venerdì 26 settembre 2014

PETROLIO, SALUTE E AMBIENTE IN VAL D'AGRI



Intervista alla professoressa Albina Colella dell'Universitá della Basilicata

                                   
                     


D -  Petrolio, salute e ambiente: un trinomio che, nel caso della Basilicata, diventa un serio, serissimo problema. Allora come ovviare anzitutto alla mancanza di informazioni, veritiere e attendibili, che finora sono mancate da parte delle strutture preposte a questo delicato compito: parlo di ARPAB e ASL. Ma non solo. Senza escludere l'Ispra e molto altro.

R -   Il ruolo dei controlli e dell'informazione scientifica è di fondamentale importanza in tema di petrolio e ambiente, perchè riguarda la salute della gente e del territorio, con le conseguenti ricadute sulle economie locali, basate sull'acqua, sull'agricoltura e sul turismo. E' di fondamentale importanza che il controllore non coincida con il controllato e che non sia influenzato dalla politica. Sappiamo però che i direttori delle ARPA sono di nomina politica. Per questo motivo nel convegno del 2013 a Viggiano con i Proff. M. Civita e F. Ortolani abbiamo proposto la realizzazione per l'Appennino Meridionale di uno specifico Centro Studi per la Protezione Ambientale relativamente al petrolio, a cavallo tra Basilicata e Campania. Il motivo è legato non solo alla necessità di avere una struttura di altro profilo scientifico indipendente dalla politica, ma anche al fatto che la minimizzazione degli effetti nel caso del rischio d’inquinamento di acque e aria deve essere valutata con appositi metodi, il principale dei quali è HRS (Hazard Ranking System), l’applicazione del quale, negli USA, è legge federale. Ma per sviluppare una simile valutazione bisogna avere a disposizione una gran massa di dati che, per l’Alta Val d’Agri, mancano in parte o in tutto. Questo Centro di Studi dovrebbe essere in grado di raccogliere dati, effettuare misure e analisi, gestire i monitoraggi ecc., e dovrebbe essere opportunamente attrezzato e dotato di personale (giovani laureati e diplomati) già formato e da formare specificamente con opportuni corsi. Una tale struttura, che potrebbe creare anche nuovi posti di lavoro per giovani, dovrebbe basarsi su un accordo programmatico tra le due Regioni interessate (Basilicata, Campania), richiedendo anche fondi UE. Ciò ovviamente significa volare alto, ma ho il sospetto che in Basilicata non ci sia tale volontà, visto che tale proposta non è stata recepita: qualcuno pensa che siano sufficienti le ARPA... Un piccolo ripiego potrebbe essere l'attribuzione di una parte di royalty ad un coordinamento di comitati e movimenti che, grazie a tecnici di fiducia della popolazione, realizzino monitoraggi e controlli indipendenti.

D -   Si è portati a ritenere che tutto il mondo scientifico, università compresa , dovrebbe essere in prima linea per la salvaguardia delle risorse naturali e della salute degli abitanti. Anni addietro l'università della Basilicata riscontrò ben 19 idrocarburi nel miele della val d'Agri. Però si precisò subito che di questi 19 molti erano di origine naturale.

R - In realtà dovrebbe essere così, anche perchè l'Università della Basilicata è nata proprio per la difesa del suolo dopo il terremoto del 1980. Ma c'è un problema: l'Università della Basilicata non è autonoma finanziariamente, ed è supportata dalla Regione Basilicata con i fondi delle royalty del petrolio. Qualche governatore lucano ha dimostrato palesemente di non apprezzare molto la libertà di pensiero e di critica dei ricercatori sui problemi delle attività petrolifere in Basilicata. Comprendo pertanto che i miei colleghi preferiscano non esporsi: non a tutti piace ritrovarsi sui giornali con l'elenco degli incarichi ricevuti dalla Regione, dopo che hai illustrato pubblicamente certe criticità ambientali. Un messaggio molto preciso...

D - Dal petrolio all'economia il passo non è lungo. Il futuro di questa terra risente enormemente della presenza delle trivelle e continuerà a risentire ancora di più. Il petrolio rischia di diventare una morsa: o vivere questa condizione terribile, di inquinati a vita, o andar via. Non è una esagerazione la mia, a sentire certe statistiche ufficiali relative all'incremento dei tumori. Il cane a sei zampe si trasforma in un mostro. Possibile?

R -  Certo che è possibile se non si opera come si deve, basta vedere quel che è successo in Nigeria e in Ecuador: intere etnie distrutte, come quella degli Ogoni. Quello che qualcuno stenta a comprendere è che l'attività petrolifera è un'attività inquinante e dannosa per la salute, come le stesse società petrolifere hanno pubblicamente dichiarato negli USA. Se questa attività industriale viene fatta in aree desertiche, come è tradizionalmente accaduto, l'impatto ambientale è minimo. Ma se viene realizzata in territori fragili e vulnerabili come la Basilicata e la Val d'Agri, ricchi di risorse da tutelare, come l'uomo,  l'acqua, l'agricoltura, e soggetti a rischi naturali, come i terremoti, allora le cose si complicano e l'impatto ambientale può diventare molto più alto. D'altronde, i recenti eventi in Val d'Agri (vedi Centro Olio Val d'Agri) e a Pisticci Scalo, vicino all'impianto di trattamento delle acque di scarto petrolifero, lo stanno a dimostrare. Le attività petrolifere in territori fragili necessitano di rigore e di una accurata pianificazione del territorio. Sono necessarie innanzitutto leggi più severe sulla tutela ambientale e poi una loro puntuale applicazione, cose che in Basilicata sono mancate. Basti pensare che non sono state fatte cose elementari: 1) all'inizio delle attività petrolifere non è stato raccolto il dato "bianco" ambientale delle matrici aria/acqua/suolo, fondamentale per monitorare l'impatto successivo all'inizio delle attività petrolifere e per intervenire adeguatamente; 2) i monitoraggi ambientali integrati sono cominciati solo dopo quasi 15 anni; 3) non sono state applicate compiutamente le disposizioni di legge sulla perimetrazione e tutela delle aree di salvaguardia delle acque destinate al consumo umano, ubicando pozzi petroliferi nelle aree di ricarica degli acquiferi. Eppure la Basilicata avrebbe una responsabilità importante: quella di essere un modello per le attività petrolifere da realizzare in territori fragili. Ma i modelli, per essere credibili, non possono essere costruiti con le chiacchiere o nascondendo la polvere sotto il tappeto.

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