venerdì 26 maggio 2023

I CAMBIAMENTI IN ATTO: LA ZONA SUD DELLA BASILICATA CAPACE DI NUOVO SVILUPPO



La costa di Maratea


Una parte cospicua del Rapporto Eurispes 2023 è dedicata ai cambiamenti in atto, “a livello globale e nelle nostre comunità nazionali e locali.” 

Cosa vuol significare un’affermazione del genere che mette a fuoco anzitutto il tema di una “nuova normalità” sul piano geofisico e degli eventi del clima, ma anche di conseguenza dell’economia? 

Una vera rivoluzione è in atto sotto i nostri occhi, una rivoluzione di cui spesso non siamo pienamente consapevoli o che non riusciamo forse a seguire istante per istante sia nelle cause che negli effetti. Ecco il dato di prima misura. A questa rivoluzione, fatta di cambiamenti negli assetti della vita economica e sociale, non si sottrae certamente la Basilicata diventata altro rispetto ad un passato non lontanissimo anni luce. Un esempio. Chi avrebbe immaginato sul finire degli anni Cinquanta che Matera, da città in cui i Sassi erano una vergogna come dimostrano vari articoli di stampa dell’epoca, potesse ospitare un centro di Geodesia spaziale che lancia segnali radio alle stelle? Un centro in cui studiosi, scienziati ed esperti seguono i vari comparti delle attività scientifiche di alto profilo. Nell’ambito di questi mutamenti è cambiata anche la produttività della Basilicata, la sua vocazione, il suo stare nel contesto di un Paese impegnato nelle maggiori trasformazioni degli ultimi decenni e in un Mezzogiorno diverso dal passato in cui evocare vecchie immagini rappresenta un non senso. Lo sostiene Alessandro Galella, responsabile delle Attività produttive e del lavoro fino ai giorni scorsi  e oggi destinato all’Agricoltura in ambito regionale. Galella assume come punto di partenza della sua analisi la zona Sud, un’area ad altissima vocazione ambientale, naturalistica, agricola e agroindustriale. Non è tutto. Dotato di ben due Parchi nazionali, percorso dall’autostrada del Mediterraneo, con un polo turistico d’eccellenza, qual è la costa di Maratea, questo territorio  è un formidabile volano di sviluppo, tenuto conto peraltro del suo rapporto con la Calabria, per un verso, e per l’altro con il Cilento, l’antica Lucania per intenderci, la terra del filosofo Parmenide di Elea anch’egli lucano.  Che i parchi siano fonte di sviluppo e di produttività lo sottolinea una nota di Alessandro Galella annunciando a breve un tavolo tecnico per mettere insieme gli sforzi e superare le criticità esistenti, come richiesto anche da Antonio Rubino Presidente della Comunità dell’Appennino lucano. Tra l’altro l’agricoltura  nelle  aree protette rappresenta un marchio di qualità con riflessi sull’economia, a patto che riesca a richiamare un’attenzione qualificata e a consolidare la sua presenza anche all'estero.         



                                                     

Agricoltura di qualità in Val d'Agri

lunedì 22 maggio 2023

RIPRISTINARE FUNZIONI E RUOLI DEL CFS PER UNA EFFICACE PROGRAMMAZIONE







Lungo la direttrice Basentana (che segue il corso del fiume), tra le province di Potenza e di Matera, Il Corpo Forestale dello Stato negli anni scorsi ha realizzato, d’intesa con il Genio Civile, una serie di importanti difese del territorio per irreggimentare le acque e scongiurare frane e dissesti su vasta scala. Opere che richiedono adeguata manutenzione e vigilanza in maniera costante.

La cancellazione tout court del Corpo Forestale dello Stato, assorbito dai Carabinieri, è un dato negativo, sostiene Franco Mattia, forestale per cultura e per vocazione. Un intero patrimonio di storia è svanito nel nulla. Un conto sono i Carabinieri, un altro il CFS dato il rapporto stretto di questo organismo con i boschi, i fiumi e l’ambiente. 

Come affrontare certi nodi e risolvere questioni vecchie e nuove?

“Un dato è certo: le ferite inferte alle foreste e all’ambiente non si curano con la semplice osservanza di norme applicate in forma militare, ma si curano con la cultura forestale che è propria dei forestali e solo dei forestali.”


Sul  da farsi esistono opinioni e ricette non sempre concordanti. Una selva di punti di vista destinati a non risolvere nulla, se non a peggiorare le situazioni. In definitiva, che fare?


E’ necessario un apparato competente e adeguato alle complesse esigenze del settore che non si avvalga della improvvisazione ma faccia leva piuttosto su tutte le conoscenze scientifiche e tecnologiche  finalizzate alla difesa del suolo, al controllo e al monitoraggio del territorio, nonché al potenziamento dei servizi per la montagna e le foreste.

L’amministrazione forestale aveva le migliori conoscenze tecniche in campo ambientale acquisite con studi appropriati e formazione continua  in anni di lavoro che hanno formato la base della professionalità forestale, un dato unico, irripetibile e non surrogabile.”


In effetti ancora oggi si avverte l’eredità di una istituzione non effimera ma finalizzata alla salvaguardia di un patrimonio di valore immenso, i boschi e gli ambienti delle montagne e delle valli.  


Il Corpo Forestale dello Stato ha rappresentato una istituzione moderna, specializzata tra le forze di polizia nella difesa della natura, i cui riflessi costituiscono ancora oggi valori supremi che andavano protetti e difesi ad ogni costo, comunque e sempre.

Di qui la condanna ferma che si leva nel Paese per la legge approvata dal governo Renzi e dai suoi ministri  nell’intento di decretare la fine del Corpo forestale dello Stato consumando una ignobile azione e calpestando i valori di una validissima istituzione posta dal 1822 al servizio del Paese per la custodia e la vigilanza dei boschi.”


Ora cosa c’è da aspettarsi? 


Il Governo Meloni, avendo apprezzato l’opera svolta dal Corpo Forestale dello Stato, voglia nel contesto di un’azione riformatrice ridefinire i compiti istituzionali di questa amministrazione mediante un’agenzia per la difesa del suolo e di sviluppo forestale incardinata nel tradizionale Ministero dell’agricoltura e delle foreste, oggi guidato dal Ministro Lollobrigida il quale appare ben consapevole della risorsa forestale, specie in un momento in cui la rinascita delle foreste e della montagna appare un obiettivo non più rinviabile.”


In che misura, dottor Mattia, il PNRR potrà rivelarsi uno strumento di sicura utilità anche in questo campo?


Il PNRR prevede il finanziamento di Piani di bacino e progetti forestali di nuova concezione, in grado di rispondere agli impegni internazionali non più rinviabili: piano dell’ecosistema, dei cambiamenti climatici, della regimazione delle acque dei fiumi e dei torrenti, della biodiversità, della difesa del suolo e dagli incendi, dei Parchi e delle Riserve dello Stato e delle Regioni.”


C’è la tendenza a misurare l’efficienza del Governo, di qualunque colore esso sia, in base ai provvedimenti per l’ambiente in modo da evitare cataclismi di sorta e tragedie come quelle che abbiamo sotto gli occhi.


Basti sottolineare che la politica di difesa, di valorizzazione e manutenzione del territorio con tutti i riflessi economici e sociali connessi, richiede un impegno istituzionale nuovo e moderno, una organizzazione diversa in termini scientifici, professionali, politici e amministrativi. 

Occorre un progetto concreto e strategico che riconosca il valore centrale del bene foresta e della stabilità del suolo. Va arrestato urgentemente il dissesto idrogeologico, una minaccia incombente sulla testa di tutti, non solo di noi italiani.

Una saggia politica di programmazione appare oggi insostituibile in ogni caso.” 

    

     

domenica 21 maggio 2023

A CHI LA COLPA DEL DISASTRO DELL'EMILIA ROMAGNA? L'ANALISI DI FRANCO MATTIA GIA' DIRIGENTE DEL CFS



In questi giorni del disastro dell’Emilia Romagna le analisi si moltiplicano in un clima di paura e di disorientamento per quel che è accaduto. 

La fragilità del territorio e la montagna, spesso indifesa: ecco i temi affrontati in una lunga intervista da Franco Mattia, già dirigente del Corpo Forestale dello Stato, una realtà storica purtroppo inspiegabilmente soppressa per ragioni politiche. L’intervista si articola in due momenti: il primo contiene l’analisi del tragico evento. Il secondo la proposta.


                              



“L’ondata di maltempo che ha colpito il Paese, in particolare l’Emilia Romagna, ha messo ancora una volta in evidenza l’estrema fragilità del territorio. Al cessare delle piogge, il territorio appare nudo, severamente ferito dalle emergenze alluvionali: interi quartieri cittadini, industrie, strade e infrastrutture travolti dall’impeto delle acque che hanno rotto i delicati e già compromessi equilibri naturali.

Si contano con grande amarezza danni spesso irreparabili, rovine e morti.

Di volta in volta la collettività nazionale si commuove esterrefatta, quasi che ci si trovasse sempre di fronte ad avvenimenti assolutamente imprevedibili.”


Per fortuna anche in questo, come in altri casi, si nota una gara  di solidarietà da parte della comunità nazionale, i giovani in prima linea, e un intervento dello Stato, limitato tuttavia all’emergenza da superare nell’immediato .


“In effetti anche in questa drammatica circostanza stiamo vedendo che lo Stato interviene con gli strumenti di difesa civile, con le Forze armate, soprattutto con i Vigili del Fuoco e con i volontari. Ma anche con stanziamenti straordinari. Quasi sempre il Paese si affianca nel soccorso con aiuti volontari.

Intanto la pubblica opinione si pone l’interrogativo se la sciagura era ineluttabile o qualcosa poteva essere fatta per prevenirla o almeno limitarla. 

Credo che innanzitutto si debba richiamare alla nostra memoria, purtroppo tanto labile, la serie di disastri analoghi che ci hanno colpito negli ultimi anni in quasi tutte le regioni, senza dimenticare i tanti dissesti idrogeologici che nel corso degli anni hanno interessato interi territori provocando danni rovine e morti, gli stessi danni e gli stessi morti che oggi si contano in Emilia Romagna. Purtroppo all’alluvione si sommano altre alluvioni, quelle delle parole, degli annunci e delle promesse. Poi tutto tace. Vediamo di invertire questa tendenza.”


Dottor Mattia, lei valuta questi eventi disastrosi come un campanello d’allarme per uno stato di abbandono iniziato, possiamo dire, ancor prima di Sarno, maggio 1998. 


“La realtà delle zone montane e collinari del nostro Paese sono molteplici, diverse e disomogenee, per cui debbono essere affrontate con interventi diversificati.

Non a caso, a distanza di cinque anni dalla soppressione del Corpo Forestale dello Stato, per volontà di un manipolo di avventurieri politici, le Comunità Montane, i Consigli Comunali, i Consigli regionali hanno fatto richiesta di riportare i forestali sul territorio ormai rimasto privo di presidi, ritenendo che la professionalità forestale , la cultura forestale siano un bene insostituibile per svolgere un’azione di supporto e di formazione a favore dei territori di collina e montagna.

La tutela e la gestione del bosco e della montagna non sono surrogabili e non possono essere complementari alle differenti strategie della difesa militare come il nuovo ordinamento ha imposto, affidando le competenze forestali a organismi abilitati a funzioni diverse.”

Fin qui l’analisi che Franco Mattia propone in seguito a quanto si sta verificando in Emilia Romagna.

Nella seconda parte della lunga intervista, come accennato, il dottor Mattia entra nel merito della proposta politica tendente ad aprire nuove e concrete prospettive alla difficile fase di organizzazione di efficaci difese perché il territorio non subisca ancora l’attacco violento dei fattori naturali che lo hanno messo in ginocchio, con gravi conseguenze per l’intera comunità nazionale.  

       

   

venerdì 12 maggio 2023

I TANTI INTERROGATIVI SENZA RISPOSTA PER L'INQUINAMENTO DI TITO SCALO E VAL BASENTO



Il sequestro della DARAMIC a Tito Scalo (Potenza)
                                                    (foto R. De Rosa - Riproduzione riservata)



Ho visto morire il mio compagno di liceo, Raffaele Ricchiuti, già sindaco di Ferrandina, per un tumore al cervello contratto in una delle zone più inquinate dell’intero Mezzogiorno, la Valle del Basento, solcata dal fiume ridotto a un canale di veleni. Nell’area industriale di Pisticci mi è capitato inoltre di incontrare un ex sindacalista, anche lui letteralmente sfigurato nel volto e nella sua dimensione umana da un cancro. 

Ascoltando gli esperti, ed i medici soprattutto, sembra ormai acclarato il rapporto di causa effetto in relazione al grave inquinamento del suolo e dell’acqua nella Valle. Orribile. L’area Materana non è purtroppo l’unica della Basilicata “verde” inserita nella mappa nazionale delle località a maggiore livello di contaminazione. C’è anche la zona industriale di Tito dove la Procura della Repubblica di Potenza ha posto sotto sequestro il sito della Daramic con un intervento massiccio di forze dell’ordine, dal Noe alla Polizia giudiziaria, alla Polizia provinciale.

Per ora l’intervento disposto dal Procuratore Curcio sembra essere limitato semplicemente alla singola azienda che, stando alle informazioni emerse in conferenza stampa, sarebbe responsabile di un disastro ambientale da non sottovalutare. 

C’è poi il capitolo delle sostanze chimiche usate nei processi di lavorazione dalla Daramic e destinate a finire nel torrente Tora affluente del fiume Basento. Sostanze tossiche ben oltre la soglia consentita dalla legge con danni inevitabili ai corsi d’acqua e al mare Jonio. 

Il provvedimento della Procura, tuttavia, non affronta altri nodi della questione, vale a dire l’utilizzo dei fondi per la bonifica sia di Tito che dell’area industriale di Pisticci Ferrandina, appunto. Sicchè il sequestro della Daramic appare soltanto come un piccolo, piccolissimo tassello all’interno della questione ben più vasta del mancato intervento per decenni in ordine alle due località lucane inserite nella mappa nazionale. 

Certo, si tratterebbe di un lavoro dalle dimensioni e dagli sviluppi imprevedibili. Una operazione di grande respiro che collocherebbe la magistratura lucana al centro di un vasto  orizzonte nazionale in difesa del suolo, della salute degli abitanti e della tutela delle prerogative del territorio che si tenta di promuovere per far crescere l’economia e lo sviluppo in una terra, la Basilicata, celebrata nei film di vari autori, a cominciare dal superlucano Rocco Papaleo.

Al momento tuttavia non è dato sapere se Curcio intende affrontare con i mezzi di cui dispone anche l’intera questione che, beninteso, riguarda da vicino contestualmente l’uso della risorsa idrica contaminata nel sottosuolo dei due poli.

Si apre in ogni caso una partita importante finalizzata non solo all’accertamento delle eventuali responsabilità per la mancata bonifica, quanto alle tappe  del risanamento, con riferimento ai vari capitoli della erogazione dei fondi. Un’operazione ciclopica che proprio per questa e mille altre ragioni risulta sin da ora non facilmente praticabile, fatta salva la volontà (eventuale) della magistratura lucana di andare fino in fondo alla vecchia questione del disastro  delle due aree industriali e dei danni alla salute dei cittadini.          


                                                       


L'area industriale di Tito (Potenza) - ( foto De Rosa - Riproduzione riservata)

mercoledì 10 maggio 2023

DARAMIC, SEQUESTRATO IL SITO


                                

                          LA Daramic a Tito scalo (Potenza)



Sotto sequestro il sito della Daramic, un’azienda di Tito scalo a pochi chilometri da Potenza. Disastro ambientale e altre ipotesi di reato, molte in corso di accertamento da polizia giudiziaria, Noe e polizia provinciale, alla base del provvedimento. 

La Daramic è una delle aziende ritenute responsabili del vasto inquinamento che interessa da decenni l’area industriale di Tito, inserita a pieno titolo nella mappa nazionale dei siti più pericolosi, per la salute degli abitanti e per l’ambiente con gravi ripercussioni sulle falde acquifere sotterranee. 

La Basilicata vanta, si fa per dire, il secondo sito maggiormente inquinato nella zona di Pisticci - Ferrandina (la Val Basento), anch’esso da bonificare, dove in questi anni sono cresciuti a dismisura i casi di tumore o di malattie cardiovascolari imputabili, secondo osservatori qualificati, all’inquinamento dell’atmosfera e del suolo. Per giunta il Basento, per diversi chilometri in prossimità della foce, è ridotto a un canale putrido a cielo aperto in cui gli inquinanti di natura prevalentemente chimica si moltiplicano nel disinteresse generale.

Peraltro in passato erano disponibili i fondi relativi ad un progetto di bonifica mai attuato e rimasto soltanto sulla carta. Fondi che oggi potrebbero essere stati utilizzati, a livello nazionale, per altri scopi. 

Nella conferenza stampa Francesco Curcio, Procuratore della Repubblica a Potenza, ha sottolineato l’importanza del provvedimento di sequestro a tutela dell’ambiente e della salute. 

Da considerare, inoltre, l’estrema gravità della situazione dell’area potentina dove in passato ha operato anche la Liquichimica e dove sarebbero stati interrati, in epoche remote, rifiuti pericolosi tuttora non ancora rimossi.

Dunque, un primo significativo passo verso un’opera di tutela ambientale finora trascurata in modo superficiale e colpevole.

A Curcio sarà utile ricordare che esistono numerosi casi di inquinamento da amianto nelle coperture di vecchi edifici in pieno centro cittadino o nelle periferie. Il triste retaggio della Materit, nella Valle del Basento, è anch’esso un esempio di totale disinteresse per le tematiche ambientali nella verde Basilicata, la terra “al riparo” da bombe ecologiche e disastri di ogni genere. 

martedì 9 maggio 2023

IL GIORNO DELLE VITTIME DEL TERRORISMO E DELLA VIOLENZA



                               



Ricorre oggi il 45esimo anniversario del ritrovamento del corpo di Aldo Moro in un clima di desolazione e di morte. 

La mente va alle 400 vittime del terrorismo assassino in Italia, alle stragi, a quell’assurda ribellione contro le regole della democrazia e del vivere civile, e ciò avviene nel momento in cui un’aggressione immotivata a un popolo, quello ucraino, viene condotta con incredibile tracotanza da un uomo che ricorda oggi il contributo della Russia per sconfiggere il nazifascismo ed i campi di sterminio. 

L’attacco a cittadini inermi non è forse una forma subdola di  terrorismo, mascherata con le ragioni della guerra per affermare un diritto assurdo e ingiustificato a uccidere e distruggere?

Pe giunta si tratta di una guerra infinita, che cresce di tono e si fa sempre più minacciosa proprio nel momento in cui si cerca una via d’uscita al conflitto con varie iniziative. 

Quelli che vengono definiti crimini di guerra con torture, stupri e assurde forme di violenza personale non sono forse atti di terrorismo, davanti ai quali il mondo intero appare del tutto impotente e incapace di porre un freno. 

La pioggia di missili, i bombardamenti sul martoriato territorio dell’Ucraina sono destinati a protrarsi nel tempo, purtroppo. Questa la peggiore condanna per l’umanità intera.