mercoledì 29 ottobre 2014

PARCO DELL'APPENNINO, BURRASCA FORZA OTTO


Non c'è pace per il Parco nazionale dell'Appennino lucano, Val d'Agri lagonegrese.
Chi mai avrebbe previsto che, dopo una serie di contatti e incontri che si protraggono ormai da mesi per giungere finalmente a dotare l'area protetta degli organi previsti dalla legge (presidente della comunità e direttivo) si sarebbe arrivati al traguardo in un clima di totale spaccatura? Eppure è accaduto, e di questo bisognerà farsene una ragione. Una ragione politica, indubbiamente.
Non si tratta di pretendere un pacifismo a tutti i costi o una unanimità fittizia. La posta in gioco è ben diversa: il Parco ha atteso per anni di essere governato, con il massimo della partecipazione delle forze attive, quelle stesse dalle quali idealmente è nata tempo addietro l'idea di una zona di tutela ambientale e paesaggistica nell'interesse del territorio e delle popolazioni. Sicchè per tutta risposta si è arrivati a contrapporre interessi personali, logiche di potere, intenti di spartizione a quello che dovrebbe essere l'impegno comune per salvaguardare un'area esposta a mille rischi. L'Appennino ha a che fare con il petrolio. Nel suo perimetro ci sono non una ma più trivelle grazie alle lungaggini e alle estenuanti attese che hanno consentito di disegnare un Parco a misura di petrolio. E non il contrario, purtroppo. 
Sembra addirittura paradossale che a preoccuparsi di proteggere l'area e le popolazioni della Val d'Agri sia il Ministero dello sviluppo economico e non alcuni rappresentanti dei poteri locali. Il Ministero ha emanato recentemente disposizioni che vincolano le compagnie al rispetto di norme ben precise: per una gestione oculata del Centro olio, il Dipartimento per l'energia  chiede all'Eni di rendere noti, tra l'altro, i curricula degli operatori e dei responsabili dei vari settori del Centro.
E intanto non si riesce a trovare una intesa.  Pasquale Robortella, grand commis politico, parla al riguardo di una frattura inevitabile, a questo punto. 
Sicchè la spaccatura personale e politica non si giustifica affatto, meno che mai per scopi di spartizioni e di potere.
Ci si chiede, ad esempio, come mai un realtà del livello di Moliterno debba essere esclusa dal direttivo. Eppure il centro dell'alta valle ha ben diecimila ettari all'interno del Parco. Qual è la rappresentatività garantita? Quale principio di democrazia s'intende far valere?
Tutti interrogativi  al centro di un serie di riunioni che i "dissidenti" hanno già provveduto a convocare per approfondire questi temi nella prospettiva di una diversa partecipazione alla vita del Parco dell'Appennino.
Il territorio intanto attende. E c'è chi continua a nutrire speranze perché i giovani, soprattutto, non si sentano esclusi e cacciati dal Parco. Sarebbe davvero una sciagura.
   

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