giovedì 4 novembre 2021

RISCOPRIAMO IL VALORE DEI BOSCHI E DEI MONTI



                                


Il massiccio del Sirino 



Giornate difficili ma colme di attese, quelle che vanno dal G20 di Roma fino a Glasgow, e segnano inevitabilmente il nostro tempo, una stagione dominata da serissime preoccupazioni per il clima, per l’ambiente, per la vita. Tutto rinviato al 2050, forse, ma non ci si rende conto che un cambiamento di rotta appare indispensabile a partire da subito: Che ogni istante è prezioso mentre la Cina per tutta risposta incentiva l'estrazione del carbone.

Mi capita di rileggere un articolo di Angelo Nolè, oggi docente di Scienze forestali e ambientali all’Università della Basilicata, in cui risaltano mille aspetti legati al valore delle  montagne e dei boschi, anzitutto l’Appennino lucano ormai da tempo Parco nazionale. Ma non solo. 

L’articolo risale a diversi anni addietro e fu scritto per la Rivista Online del Parco che all’epoca era riuscita a raccogliere intorno alle sue proposte un interesse qualificato, non solo al Sud. 

“La vetta del Monte Papa merita una lunga sosta per ammirare la vastità del panorama a 360°, con uno sguardo su buona parte dell’Appennino meridionale, non solo Lucano, ma anche Campano e Calabro. Uno sguardo che abbraccia tre Parchi Nazionali (Parco dell’Appennino Lucano, del Cilento e del Pollino) e finisce nelle acque del Golfo di Policastro e del Mar Tirreno.” 

E’ il Sirino, il gigante del Sud, con le sue meraviglie, ma anche con la sua esposizione che consente un innevamento straordinario d’inverno quando le vette si vestono di bianco, quasi a volere esprimere il meglio di sé con un invito rivolto a escursionisti, appassionati dello sci alpinismo, a frequentare quei luoghi di una bellezza ineguagliabile dove la natura dà tutta sé stessa chiedendo all’uomo in cambio soltanto una briciola di rispetto per la sua fragilità.       

“La conca morenica più profonda che arriva a quota 1525 m ospita il lago Laudemio uno dei laghi di origine glaciale più a sud d’Europa. In quest’area i prati d’alta quota ospitano delle vere e proprie rarità botaniche rappresentate da specie endemiche come la Vicia serinica che vegeta a quote comprese tra i 1500 e i 1800 m e l’Astragalus sirinicus che si caratterizza per la capacità di colonizzare gli anfratti rocciosi calcarei a quote maggiori fino ai 2000 m. Il lago Laudemio ospita specie vegetali ripariali come il Potamogeton natane (lingua d’acqua) e la cannuccia palustre (Phragnities comunis) e specie anfibie come il Tritone italiano, il Tritone crestato, la Rana verde e la Rana dalmatica.” 

Un'offerta natura davvero preziosa, sottolinea Nolè, con dati, cifre, elementi che caratterizzano il suo ragionamento scientifico. Un articolo destinato a fare storia per quell’approccio legato all’interesse per la biodiversità dominante, alla alte quote delle montagne come lungo le valli. 

A proposito delle valli, che dire della Valle del Frido nel Parco nazionale del Pollino, dove i boschi d’alto fusto sembrano essere un vero baluardo innalzato dalla natura per difendere l’uomo dagli attacchi selvaggi di una modernizzazione senza limiti. 

Il senso della "scoperta" del prof. Nolè consiste appunto nell'essere riuscito ad additare alcune fondamentali risorse come un bene irrinunciabile, dal quale nessun popolo potrà mai prescindere. Un bene sul quale bisognerà richiamare l'attenzione di tutti, se si vuole una svolta davvero possibile dopo il G20 di Roma e dopo Glasgow.


                                   

                         

                                Pascoli d'alta quota

                                  


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