche e organi tecnici ben altri problemi suscitano allarme. Rimane infatti senza risposte la questione del nucleare che ha assunto toni e proporzioni imprevedibili dopo le ultime carte interne dell'Enea che documentano per gli anni scorsi traffici di materiale radioattivo e movimenti in Trisaia di proporzioni rilevanti. Quali risposte dà oggi Sogin? A che punto è la bonifica del sito? Quali i tempi e le prospettive? Domande senza risposta, almeno finora.
Mentre si acuisce sia il problema di una consistente presenza di amianto nella baraccoppoli di Bucaletto e nel sito della ex Cip Zoo nella zona industriale di Potenza, si apprende che l'intera area di Viggiano non è da considerarsi più agricola, ma località industriale a tutti gli effetti. Bella scoperta! Le popolazioni si sforzano di chiedere lumi e il Parco dell'Appennino cerca di svolgere il suo ruolo di salvaguardia di quel che rimane di un ambiente fino a qualche anno fa integro e accattivante. Oggi diventato pericoloso, oltre ogni ragionevole previsione.
Rocco De Rosa       

venerdì 21 ottobre 2011

LA VIOLENZA NON DA' PACE


E' stato catturato come un animale selvatico, l'ex leader libico Gheddafi, dopo essere stato braccato per mesi dai suoi oppositori che nel momento in cui sono riusciti a stanarlo lo hanno finito con uno o più proiettili al volto, per evitare che la belva potesse reagire. Il volto sfigurato ma quasi imperterrito di fronte alla morte: se non fosse stato per quel grido “non sparate” Gheddafi sarebbe sembrato addirittura indifferente.
Il racconto di questi mesi di bombardamenti e di caccia all'uomo sta tutto in quel viso cosparso di sangue. Un fiume, un lago di sangue. Ma anche la ferocia del dittatore finisce per essere raccontata nei particolari da quella immagine brutale e cruenta che non dà pace a nessuno. Nemmeno a chi ormai non c'è più.
Cosa c'è da aspettarsi, ora? Nessuno può dirlo ad alta voce. Forse può pensarlo immaginando un paese finalmente democratico. Ma questa è e rimane soltanto una speranza!   
                                                                     Rocco De Rosa

sabato 15 ottobre 2011

TERRORE A ROMA

Un Crocifisso e una Madonnina presi di mira, ridotti a pezzi, buttati per terra come immondizia. Mai accaduto in decenni di manifestazioni e di lotte per la democrazia. “Padre perdona coloro che non sanno quello che fanno” è l'unica invocazione che si leva nella speranza che i nuovi barbari, educati all'odio, possano finalmente ravvedersi poiché sarà la vita a dimostrare loro che questa violenza non paga. Anzi richiama ondate di terrore e contrapposizioni sociali di inaudita gravità. Roma sotto assedio rappresenta una pagina buia del nostro presente.
Ci sono aspetti della vita che l'animo umano tenta di esorcizzare, di non vedere. Di ignorare finchè è possibile. Sono la distruzione cieca e irrazionale che lascia senza parole, la sopraffazione di ogni genere e di qualunque matrice. La guerriglia che contrappone gli uomini ad altri uomini, la gente ad altra gente. Il blindato dei carabinieri incendiato è un evento tragico: due militari si sono messi in salvo prima di essere avvolti dalle fiamme. A loro va un grazie sincero per l'equilibrio e la professionalità dimostrati.
Il 15 ottobre 2011 è dunque un giorno che non ha precedenti nella storia dell'umanità. Una data da dimenticare, se possibile. Nell'arco di alcune ore le lancette della civiltà si sono fermate e le belve umane hanno avuto campo libero per spadroneggiare in una città in cui la storia, l'arte, la democrazia, i valori di una intera società sembrano essersi inspiegabilmente dissolti.
Scene inqualificabili. Episodi in cui la follia ha dominato incontrastata. Ora la parola passa alle Istituzioni, al Parlamento, alla Giustizia. Alla coscienza collettiva chiamata a dare una risposta ferma e inequivocabile. 
                                                                                                Rocco De Rosa

giovedì 13 ottobre 2011

FENICE FINALMENTE SOTTO ACCUSA!

Già ai tempi di Ernesto Navazio sindaco di Melfi, il termodistruttore Fenice rappresentava un problema di proporzioni enormi, con rischi per la salute e per quel minimo di salvaguardia degli equilibri ambientali del sito maggiormente industrializzato della Basilicata. Almeno per dimensioni delle aziende. Già allora, come per altre macroscopiche vicende legate agli inquinamenti dei corsi d'acqua, l'Agenzia per la Protezione dell'ambiente, aveva assunto una posizione talmente blanda da sorprendere addirittura. Da sembrare fuori dal tempo. Cosa strana: l'Arpab pronta a “tranquillizzare” era un dato scontato, almeno per noi giornalisti. Eppure nessuno mai aveva osato mettere sotto inchiesta chicchessia. Come nessuno ha mai osato procedere con la dovuta urgenza per lo scempio della ex Cip Zoo, alla periferia di Potenza, con i tetti dei vecchi capannoni dei maiali che inondano l'atmosfera di scorie di amianto in una zona frequentatissima, ad un passo dalla Sede Rai, per giunta.
In un momento di particolare delicatezza per i temi dell'ambiente in Basilicata, la proposta di formare ed informare scientificamente quanti si occupano di disastri e di attentati alla natura in questa regione piccola ma assi rilevante, sembra l'unica strada per costruire una coscienza “ambientalista” che guardi in faccia alla realtà. Come del resto auspica anche don Marcello Cozzi, responsabile di Libera Basilicata.
Di seguito pubblico un mio articolo apparso sul Quotidiano il 12 ottobre che affronta appunto questi nodi.






BASILICATA LABORATORIO DI AMBIENTE



Mi chiedo: perchè non fare della Basilicata una sorta di palestra o di laboratorio stabile per un grande dibattito sui temi dell'ambiente e, in particolar modo, per consentire a giornalisti e operatori dell'informazione a vari livelli di poter disporre di un aggiornamento costante su problemi di tutto rilievo quali, appunto, quelli della fragilità del territorio, delle frane, ma anche degli inquinamenti e del nucleare, sempre in agguato? Il terremoto che ha investito i vertici di Fenice e quelli dell'Arpab rivela l'esistenza di una questione ambiente in regione, di portata ben più rilevante rispetto alle previsioni. Senza considerare poi le condizioni di estrema fragilità del territorio del Metapontino e le colate di fango che continuano a minacciare territorio e popolazioni della Campania evocando lo spettro di Sarno. E siamo davvero a un tiro di fucile dalla Basilicata.
In questo quadro, la recente iniziativa della Sede Rai di Potenza di non interrompere la serie dei corsi di formazione a livello nazionale iniziati negli anni scorsi e destinati ai giornalisti e a chi opera nel campo dell'ambiente, è una scelta valida ma che rischia tuttavia di rimanere isolata e di rappresentare quell'una tantum per chi si occupa di tematiche del genere. Con la conseguenza di non mettere a disposizione di chi ha a che fare con l'ambiente la necessaria strumentazione ed i metodi di analisi essenziali per comprendere e far comprendere l'entità dei fenomeni.
Per giunta la Basilicata ha i titoli per diventare essa stessa elemento trainante in un discorso sull'ambiente in grado di coinvolgere non solo la Rai ma soprattutto le forze vive, Università e Cnr in testa per mettere a fuoco problemi spesso nient'affatto irrisori. Senza escludere ovviamente l'Ordine dei Giornalisti e la stessa Federazione della Stampa.
Si tratta ora di fornire validi spunti scientifici e ulteriori contributi per dare sistematicità a un discorso cominciato, come ricorda Fausto Taverniti direttore della Sede Rai per la Basilicata, in tempi lontani nientemeno che nel Cadore. Insomma, trovare strategie e modalità per rendere sistematico questo tipo di intervento nel campo dell'ambiente e in quello della formazione, della conoscenza, della valutazione dei fenomeni sarebbe una scelta opportuna sul piano culturale e indubbiamente valida dal punto di vista concreto, se si vuole davvero scendere nei dettagli dei vari problemi, uscendo dal tunnel delle tante teorie, spesso inconcludenti e contrapposte, cui spetta il merito di disorientare finanche gli addetti ai lavori.
Una scuola per giornalisti che affrontano tematiche del genere? Un sistema di relazioni che consenta, non solo all'Università della Basilicata ma anche ad altri atenei con una specifica storia di ricerca alle spalle, di interagire per formare figure professionali all'altezza del compito di informare sullo stato dell'arte e sulle principali situazioni a rischio, che al Sud specialmente non mancano. Potrebbe essere questa l'idea guida per trasformare un corso di formazione, a scadenza annuale, in un meccanismo di ampio respiro con compiti e finalità ben definiti. Sicchè l'impegno dell'Enel, che ha mostrato adeguata sensibilità per raggiungere l'obiettivo indicato dalla Rai, quello del Ministero dell'Ambiente e di altre realtà dentro e fuori dal territorio sarebbe un forte elemento di propulsione per mirare a un traguardo di alto livello. A patto che intorno a un'idea del genere ci sia davvero il massimo della collaborazione tra i vari soggetti che si occupano di giornalisti e informazione, ma anche di diffondere i risultati della ricerca scientifica.
Rocco De Rosa

mercoledì 5 ottobre 2011

MITICA BASILICATA DA VISITARE E CONOSCERE

Centomila lucani in Australia, terra lontanissima ma a portata di mano se si pensa alla volontà di condividere con i corregionali in Basilicata storia, costume, scelte per il presente e iniziative per il futuro del quale si sentono parte al di là di ogni previsione.
Le giornate australiane hanno visto il Parco nazionale dell'Appennino diventare motore di quella vivacità di iniziative che al turismo (un turismo intelligente e dinamico) affidano larga parte delle potenzialità di crescita di questa terra del Sud. Un turismo da promuovere e far decollare secondo una mentalità nuova, ha precisato Gianpiero Perri, direttore dell'APT, impegnato da tempo in una sfida che ha dato finora i suoi frutti. Non è poco se ad agosto i visitatori in Basilicata sono cresciuti del 3,5 – 4 per cento: merito di una propaganda intelligente e di una saggia pubblicità che si rivolge a operatori italiani e stranieri, politici, amministratori vari, agenzie per lanciare un messaggio: la Basilicata è terra di grandi innovazioni, ricca di sorprese, di cultura vera, di cinema spontaneo e attraente. Sicchè conviene visitare questo paesaggio di sogno, fatto di mille risorse, che attende di giungere a una svolta.
A Perri ha fatto eco Mimmo Totaro, Commissario di un Parco che in Australia ha disegnato, forse meglio che in patria, i suoi contorni. L'Appenino lucano, Val d'Agri lagonegrese include cime e valli di tutto pregio con la storia millenaria degli insediamenti dell'antica Grumentum, le chiese, i palazzi d'epoca, i suoi corsi d'acqua. Un gioiello inimitabile ha sottolineato Totaro, parlando agli australiani, che s'impone per la sua universalità. Il suo carattere. Il suo volto di terra autentica e impareggiabile.
La conferenza stampa, introdotta dal Presidente dei lucani all'estero, Antonio Disanza, ha indicato le mete da raggiungere in un futuro non lontano considerando indispensabile un impegno per rafforzare il collegamento con i connazionali in Australia e non solo, che sono portatori di mille istanze da non sottovalutare per dare nuovo smalto a questa Basilicata dei nostri giorni. La Basilicata di Rocco Papaleo e di quel “coast to coast” che in fin dei conti vuol significare da una sponda all'altra del mondo.       
                                                                                                           Rocco De Rosa

sabato 1 ottobre 2011

IN RICORDO DI FRANCO PALUMBO




Mi associo al cordoglio per la morte di Franco Palumbo, storico esponente della cultura materana e Presidente di quel Circolo che da solo parla, per sua stessa definizione, di Matera e della sua importante realtà: il Circolo La Scaletta.
Franco era di quelli ai quali va riconosciuto il merito di aver creduto nel ruolo di un sapere non comune. Un sapere che non sa soltanto di libri, di sentito dire, di atteggiamenti elitari, di cose scritte o dette per figurare ai primi posti in una graduatoria in grado di procacciare peso politico e notorietà sociale. Era piuttosto una persona convinta della universalità di Matera, del suo continuo fondersi con la scienza che apre a sua volta orizzonti importanti a una città impegnata da sempre nello sforzo di andare ben oltre quel provincialismo scadente e quella marginalità nei quali affoga, purtroppo, una parte non irrisoria del Mezzogiorno.
Il saluto rivolto a Franco Palumbo da Raffaello De Ruggieri è un altro tassello di quel mosaico che fa da cornice al dinamismo di Matera, la città dei Sassi, come la definiscono in molti con un ritornello francamente molto abusato che finisce per non rappresentare l'essenza di una terra piena anzitutto di storia. Oggi Matera rappresenta quanto di meglio c'è nel Meridione con la vivacità della sua cultura e con il suo essere parte di questa Basilicata controversa e problematica. Indubbiamente una città dell'Europa come l'hanno intesa e la sentono in tanti, a cominciare da Franco Palumbo, un materano illustre, un uomo del nostro presente.
                                                     Rocco de Rosa