giovedì 29 luglio 2021

LE FAGGETE DEL POLLINO PATRIMONIO DELL'UNESCO



                               


               Le faggete del Pollino (foto R. De Rosa - riproduzione riservata)


Le enormi distese di boschi millenari del Parco nazionale del Pollino hanno ottenuto un nuovo, prestigioso  riconoscimento dall’Unesco: le faggete, disseminate lungo i crinali del massiccio calabro lucano, sono state ammesse a far parte di quel patrimonio di inestimabile valore rappresentato appunto dalle “antiche faggete primordiali dei Carpazi e di altre regioni d’Europa” recita la motivazione. Boschi ultrasecolari, una miniera di verde a perdita d’occhio. 

Un bene grandioso che sintetizza in sé secoli di storia di quella biodiversità oggi all’attenzione internazionale per le sue caratteristiche e la capacità di attrarre un turismo altamente qualificato, anche ben oltre i confini dell’Europa.

Non ha dubbi il Presidente del Parco, Mimmo Pappaterra, convinto che si tratti di uno dei tanti traguardi già raggiunti a pieno titolo. 

“In questi giorni mi sono spinto a dire che il Pollino attraversa un momento magico, con risultati importanti e prestigiosi grazie al lavoro che abbiamo fatto sulla biodiversità: dalla rete dei Geoparchi Unesco, alle faggete di Rotonda, alla straordinaria scoperta di Italus, il pino più antico d’Europa con i suoi 1230 anni di vita. 

Quando vennero gli ispettori, da diverse parti d’Europa, capimmo subito che l’impressione era altamente positiva e corrispondente allo stato dell’arte.”


Il discorso da affrontare riguarda ora un surplus di tutela di questo importante patrimonio e non solo la sua valorizzazione ai fini della conoscenza.


“Certamente. Questo traguardo  carica il Parco di una responsabilità enorme. Poco fa sono stato a telefono con il Prof. Piovesan dell’Università di Viterbo, artefice di questo risultato, insieme agli esperti delle Università della Calabria e della Basilicata, ai tecnici dell’Ente Parco. 

Abbiamo discusso della possibilità di far diventare il Pollino punto di riferimento europeo nella gestione forestale sostenibile. Obiettivo da perseguire con tenacia e con impegno: a settembre prevediamo infatti di costruire una iniziativa per festeggiare la scelta dell’Unesco e mettere in cantiere altre, interessanti proposte.”  


  

  

sabato 17 luglio 2021

FOSSA CUPA, ALLE SORGENTI DEL BASENTO




                                               Il frontespizio del progetto del Genio Civile


Boschi d’alto fusto nascondono chilometri di condotte idriche e casette superprotette da cancelli in ferro, in un’atmosfera quasi surreale, un clima da natura aspra ma incontaminata: sembra essere in un mondo tutto diverso a Fossa Cupa, bellissima località ai piedi del monte Pierfaone, a poco più di mezz’ora da Potenza. 

Sono le sorgenti del fiume Basento, che sul finire degli anni Trenta furono captate dando origine appunto all’acquedotto intercomunale del Basento, come lo definisce il primo progetto redatto dal Genio Civile di Potenza con un impegno durato mesi e mesi da parte di tecnici e progettisti impegnati senza sosta in un lavoro che rappresentò un esempio importante per la realizzazione di un’opera al servizio della città e di numerosi centri costretti fino a quel momento a rifornirsi di acqua dalle poche fontane pubbliche. 

Il lavoro, nella sua parte più cospicua, è sintetizzato in questa planimetria di cui oggi si è persa ogni traccia e che desidero sottoporre all’attenzione del nuovo direttore generale di AQL, l’ing. Alfonso Andretta, e della stessa Regione Basilicata nel momento in cui si parla di ammodernare la rete idrica lucana con perdite costanti e con enorme dispendio della risorsa acqua, quanto mai preziosa in questo momento di profondi cambiamenti climatici destinati a riservare non poche sorprese tra periodi di siccità imprevedibili e pericolose inondazioni.

Fossa Cupa è un gioiello inesplorato e noto solo a un ristretto numero di appassionati dell’ambiente e della montagna. Potrebbe trasformarsi in una risorsa da non sottovalutare anche per un turismo di qualità, alla ricerca di storia e cultura, alle radici di ciò che accade nel nostro tempo. 

Località che si estende per chilometri e che rientra nel territorio di Sasso Castalda, raggiungibile a valle da Pantano di Pignola con un tragitto della durata di meno di mezz’ora. 

Siamo oltretutto nel cuore del Parco nazionale della Val d’Agri lagonegrese che la Comunità del Parco, d’intesa con il Presidente Priore, si accinge a far decollare in maniera definitiva, badando ai grandi progetti, con un giro d’orizzonte per un recupero delle principali priorità alle quali va inevitabilmente riconosciuta una corsia preferenziale soprattutto dal punto di vista di una cultura dell’ambiente da promuovere tra i giovani, le popolazioni, senza escludere ovviamente le scuole. Questo uno dei compiti precipui di un Parco nazionale, che voglia essere tale a tutti gli effetti.

Turismo e ambiente, un binomio imprescindibile al quale Acquedotto lucano è chiamato a dare nuova linfa, in una visione diversa dell’uso della risorsa acqua e non solo nel quadro di una gestione semplicemente amministrativa dell’esistente, con l’occhio rivolto ai contatori delle abitazioni e alle bollette.   



 

   


 

   

giovedì 15 luglio 2021

ROSA GENTILE: IL DOPO G20 E' INIZIATO



Per Matera, e non solo per la città,  il dopo G20 è iniziato.

Basti pensare alla parola d’ordine: “se non si investe nel clima non potrà esserci alcuna ripresa”, per comprendere che il vertice di fine giugno ha segnato una svolta. Il messaggio parte da Matera ed ha una sua autorevolezza, non vi è dubbio. Diventa il motore di una nuova crescita, di nuove e interessanti aspettative.

In proposito esistono già delle prese di posizione, a cominciare  dalla città per investire vari livelli di interesse e di competenze.

Rosa Gentile, ai vertici di Confartigianato nazionale, ritiene che il salto di qualità potrà e dovrà esserci realmente con varie ricadute sia nel quotidiano che dal punto di vista del prestigio internazionale che Matera vede consolidarsi nel dopo G20. 

Un dato è certo, in ogni caso. Il vertice ha spostato  l’interesse internazionale trasferendolo completamente sul terreno della scienza e delle politica senza negare ovviamente storia e cultura di un passato che appartiene alla comunità lucana, e non solo ad alcuni settori. 

“Matera ha giocato una carta importante nel 2019, avviando un percorso significativo, purtroppo interrotto successivamente dalla pandemia che ha bloccato tutto stravolgendo ogni attività, ogni iniziativa” osserva Rosa Gentile.

E prosegue: “Il G20 ha richiamato un impianto che già nel 2010 aveva avuto il suo peso in una dinamica internazionale”  facendo un riferimento alla sua partecipazione alla conferenza mondiale dei disastri, nella veste di componente in quel momento del governo della Regione Basilicata. 

Trasformare i cambiamenti climatici in una opportunità è, dunque, l’altro messaggio che giunge nel momento in cui l’Europa ritiene di mettere al bando emissioni di gas serra entro il 2035. Con tutto ciò che una scelta del genere dovrà comportare, considerando peraltro che la promozione del territorio ha in questo caso una valenza di primo piano, dal punto di vista economico, turistico, internazionale. 

Certo, conta molto la consapevolezza ai vari livelli istituzionali e scientifici. Conta molto la spinta delle istituzioni verso questo traguardo per far valere le priorità emerse nel G20. 

La Capitale europea della Cultura apre dunque un capitolo del quale essa stessa rimane protagonista. C’è tuttavia da augurarsi che questo ruolo continui a esserle riconosciuto, in una dinamica di rapporti ad altissimo livello ma anche sul piano interno, senza escludere Governo e Regioni. 

Occorre quella spinta che forse è mancata in questi anni per attribuire a Matera una funzione determinante nel campo della scienza e della ricerca. Tradotto in termini concreti, è stato questo in effetti l’obiettivo del G20, ovviamente da mettere a frutto.            

sabato 10 luglio 2021

IL GIUDICE LO SARDO: “LA VERITA’ PROCESSUALE NON CORRISPONDE ALLA REALTA’ “


In un clima non proprio sereno determinato dallo scontro di opinioni sul varo della riforma della giustizia, le parole di Giuseppe Lo Sardo, magistrato di Cassazione, rappresentano un ulteriore grave interrogativo su quello che oggi in Italia il sistema giudiziario è nei fatti. E non solo nei buoni propositi o nei sogni.

Dice Lo Sardo testualmente: “La verità processuale non sempre corrisponde alla realtà”, come a voler significare che il cittadino utente, costretto a rivolgersi alla magistratura, deve convincersi che un conto sono i processi (lunghi, estenuanti, infiniti) altra cosa è la realtà che si tenta di illustrare al giudice perché quantomeno ne tenga conto. Fortuna permettendo. 

Una ragione ci sarà se la verità che emerge in un giudizio tende ad allontanarsi, anziché avvicinarsi allo stato delle cose reale. Soprattutto quando gli elementi di prova e la raffigurazione dei fatti è il più possibile puntuale e precisa. Insomma, accade eccome di riuscire a illustrare in una causa lo “stato dell’arte” magari nei dettagli, ma ciononostante il giudice sembra determinato a fare emergere una propria linea di interpretazione della vicenda di cui si occupa. Aspetto non certo trascurabile.

In un colloquio rapido ma intenso ho fatto notare al giudice Lo Sardo che il libero arbitrio del magistrato risulta finanche inaccettabile quando l’interpretazione della vicenda sembra volere ignorare elementi concreti. Fondati su dati incontrovertibili, vale a dire non opinabili e non certamente oggetto di libera interpretazione, appunto. 

Sul libero arbitrio Lo Sardo non si esprime lasciando al suo interlocutore  la possibilità di trovare da solo una spiegazione. 

Mi chiedo: cosa significa riformare questa giustizia e non solo il processo penale. Un'anomalia italiana come definisce la riforma Giuseppe Conte, che certamente non potrà essere considerato uno sprovveduto, nè un avvocaticchio di provincia, per giunta alle prime armi.     

giovedì 8 luglio 2021

POLLINO, UN PIANO STRAORDINARIO PER LA LOTTA AGLI INCENDI


                                 


Pollino - Pini loricati alle alte quote (foto Joseph Betz - riproduzione riservata) 


E’ probabilmente il Parco nazionale più protetto d’Italia, dove la consapevolezza del bene natura e del valore dei paesaggi ha messo in piedi un formidabile meccanismo per la salvaguardia e il rilancio di un habitat unico nel suo genere.

Il Pollino, tra Calabria e Basilicata con i sui 200 mila ettari di superficie, riesce così a conquistare un posto di tutto riguardo nella graduatoria che attribuisce alle aree protette un ruolo dinamico nella difesa e promozione del territorio.

Organizzato nei particolari, il piano con il concorso di tutti protezione civile, forze dell’ordine, personale del Parco ha lo scopo di  sbarrare il passo alla piaga degli incendi che hanno devastato in passato ettari di bosco soprattutto alle alte quote. 

Legittima la soddisfazione del Presidente, Domenico Pappaterra e dello staff dirigente, consapevoli tutti che uno sforzo in tal senso era inevitabile per garantire non solo il massiccio quanto l’integrità dei numerosi visitatori e delle popolazioni della montagna.

Un passo avanti significativo per risaldare il rapporto con la gente che ha motivo di vedere nella montagna calabro lucana non un freno allo sviluppo, ma un’accelerazione delle potenzialità stesse.

Non un limite alla crescita, ma un meccanico autopropulsivo dal quale dipende sul serio la rivitalizzazione delle aree interne, messe a dura prova da mille crisi ma oggi, come si vede, determinate ad affrontare una ripresa all’altezza delle necessità reali. 

Per il Pollino un vero banco di prova. 


mercoledì 7 luglio 2021

TUTTI PER RAFFAELLA



L’ingresso a Via Teulada, 66 del feretro di Raffaella ha commosso tutti. Grandi applausi, un evento toccante, senza precedenti. 

Il Centro di Produzione TV, la storica sede della RAI che ha scandito la storia della Televisione in Italia, ha tributato alla Carrà un grande, insolito, affettuoso saluto. 

Il carro funebre ha varcato il cancello del Centro, rimasto intatto oggi come nel lontano passato. 

Il personale della RAI si è riversato al piano terra. Una folla grandiosa, entusiasta mentre nel cortile risuonavano le note dei motivi che hanno fatto grande una donna, soprattutto un’artista che non ha mai smesso di riscuotere il plauso della gente per la sua grandissima umanità, alla portata di tutti.

Un evento destinato a rimanere patrimonio della storia e non solo della storia dello spettacolo o della televisione. Ma di un Paese cresciuto al ritmo della televisione, interprete dei momenti difficili e delle stagioni più belle. 

“Da oggi siamo ancora più soli. Per fortuna abbiamo ore e ore di spettacoli, di trasmissioni con Raffaella protagonista” dice Fabio Insinna che come tanti altri ha portato la sua testimonianza di uomo di spettacolo in omaggio alla donna dello spettacolo. 

Roma si è stretta attorno a Raffaella, nel lungo percorso che ha toccato le tappe di un’artista inimitabile. Unica nel suo genere e nella sua personalità.

Chi avrebbe immaginato che la scomparsa silenziosa e umile di una donna di spettacolo potesse far scattare la molla di un omaggio senza limiti al caschetto giallo di sempre con il sorriso sul volto. Con la sua gioia di essere e di entrare in punta di piedi nelle case degli italiani. 

Il grande libro della storia del Paese oggi volta pagina, ma questa pagina non sarà mai distrutta, mai abolita. Mai cestinata.