mercoledì 21 dicembre 2022

COME FINIRA' QUESTA STORIA SENZA FINE?




                             


                            

Un fatto è assolutamente certo: la storia del Qatargate, ormai arcinota in ogni parte del globo, ha le dimensioni di una vicenda addirittura ancestrale, nata nella notte dei tempi nelle coscienze di chi aveva dentro di sé il seme della mala pianta e non si era accorto o fingeva di non accorgersi di quella innata vocazione all’accumulo illecito di denaro pubblico e privato, senza distinzione alcuna. E senza alcun limite.

Si, perché non si può diventare ad un tratto profittatori e ladri in base a non si sa quale misteriosa sollecitazione interiore che mostra di avere travalicato ogni pudore e ogni istinto di buona condotta se non altro per non finire sui giornali ed essere additati come truffatori seriali, persone senza scrupoli. 

Pensate poi all’amore sorto tra i due, Francesco ed Eva, ed alla bimba innocente (quella si davvero innocente) che ad un tratto scoprono una irresistibile attrazione diventata all’improvviso sentimento, passione, amore in nome di una condivisione del malaffare. Incredibile e ancestrale anche questo, segno della mala pianta interiore che non ha esitato a buttarli nel burrone, nel profondo di un precipizio dal quale sarà difficile risalire la china. Se non altro ricostruirsi una verginità, vera o apparente non conta. Ricostruirsi una immagine dignitosa soprattutto, per quanto ciò possa valere molto poco, al punto in cui si è giunti. 

L’unico ad avere ragione da vendere è l’imperatore Vespasiano, quello della tassa sulle urine per intenderci, al quale sono dedicati i bagni del mondo. A lui è attribuita l’intramontabile frase latina “pecunia non olet” il denaro non puzza, non emette odori nauseabondi anche se trattenuto a lungo in valigie capienti e pronte a ospitare mazzette distinte per grandezza delle banconote, con un ordine davvero irreprensibile. A dir poco.  

martedì 20 dicembre 2022

DI FEMMINICIDIO IN FEMMINICIDIO


                                   




Un altro femminicidio, un’altra giovane vita barbaramente stroncata. E non finisce qui. La violenza bruta arma la mano di chi dovrebbe amare la propria compagna, moglie, fidanzata e invece decide di annientarla nel peggiore dei modi, con un coltello o addirittura con una calibro 9 Beretta (un’arma da guerra) com’è accaduto a Chieti per mano di un giovane originario della Basilicata, terra umile dai sentimenti puri. Si, umile perché legata a costumi e tradizioni intramontabili, spesso ignorati come dimostrano le cronache di questi anni. 

Pensando al proliferare di questo fenomeno ci si chiede perché ciò accade con grande frequenza oggi, molto più che nei decenni scorsi. Perché tanti femminicidi? Perché tanta violenza assassina?

Mai un raffronto con il passato, quando l’omicidio di una donna era rarissimo o, meglio, con una frequenza pari ad altri fatti del genere. 

Ieri una donna era praticamente al sicuro e oggi, invece, può o deve considerarsi una vittima potenziale, indipendentemente dalle caratteristiche  e dai comportamenti di chi le sta a fianco.  Domanda senza risposta che, per giunta, nessuno si pone.

Basti pensare alle cronache del caso Fenaroli, un femminicidio d’altri tempi che mobilitò i media e l’opinione pubblica italiana come non accade ora assolutamente. Si trattava dell’omicidio di Maria Martirano nel settembre del 1958. 

Ventimila persone attesero la sentenza davanti al tribunale di Roma, il Palazzaccio tetro nella sua immagine, per tutta la notte dell’11 giugno del 1961. Un fatto che scosse l’opinione pubblica con i due ergastoli. 

Altri tempi e altra vita. Certo. Oggi si continua a uccidere. Povere donne vittime di una violenza senza pari. Quasi un uragano che falcia e distrugge quando meno te l’aspetti. Perché? Per colpa di una passione smisurata, di un delirio. A causa di un istinto che tende a scagliarsi sui soggetti più deboli e indifesi, guarda caso sempre donne?  

Un bel mistero che vede, tutto sommato, la società distratta e indifferente. Dove sono le ventimila persone in attesa di una sentenza. Nemmeno per sogno. Ogni femminicidio è un caso a sé, simile ai precedenti, destinato a essere ignorato nel giro di qualche giorno. 

104 femminicidi in Italia nei primi 11 mesi del 2022. Ma il dato va aggiornato poiché dicembre non è ancora finito.  

 

mercoledì 14 dicembre 2022

"I SOLDI PER CASA SOLLIEVO NON SI TOCCANO"





Padre Pio con i medici di Casa Sollievo 


Nel mezzo della bufera che continua a interessare il Parlamento europeo, con valanghe di soldi rinvenuti qua e là in borse e borsoni stracolmi di banconote, vado con la mente a un aneddoto che riguarda lo stile di vita di Padre Pio e la gestione dei fondi raccolti per costruire Casa Sollievo, l’ospedale di San Giovanni Rotondo. 

Si trattava di 400 milioni di vecchie lire, ridotti a poco più di duecento per decisione del governo, fortemente contrastata dal Frate, ma senza esito.

Quel denaro non era affidato alle banche ma era custodito nella cella di Padre Pio con la piena certezza che nessuno, sottolineo nessuno, avrebbe tentato di sottrarre un centesimo. Persone, ormai poche, che conobbero il Padre, riferiscono  un episodio. Era andato a San Giovanni da Pietrelcina, il padre, zio Grazio come tutti lo chiamavano, il quale chiese sommessamente al figlio di dargli qualche soldo per ritornare al paesello. La risposta fu un netto diniego: questi soldi servono per l’Ospedale e non si toccano. 

Nessun commento e nessuna obiezione, soltanto silenzio difronte a una condotta limpida e irreprensibile che ha sempre caratterizzato la vita dell’umile sacerdote, provato dalla sofferenza e legato alla sua dimensione spirituale che lo ha reso a tutti gli effetti un mediatore tra il Cristo e questa umanità del nostro tempo, scossa dalle guerre e dagli scandali.

Nelle tante lettere ai figli spirituali e non solo, c’è sempre il richiamo alla correttezza, all’onestà, al senso degli altri esaltato da Padre Pio come una componente inevitabile di una vita in linea con il messaggio cristiano. Lui che giunse a definire macellai quei figli della chiesa che avevano voltato le spalle a certe verità, lasciandosi attrarre dal richiamo dei beni terreni.  

Non credo ci siano commenti da fare, nè raffronti tra la condotta del Padre e una società in cui,  di tanto in tanto, affiorano ladri e delinquenti di ogni sorta. 

Basta il silenzio.

venerdì 2 dicembre 2022

IL DOPO ISCHIA E' INIZIATO




Forestali nel Pollino


Più di 3500 uomini e donne impegnati per difendere il territorio della Basilicata. A tanto ammonta il numero degli occupati  che dedicano il loro lavoro per ristabilire e, se necessario, migliorare  il quadro degli equilibri naturali  seriamente minacciati in una piccola regione ma con dati spesso significativi sullo stato dell’ambiente. 

I 3500 sono una platea composta da ex lavoratori delle industrie, ex operatori dei Parchi nazionali, ex di altri settori in crisi oggi confluiti in questo grande progetto che include sia la manutenzione degli alvei dei fiumi, sia la tutela dei costoni delle montagne e delle valli con particolare riguardo alla biodiversità. 

Argomento fino a ieri considerato alla stregua di un’ordinaria amministrazione mangia quattrini. Ma oggi largamente rivalutato alla luce della immane sciagura di Ischia e di vari eventi che hanno messo a nudo quella disattenzione imperdonabile nei confronti di un ambiente spesso fragile e pericoloso per il territorio e per chi lo abita. 

Fiumi di fango scesi a valle in pochi minuti, in uno scenario di morte e distruzione totale di un paesaggio nobile per tradizioni, cultura e non solo. Per la sua bellezza. Per la sua gente. Casamicciola è in ginocchio.

“Un’attività protettiva dei vari ambienti montani, con l’obiettivo di garantire anche la vigilanza sul suolo con l’occhio rivolto al capitolo idraulico forestale, di primaria importanza”. 

Sintetizza così le finalità del Consorzio di Bonifica della Basilicata il Commissario straordinario Giuseppe Musacchio. 

“Migliaia di chilometri di strade, ieri di competenza delle Province, oggi non più, sono in uno stato di abbandono con riflessi notevoli sugli equilibri ambientali in caso di piogge o di eventi atmosferici estremi. 

Occorre attrezzare la manodopera di cui disponiamo, integrarla, metterla in condizione di operare al meglio, anche con l’impiego di mezzi meccanici ricorrendo a una formazione adeguata, in linea con le esigenze crescenti del nostro tempo.”

I canali irrigui del Metapontino, le valli del Pollino, il nord della Basilicata con le opere idrauliche già esistenti o da realizzare, sono gli scenari di un lavoro di prevenzione da mettere a punto con grande impegno, prosegue Musacchio, mentre si guarda alla frana di Maratea e a quella di Pisticci. Entrambe minacciose. 

Un’attività di tutela e prevenzione da sviluppare e coordinare durante tutto l’anno per esigenze costanti, soprattutto ora con i cambiamenti del clima, capaci di determinare ogni scelta e ogni azione. 

Tutto questo rappresenta una priorità assoluta e finisce per orientare anche l’impegno finanziario degli enti locali ai quali spetta l’obbligo di adeguare ai bisogni del momento le logiche della politica. Importante che sciagure come quella di Ischia non finiscano per essere dimenticate o, peggio, del tutto ignorate in un futuro più o meno lontano. Sarebbe uno sfregio alla consapevolezza e al progresso. 

 

                              


Il Consorzio di Bonifica 

mercoledì 30 novembre 2022

QUALE FUTURO ATTENDE ISCHIA?


                                 

                                


Una casa nella voragine di Ischia


Si parla sempre meno di Ischia e della tragedia che ha sottoposto il caso dell’isola e della sua fragilità all’attenzione nazionale e ben oltre.

Oggi, 30 novembre, sui giornali lo spazio dedicato alla catastrofe provocata dalla frana riveste un peso decisamente inferiore rispetto a quello dei giorni scorsi. 

Intanto si cercano ancora quattro dispersi e si tenta di mettere in piedi un piano per la messa in sicurezza dei costoni e di tutte quelle realtà che possono rappresentare, se già non lo sono, un’emergenza a tutti gli effetti. 

Il dramma consiste non solo in quei morti, nelle case distrutte, nelle colate di fango che hanno travolto tutto, quanto piuttosto nelle enormi difficoltà di una ripresa dell’intero territorio in condizioni di assoluta sicurezza. Nel ritorno a una normalità effettiva, capace di scongiurare lo spettro della distruzione ad ogni pioggia.

Un’opera immane attende i soccorritori, i Vigili del fuoco (autentici eroi), le squadre di volontari, i tecnici, i progettisti e tutti coloro ai quali quali è demandato il compito di fare delle scelte indispensabili, Regione Campania in prima linea. Per di più urgenti, se si pensa che marzo è normalmente il mese della messa in moto della macchina del turismo e della ricettività, alle porte dell’estate.

Per ora non ci sono ufficialmente degli indagati da parte della Procura. Ma tutto lascia prevedere che ce ne saranno tra gli amministratori, i sindaci e tra gli stessi cittadini. In certi casi questi ultimi autori di pressioni immotivate per costruire una delle tante case al di là e al di fuori delle norme in vigore di garanzia per il territorio e gli abitanti. 

Prima di Ischia ci sono stati altri casi, a cominciare da Sarno, senza escludere la Calabria, la Basilicata, alcune aree del Nord e del Centro.  

Ma Ischia è decisamente un punto di svolta, una pietra miliare che nessuno, assolutamente nessuno, potrà essere in grado di ignorare o, peggio, di considerare con la stessa  superficialità e inadeguatezza all’origine del disastro.   

sabato 26 novembre 2022

LAVORATORI FORESTALI IN DIFESA DELL'AMBIENTE


                             


 Lavoratori forestali

Nella stagione estiva ormai alle spalle Terranova di Pollino, uno dei centri più in vista del Parco nazionale, ha fatto registrare un primato per capacità di affrontare il nodo del lavoro di migliaia di forestali impegnati nei boschi e nelle valli della Basilicata. 

Il gruppo di Terranova, proveniente per buona parte dall’Ente Parco, ha elaborato una sorta di dibattito sugli scenari dei prossimi anni per imprimere una svolta a questa attività e renderla adeguata ai bisogni di salvaguardia, di difesa idrogeologica, di rilancio delle componenti turistiche e ambientali con riflessi sull’economia delle aree interne e della montagna. Non sembra poca cosa.

Dibattito che ha sfiorato anche altri aspetti, con riferimento alla possibilità dei forestali di aspirare ad altri incarichi, ad esempio, sempre nel quadro della organizzazione del lavoro, nel caso di Terranova. Obiettivo non disgiunto dalle scelte della politica e dalla complessa attività del sindacato, ovviamente. 

Impegnati in molteplici attività nei punti cardine del Pollino, in particolare quelli di maggiore pregio turistico, i forestali hanno garantito quantomeno una manutenzione decisamente utile per dare una impronta diversa a luoghi fino a ieri ignorati delle correnti del turismo e dalle scelte di programmazione nel settore. 

In ordine a questi temi il Commissario straordinario del Consorzio di Bonifica della Basilicata, Giuseppe Musacchio, sostiene di essere pronto a guardare a nuove esigenze, legate non solo alla bonifica in sé, quanto a una vera modernizzazione di un lavoro non semplicemente di rimozione delle erbacce e di sistemazione dei canali di deflusso delle acque piovane. 

Il progetto Basento nasce, infatti, da una intuizione realistica del miglioramento del corso fluviale. Fuori dubbio un’esigenza. 

Il più antico fiume del Sud, dal punto di vista geologico, che scorre alla periferia di Potenza è un vero banco di prova per la tutela di importanti equilibri, a lungo ignorati purtroppo, con un silenzio colpevole in ordine al degrado in cui versa questo corso d’acqua ridotto a una fogna a cielo aperto soprattutto nei mesi di magra estiva del fiume, con scarichi di fogne liberi e purtroppo tollerati in contrasto con qualunque norma di salvaguardia del territorio e dell’ecosistema.   


                                                                   
                                                              Il Basento a Potenza

  

   

venerdì 25 novembre 2022

LA VIOLENZA SULLE DONNE



                                            Donne iraniane contro la repressione


11 settembre 1958. Una domenica mattina che ha lasciato il segno nella storia delle donne. In via Monaci, a Roma, la domestica di casa Fenaroli entra nell’appartamento e trova la signora Maria Martirano in Fenaroli strangolata e riversa sul pavimento della camera da letto.

Un atroce delitto, un giallo come i media definirono questo femminicidio, uno dei primi episodi, se non il primo, nella lunga vicenda dei femminicidi in Italia. 

L’opinione pubblica rimase scossa da questo evento, che appassionò giovani e meno giovani. La notte che precedette il verdetto, riferiscono le cronache dell’epoca, ben ventimila persone attesero la sentenza davanti al Palazzo di Giustizia di Roma, il Palazzaccio come lo chiamano i romani e non solo. Si trattò di un giallo con diversi ergastoli. Pene durissime. 

Fu un caso, appunto. Un episodio di violenza unico nel suo genere tanto grave da essere definito  il giallo di via Monaci. 

Da quel giorno in Italia i femminicidi non si contano. Donne uccise, strangolate, accoltellate  prevalentemente da compagni, ex mariti, ex fidanzati. Un fiume di sangue che grida vendetta. Solo nel 2022, non ancora concluso, le donne uccise sono 104. Lo ha ricordato la premier Meloni annunciando la proiezione dei nomi delle vittime sulla facciata di Palazzo Chigi illuminata di rosso. 

Perché divampa tanta violenza. Perché il fenomeno è tipico del nostro tempo. Perché fino a qualche decennio fa uccidere una donna era un fatto raro e gravissimo. Oggi purtroppo quasi all’ordine del giorno. Non c’è la folla di persone davanti ai tribunali in attesa della sentenza a carico dei responsabili. Ci siamo forse abituati a sentire in televisione o per radio notizie del genere?  

Interrogativi che si fanno strada nella coscienza di chi osserva il ripetersi di tanti assassini, in un mondo spesso indifferente e distratto. Che si limita a esprimere le solite frasi di condanna ma non va oltre. 

     

                         

              I templi di Paestum illuminati in rosso  per la giornata

martedì 22 novembre 2022

23 NOVEMBRE, UN TEMPO DELLA VITA


                                 


La prima pagina del Corriere (foto R. De Rosa - riproduzione riservata)
 



Un giorno capace di mettere insieme due eventi: l’uno tragico che proiettò l’ombra del disastro sul Mezzogiorno, fragile e impreparato a fronteggiare la violenza del sisma del 1980 con migliaia di morti e macerie ovunque.

L’altro improntato alla strenua difesa della costa Jonica della Basilicata, e dell’intero territorio, dove il Governo aveva deciso di costruire nel novembre 2003 il sito nazionale delle scorie nucleari  a Terzo Cavone di Scanzano Jonico. Una minaccia ancora in piedi, nonostante la mobilitazione popolare che mise insieme le aree interne di un Sud ignorato e calpestato, oltre ogni misura, con una straordinaria prova di impegno civile e di solidarietà delle popolazioni. Il giorno dei Centomila di Scanzano, sul finire di novembre 2003, fu il segno della vittoria. 

Massimo l’impegno di televisioni e giornali in entrambi i casi. Il GR 1 documentò attentamente l’evolversi della tragedia del sisma, seguendo da vicino la sofferenza delle popolazioni e il grido d’allarme che si levava dalle case ridotte in macerie. Così i TG della Rai e non solo.

Significativo l’impegno della trasmissione Ambiente Italia, di Rai Tre, condotta da Beppe Rovera che in quel periodo organizzò tra l’altro una diretta da Bucaletto, il quartiere di Potenza con i prefabbricati ancora oggi in piedi, diventato l’icona del terremoto. Il simbolo eterno di una baraccopoli segno di inefficienza e disattenzione.

Che dire poi della puntata, andata in onda nei giorni di Scanzano, proprio dall’epicentro della rivolta popolare contro il deposito nazionale di scorie radioattive affrontando enormi difficoltà e cercando di conciliare le mille proposte della gente e delle istituzioni. La domanda forte di una svolta.

Un impegno straordinario, senza limiti di slancio e di fatica, che fa rivivere due tragedie sulle quali pesava il rischio di una desertificazione degli uomini e del territorio, con una perdita di identità davvero gravissima. 

   

                                  


Il corteo dei Centomila lungo la Costa Jonica


                               

giovedì 17 novembre 2022

POLLINO UN MIX DI NATURA E SCIENZA


Pascoli estivi al Colle Gaudolino - foto R. De Rosa - riproduzione riservata


Probabilmente è questa la definizione appropriata per la più grande area protetta italiana, se si considera la natura del dibattito in corso con iniziative di un certo rilievo e le prospettive che si aprono. 

A Matera da registrare l’ormai prossima due giorni dedicata al turismo delle origini nel Parco nazionale, mentre a Castelluccio un centro del massiccio calabro lucano riprende il dibattito su Vincenzo Caporale, il medico scienziato di Viggianello, che aveva richiamato su di sé l’attenzione di ambienti scientifici di Napoli, di Roma e non solo. 

Uomo di primissimo piano legato alla sua terra al punto da rinunciare all’offerta di dirigere importanti ospedali che gli era stata fatta negli anni Trenta quando la fama di Caporale aveva ormai superato i confini della Basilicata. Non accettava l’idea di abbandonare le sue ricerche sul cancro  e soprattutto di allontanarsi dai suoi pazienti che lo stimavano e lo amano tuttora a distanza di tanti anni dalla sua scomparsa. 

Un fenomeno capace di far parlare di sé ancora oggi, come rileva il Presidente dell’Ordine dei medici di Potenza, Rocco Paternò, riconoscendo il prestigio di una medicina ancora priva dei formidabili mezzi diagnostici e terapeutici del nostro tempo. 

Dotato di una straordinaria bontà d’animo e di uno spiccato senso della solidarietà per i più poveri ed i diseredati, Caporale era considerato dai suoi pazienti il medico per eccellenza, capace di affrontare con successo casi ritenuti irrisolvibili da altri suoi colleghi. 

La vicenda di Angelina, la bimba delle campagne del Pollino che aveva riportato una grave frattura al malleolo con conseguente riduzione della lunghezza della gamba, fa discutere ancora. Fu Vincenzo Caporale a intervenire con successo quando tutto ormai sembrava non più risolvibile.

Il premio Caporale, sostiene la vice sindaca di Rotonda Maria Giulia De Cristofaro, è un richiamo alla scienza e alla figura del grande medico, di cui esistono ancora oggi i suoi studi con documenti importanti relativi sua attività. 

Gli aspetti scientifici legati al Parco nazionale sono, tuttavia, davvero numerosi se si considera soltanto il valore delle alte quote e la possibilità di aprire nuovi orizzonti a proposito delle erbe officinali del Pollino, destinate ad avere un futuro sia nel campo naturalistico che in quello della ricerca scientifica. Un settore considerato prioritario anche dall’industria farmaceutica.  

Inevitabile il richiamo alle due regioni, Basilicata e Calabria, al Governo perché la presenza del Parco nazionale possa rappresentare davvero un elemento di svolta nella vita delle comunità del Sud, anzitutto.  

   

                            


Rotonda(PZ) - foto R. De Rosa - Riproduzione riservata 

sabato 12 novembre 2022

DOVE GUARDA POLLINOLANDIA?



Il carretto biblioteca  in apertura dei lavori  del convegno (foto da Internet)



Festa della Montagna del 1958. E’ la prima occasione per discutere del Pollino e delle sue prospettive di crescita nell’ipotesi del Parco nazionale. Soltanto un’ipotesi avvalorata da giudizi e pareri sulla possibilità di aprire nuovi scenari e avviare uno sviluppo vero. Non occasionale ma duraturo. Sostenibile in tutti i sensi e soprattutto capace di determinare una svolta nella vita delle popolazioni. Quasi un percorso obbligato da mille esigenze. 

Oggi quel dibattito ha ceduto il passo ad altre considerazioni, a mille percorsi in cui l’idea del domani del più grande parco nazionale del Sud ha ceduto il passo a ben differenti modi di ragionare e di costruire nuovi approcci con la montagna. Il clima è diverso, sono cambiati i riferimenti, tutto si è modificato, anche la mentalità degli abitanti e delle organizzazioni sorte qua e là.

Non a caso da mesi ormai assistiamo al fiorire di tante iniziative “soft”, di svago come vengono definite. In questo Terranova di Pollino, un centro con poco più di 1100 abitanti ai piedi del massiccio condiviso tra Calabria e Basilicata, ha un primato: da luglio balli e canti hanno allietato le serate estive per far divertire secondo il progetto degli organizzatori. Grande desiderio di svago per esorcizzare i problemi veri. 

Legittima scelta, non vi è dubbio. Ma il Parco nazionale con le sue criticità e le sue prospettive dov’è finito? Neppure una parola per tutta l’estate. Incredibile. 

E così è arrivata, ultima in ordine di tempo, una iniziativa di Pollinolandia, un convegno sull’infanzia e l’adolescenza davvero in pompa magna con ragazze in costume e dimostrazioni di skiroll. 

Pollinolandia, città della creatività, evoca nel nome orizzonti meravigliosi e realtà stupende.  Che fanno vivere esperienze struggenti e magnifiche sensazioni. Questo nel nome. Ma nella realtà, qual è il contributo al dibattito sul ruolo delle giovani generazioni per il  futuro del parco? Cosa fare del Pollino, proprio mentre la fondazione Migrantes sottolinea la gravità dello spopolamento di queste aree interne.  

D’accordo su tutto. Ma l’area protetta di rilievo nazionale, di cui Terranova è parte importante, quale destino ha davanti a sé? Perché Pollinolandia non affronta un problema del genere rendendosi interprete di importanti istanze nei confronti dell’Ente Parco e delle due regioni, soprattutto?  Non solo. C’è consapevolezza di quanto accade a un metro da casa, dove un centro come San Paolo Albanese sembra destinato a finire quanto prima avendo ormai poche decine di abitanti, quasi tutti vecchi in età avanzata? Domande che attendono riposte.

Tutto questo, beninteso, allontana l’ipotesi di un dibattito costruttivo in seno alla Comunità del parco sull’efficienza di un’area protetta di valenza nazionale e internazionale, un dibattito ricco di proposte concrete e di iniziative da mettere a frutto con la consapevolezza che altrove, soprattutto al Nord, realtà del genere hanno dimostrato di avere un peso non certo irrilevante e finanche di riuscire a cambiare il cammino delle popolazioni. E’ il caso dell’Adamello Brenta, tanto per citare un esempio di dinamismo e concretezza. E di cultura di un’area protetta di grande rilievo. Come il Pollino, del resto.

martedì 1 novembre 2022

IL VULTURE FINALMENTE A UNA SVOLTA?




MONTICCHIO LAGHI NEL VULTURE (foto R. De Rosa - riproduzione  riservata)


Il Parco regionale ma non solo. I finanziamenti del PNRR, la disponibilità di fondi messi a disposizione per la ricerca archeologica tutta orientata verso le mura dell’antica abbazia di Sant’Ippolito, ed i livelli di tutela ambientale annunciati per i laghi rappresentano soltanto alcuni dei capisaldi di un progetto che non manca di presentare una sua complessità. La posta in gioco consiste nella possibilità di far conoscere questo mix di natura, paesaggi, storia e fede ben oltre i confini locali, ma direi in un ambito nazionale quantomeno.  

Le mura di Sant’Ippolito sono un’autorevole testimonianza del monachesimo benedettino e basiliano in epoca medioevale. 


                                 


LE MURA DI SANT'IPPOLITO (foto R. De Rosa - riproduzione riservata)


Sembra essere ormai imminente una prima disponibilità di trentamila euro per la ripresa degli scavi nell’area dell’istmo dei laghi, mentre Monticchio potrà rientrare in una nuova tranche di finanziamenti di quattro milioni assegnati ai comuni della zona per finalità legate al rilancio delle principali emergenze, senza escludere il progetto della Riserva della Biosfera Unesco, considerata un valido strumento non solo di protezione dall’assessore all’Ambiente Cosimo Latronico.

Francamente non è poco. C’è poi il capitolo della zona militare sulla cima della montagna, oggi destinata a collegamenti interforze ma fino a ieri, in piena guerra fredda, importante snodo della rete Troposcatter che dalla Norvegia raggiungeva la Turchia con insediamenti non solo per la telecomunicazioni. 

Non certo secondario, inoltre, il percorso culturale riguardante Giustino ed Ernesto Fortunato ai quali il compianto Nino Calice dedicò gran parte della sua ricerca storica e politica.

I nodi da sciogliere non mancano, indubbiamente. Tra questi c’è un ricorso al Tar che attiene all’incarico conferito all’attuale presidente, il sindaco di San Fele Donato Sperduto, ma nulla potrà frenare lo sforzo di chi ritiene di dover giocare una partita importante a cominciare dal Parco, appunto. Un banco di prova per la Comunità? Non vi è dubbio se si pensa che il Vulture domina non solo l’area Nord della Basilicata ma rappresenta il cuore di un Mezzogiorno ricco di risorse e pronto a decollare. In attesa del via libera.      


lunedì 17 ottobre 2022

LE MURA DI SANT'IPPOLITO TRA STORIA E LETTERATURA

                       

                  Le mura dell'Abbazia di Sant'Ippolito a Monticchio laghi

                          (foto R. De Rosa - riproduzione riservata)


Mura imponenti che parlano della storia secolare della prima abbazia costruita pietra su pietra a cavallo dell’anno Mille, ai piedi del Monte Vulture, in uno scenario da fiaba nel verde dei boschi che si riflettono nelle acque dei laghi di Monticchio. 

Un capolavoro, per nulla scalfito dal tempo, come sottolinea Antonio Cecere, storico ed esperto delle vicende monastiche di una realtà destinata a far parlare di sé, soprattutto ora mentre va definendosi l’interminabile vicenda del Parco regionale finita davanti al Tar della Basilicata, com’era del resto prevedibile dopo lunghi anni di incubazione.

Una testimonianza importante queste mura, costruite tra l’ottavo e l’undicesimo secolo, in pieno medioevo. 


 Lo storico Antonio Cecere (foto R. De Rosa - riproduzione riservata)

Dopo il rovinoso terremoto del 1456 che costò la vita a cinquanta monaci,  Sant’Ippolito conosce un periodo di declino ma continua a far parlare di sé, documenta rigorosamente Cecere, poiché la fama di questo luogo è legata anche all’intervento di alcune nobili famiglie milanesi che, ai tempi della prima stesura dei Promessi sposi, scendono in campo raggiungendo la Basilicata. E’ il caso dei de Leyva giunti ad Atella (la figlia di Antonino de Leyva era la monaca di Monza, suor Virginia Maria), dei Borromeo che porteranno a Milano il nucleo della importante biblioteca locale per fondare nella città lombarda la Biblioteca Ambrosiana. Di qui alcune ardite ricostruzioni, prima fra tutte quella che vorrebbe identificare il ramo del lago di Como, di manzoniana memoria, con i laghi di Monticchio. Ardite ma non troppo, sostiene il prof. Cecere, poiché nel capoluogo lombardo esisteva all’epoca un nucleo della famiglia della Tela originaria di Atella. Non solo. Ma ci sarebbe motivo di ritenere, secondo gli studiosi, che l’invocazione del Manzoni alla Vergine sia rivolta alla Madonna del Carmine,  Patrona della  zona dei laghi di Monticchio e venerata in Basilicata. 

Un intreccio di dati e notizie, giunti fino a noi, che si sviluppano nel tempo facendo capo, direttamente o indirettamente, alle mura di Sant’Ippolito, in cui storia, cultura e tradizioni diventano tutt’uno in un mix che ha dell’incredibile per il Vulture e per i lucani. 

Una marcia in più per il Parco che ha davanti a sé molti obiettivi, tutti di grande rilievo.  Oltretutto, valorizzare questa realtà è d’obbligo, sostiene Paolo Appiano, forestale per vocazione, se si vuol dare al Vulture il significato che merita in un’ottica diversa da quella finora prevalente: un luogo di svago o, peggio, area da picnic con folle di turisti a Pasquetta o Ferragosto. Un mordi e fuggi inqualificabile. Appello dunque rivolto alla Regione Basilicata, protagonista di primo piano di questa realtà che attende una svolta.       


                           


Le mura di Sant'Ippolito (foto R. De Rosa - riproduzione riservata)

      

venerdì 7 ottobre 2022

LA RIFORMA AGRARIA IERI E OGGI


                                     


                                                        Piergiorgio Quarto



40 morti, 60319 persone arrestate, 21093 condannate a 7293 anni di carcere. Questo il drammatico bilancio delle occupazioni delle terre e delle lotte degli anni Quaranta, in Italia, per ottenere una legge capace di superare il latifondo e dare la terra ai contadini. La legge arrivò il 21 ottobre del 1950 e andò sotto il nome di legge stralcio di riforma agraria. Grande conquista sul piano sociale, economico, produttivo dopo decenni di enormi sacrifici di braccianti e contadini.

Un traguardo importante, raggiunto  con il sangue, che nel corso degli anni e dei decenni successivi si è però completamente svuotato di contenuti: allo scadere dei settant’anni, nel 2020, nessuno si è ricordato di questo evento. Sembra strano ma è così. 

Recentemente l’intitolazione di una strada a Matera a Vincenza Castria, vedova del bracciante Giuseppe Novello ucciso dal piombo del vicebrigadiere Vittorio Conte, ha riportato in evidenza un capitolo tra i più significativi della storia dell’Italia unita. 

Oggi siamo al processo inverso. In Basilicata l’Alsia, l’Agenzia lucana di sviluppo e innovazione in agricoltura, sta procedendo alla dismissione dei beni della Riforma agraria, case, terreni coltivati e non, strutture ridotte a spelonche immonde come il caso di uno dei borghi più importanti, Taccone di Irsina, nel materano appunto. 

Se la memoria storica non può venir meno, è  importante che se ne parli. 

Piergiorgio Quarto, Consigliere della Regione Basilicata, è oggi tra le figure più in vista, in grado di parlare di ciò che accadde settantadue anni fa e della situazione del momento.

“Intanto bisogna mettere in risalto la ricchezza di quella legge. La Riforma agraria è uno dei pochi esempi in Italia della capacità della politica di distribuire la ricchezza. Una legge che mettendo al centro i bisogni primari della gente e del Paese Italia si occupasse della sussistenza della famiglia. Primum vivere, dice il latino. Anzitutto vivere.

Produrre ricchezza sul territorio, in effetti, era questa la parola d’ordine della legge stralcio. Furono espropriati ai latifondisti e alla Chiesa due milioni di ettari con una operazione di legittimità istituzionale, ettari distribuiti a dieci milioni di contadini perché potessero produrre direttamente con i propri mezzi e con la prospettiva di far lavorare qualcuno nella propria azienda. Ecco il valore della riforma agraria. 

Oggi cosa accade? La dismissione non è operazione facile. La legge che la disciplina si compone di molti articoli e contempla situazioni le più disparate.”


Ieri il Materano fu teatro delle occupazioni delle terre. Oggi le cose stanno in modo diverso dal passato. Ovvio.


“Da rilevare che oggi l’agricoltura è sicuramente più centrale rispetto agli ultimi quarant’anni. Non vi è dubbio. E’ ritornata a essere considerata dalla società un valore di tutti. Oggi si va recuperando quella identità dell’agricoltura che sembrava essere svanita negli anni Settanta - Ottanta. La colpa è di una industrializzazione esasperata che aveva messo da parte la qualità, ritornata centrale. 

L’agricoltore diventa in effetti garante del cibo, assicura la sostenibilità ambientale costruendo così la nuova frontiera dell’impresa in grado di di mettere al centro la produttività e livelli di qualità accettabili. Anzi elevati.”


Cosa accade oggi del Metapontino, a proposito di Basilicata del dopo 2019?


“Il Metapontino è il fiore all’occhiello di questa Basilicata, con i suoi ventimila ettari irrigui. Ha un peso assai rilevante. E’ una delle zone che assicura una opportunità lavorativa a oltre diecimila lavoratori con un indotto straordinario diffuso sul territorio. Rendiamoci conto che un’area come questa vale tre o quattro volte quanto può valere una grande industria.”


Parliamo del mercato o, meglio, dei mercati verso i quali ci si orienta fra anni.


“Siamo nel cuore del Mediterraneo con un grande mercato che dovremo cercare di sfruttare al meglio. La Basilicata fa parte del baricentro delle regioni del Sud in questa ottica. Non dimentichiamo gli apprezzamenti che i prodotti del Metapontino costantemente ricevono. In tal senso è necessario l’impegno del Governo.” 



                                   


 

mercoledì 5 ottobre 2022

L'ENTUSIASMO DEI GIOVANI PER LA NATURA

 


Spesso la volontà dei giovani, insieme a quel giusto desiderio di protagonismo, rappresenta una formidabile molla e finisce per scuotere anche gli adulti. Addirittura, e non esagero perché le cose stanno realmente così. 

Accade in tanti settori della vita di ogni giorno. Sicchè quell’entusiasmo costituisce forse più di un invito a non trascurare l’ambiente per decenni sfruttato, ignorato e preso a calci da abitudini di vita completamente ingiustificate. 

Così per far vivere il più importante Parco nazionale del Sud, il Pollino, lo sci Club di Terranova ha organizzato da tempo una gara interregionale di skiroll, giunta alla seconda edizione, disciplina relativamente nuova orientata verso lo sci di fondo che si pratica d’inverno nelle pianure d’alta quota della bellissima montagna calabro lucana imbiancate dalla neve. 

I giovani ed i giovanissimi, finanche i “cuccioli” hanno risposto senza esitazione all’invito di Giovanni Izzi, eccellente maestro di questa disciplina con alle spalle anni di impegno, quando ancora il parco nazionale era soltanto un’idea, forse per molti un miraggio, oggetto di interminabili discussioni.

Bellissimo vedere ragazze e ragazzi fare chilometri sotto il tiepido sole di questa domenica di ottobre per raggiungere il traguardo, rigorosamente scanditi dallo scrupolo dei cronometristi guidati da Saverio Zotta e sotto lo sguardo vigile dei carabinieri forestali. 

Ottima giornata in effetti che ha regalato la vittoria nel settore dei “cuccioli” a una ragazzina di prima media, Giorgia Chiarelli, impegnata in costanti allenamenti per settimane intere. 

La montagna prima di tutto, da salvaguardare, rilanciare e promuovere ai giusti livelli, dove la vita ha il senso delle abitudini vere e dove il carattere dei giovani e le loro sfide nascono da esigenze che non possono essere ignorate.

  



domenica 2 ottobre 2022

L'ENTUSIASMO DEI GIOVANI PER LA NATURA


                       





Spesso la volontà dei giovani, insieme a quel giusto desiderio di protagonismo, rappresenta una formidabile molla e finisce per scuotere anche gli adulti. Addirittura, e non esagero perché le cose stanno realmente così. 

Accade in tanti settori della vita di ogni giorno. Sicchè quell’entusiasmo costituisce forse più di un invito a non trascurare l’ambiente per decenni sfruttato, ignorato e preso a calci da abitudini di vita completamente ingiustificate. 

Così per far vivere il più importante Parco nazionale del Sud, il Pollino, lo sci Club di Terranova ha organizzato da tempo una gara interregionale di skiroll, giunta alla seconda edizione, disciplina relativamente nuova orientata verso lo sci di fondo che si pratica d’inverno nelle pianure d’alta quota della bellissima montagna calabro lucana imbiancate dalla neve. 

I giovani ed i giovanissimi, finanche i “cuccioli” hanno risposto senza esitazione all’invito di Giovanni Izzi, eccellente maestro di questa disciplina con alle spalle anni di impegno, quando ancora il parco nazionale era soltanto un’idea, forse per molti un miraggio, oggetto di interminabili discussioni.

Bellissimo vedere ragazze e ragazzi fare chilometri sotto il tiepido sole di questa domenica di ottobre per raggiungere il traguardo, rigorosamente scanditi dallo scrupolo dei cronometristi guidati da Saverio Zotta e sotto lo sguardo vigile dei carabinieri forestali. 

Ottima giornata in effetti che ha regalato la vittoria nel settore dei “cuccioli” a una ragazzina di prima media, Giorgia Chiarelli, impegnata in costanti allenamenti per settimane intere. 

La montagna prima di tutto, da salvaguardare, rilanciare e promuovere ai giusti livelli, dove la vita ha il senso delle abitudini vere e dove il carattere dei giovani e le loro sfide nascono da esigenze che non possono essere ignorate.  


                                  




mercoledì 28 settembre 2022

IL PARCO DEL VULTURE IN ATTESA DI UNA SVOLTA



                              I laghi di Monticchio (Potenza)


“La cultura del vino parte dalla Basilicata, a cominciare dagli enotri fino ai romani che hanno lasciato tracce profonde in questa terra. 

Il Parco del Vulture? Per definizione è il parco del vino, grande risorsa. Può essere anzi l’occasione per un turismo enogastronomico in grado di promuovere il territorio e di farlo conoscere ai massimi livelli.”

Gerardo Giuratrabocchetti, titolare del marchio Cantine del Notaio di Rionero, è convinto della possibilità di un effettivo decollo  in chiave di natura e ambiente. Di bellezze che attraggono il turista e lo incoraggiano a essere presente là dove la natura parla di sé. Un unicum a tutti gli effetti, a cominciare dai laghi di Monticchio nell’area vulcanica esplosa ottocentomila anni addietro. Fantastico, non ci sono aggettivi per definire questa realtà. 

Si attende ora che il parco regionale finalmente decolli per affrontare i nodi dell’area, a cominciare dall’aspetto naturalistico e ambientale fino alla valorizzazione dei territori del vino, appunto, dando risalto alla ricerca archeologica e alla presenza della seconda abbazia a Monticchio laghi di cui rimangono in piedi le mura di sant’Ippolito, testimonianza di un passato millenario che mette in luce tutto il fascino di una località misteriosa e struggente, percorsa dai briganti dove esistono ancora il sentiero e la grotta di Carmine Donatelli Crocco, figura mitica del brigantaggio lucano, peraltro pastore dell’azienda Saraceno, oggi Fattorie Donna Giulia. Un pezzo di storia che non può rimanere nel cassetto.

Intanto cosa si muove sul versante della presidenza del parco, affidata a Donato Sperduto, sindaco di San Fele, uno dei più importanti centri dell’area. Molto dipende dall’intesa tra i sindaci, dal ruolo della comunità, strumento fondamentale per avanzare proposte e procedere speditamente sul terreno delle iniziative da adottare nell’ottica di una salvaguardia mirata alla conoscenza e alla promozione dei luoghi.

Questo il punto di vista di Antonio Placido, già sindaco di Rionero e parlamentare, profondo conoscitore delle questioni tuttora in piedi. Consapevole peraltro che il Vulture rappresenta una sfida: guai a farne semplicemente una zona da picnic, un territorio poco conosciuto che ospita ondate di turisti occasionali provenienti dalle regioni vicine, d’estate a ferragosto o a pasquetta quando i laghi ribollono di moltitudini incomprensibili e indisciplinate, senza alcun riguardo per la natura. Si tratta della più importante area protetta di questa Basilicata ricca di risorse, per buona parte ancora da mettere a frutto compiutamente. Un motivo in più perché la Regione operi speditamente verso i necessari traguardi di natura ambientale, ma soprattutto scientifica e archeologica. Il parco del Vulture è un gioiello di cui occorre essere consapevoli. Anzitutto.      


                             

                 Le mura dell'abbazia di Sant'Ippolito a Monticchio laghi