domenica 28 febbraio 2021

DAL NO AL DEPOSITO DI SCORIE IL FUTURO DELLA BASILICATA


                            

               Vincenzo Tortorelli Segretario UIL Basilicata




L’ennesimo NO della Basilicata al deposito nazionale delle scorie radioattive, con la nuova presa di posizione del governo regionale,  riapre il capitolo del futuro di questa terra. 

Una regione pattumiera, per quanto tutelata sotto il profilo della sicurezza, non potrebbe costruire un domani diverso. Nè potrebbe pensare ad alcuna strategia da mettere in campo per la sua crescita.

Ritorna alla mente l’immagine dei centomila nella piazza di Scanzano che nel novembre 2003 fecero sentire la loro voce. 

Oggi come ieri. La mobilitazione sarebbe inevitabile qualora certe scelte venissero rese operative, con riferimento ai vari siti ritenuti “idonei” a ospitare il deposito, già individuati tra Basilicata e Puglia. 

Difendere il territorio lucano, le sue risorse, la prospettiva di un domani, ecco la sfida. 

Il sindacato annuncia il suo impegno che va dalla salvaguardia dell’ambiente, agli investimenti, al quadro generale dello sviluppo.

Vincenzo Tortorelli, Segretario generale della UIL lucana, pone in relazione i vari momenti di un percorso arduo ma certamente capace di assicurare delle svolte.

Parliamo del No al deposito di scorie, che ha riflessi sul futuro di questa terra e non solo. 

“Non basta opporsi, occorre una larghissima mobilitazione, come nel 2003 quando tutto il popolo si impegnò per far valere le sue ragioni, che sono le stesse di oggi. 

Metteremo in campo la stessa forza e le stesse motivazioni che sono attualissime. Lo faremo insieme ad altre regioni del Mezzogiorno, stabilendo una forte alleanza per mettere in evidenza le peculiarità di questa regione, le caratteristiche dell’ambiente, l’offerta turistica quanto mai significativa.”


In Basilicata la Cassa integrazione ha raggiunto e superato qualunque livello di guardia. Eravamo a fine anno a 25 milioni di ore.


“Stiamo parlando di un aumento del 368 per cento delle ore di cassa integrazione negli ultimi mesi. Significa che il mondo del lavoro è in grave difficoltà. Non solo la grande impresa. 

Ma anche l’intero tessuto delle piccole e medie industrie. Il fenomeno è comune all’intero Mezzogiorno dove su 21 milioni di abitanti, la forza lavoro è di circa sei milioni. C’è da aggiungere che a causa della pandemia la Basilicata, con il Veneto,  è stata la regione che ha perso di più in termini di Prodotto interno lordo, con un  meno 12,9. Per questo nel momento attuale le politiche regionali sono senz’altro importanti. Anzi decisive per favorire gli investimenti e dare nuova linfa all’economia. 

I giovani con le donne pagano in questa circostanza un prezzo assai alto.”


A proposito delle donne. Il Presidente del Consiglio, nel suo discorso d’insediamento, ha detto che bisogna evitare un farisaico rispetto delle quote rosa.


“Una questione di primissimo piano. C’è un problema che riguarda il ruolo delle donne all’interno di una visione dell’economia non solo familiare. Le famiglie monoreddito sono una realtà del passato. Il problema da analizzare riguarda la situazione di precarietà che investe anche quelle famiglie con due entrate. E’ il caso di famiglie con entrambi i coniugi, ad esempio, occupati nello stabilimento FCA di Melfi, oggi Stellantis. La cassa integrazione falcidia il reddito, demolisce il potere d’acquisto, rende le famiglie più povere.”


Stellantis porta con sé il senso della rivoluzione: sia la Fiat di Agnelli, quanto la stessa FCA sono realtà ormai lontane anni luce. Cosa sarà di Melfi? Il sindacato non esita a manifestare delle preoccupazioni.


“L’arrivo di Stellantis cambia l’assetto geopolitico e produttivo dell’automotive nel mondo, in Europa e ovunque. Con l’arrivo di Tavares (uomo del gruppo PSA) stanno già cambiando notevolmente le scelte di FCA. Noi auspichiamo che all’interno delle strategie industriali sia prevalente il ruolo di Melfi. 

I tre stabilimenti Pomigliano, Melfi e Cassino debbono svolgere un ruolo guida con alla testa Melfi, la fabbrica più importante in Europa.

Lo stabilimento lucano ha un assetto consolidato, rappresenta un elemento di forza delle strategie produttive. 

Sappiamo però che il cervello di questo complesso apparato sta altrove, né in Basilicata né in Italia. Il governo francese è presente nell’azionariato, mentre il governo italiano no.”


Il sindacato, Tortorelli, ha la forza per far valere quantomeno una continuità nella gestione di Melfi, per chiedere che non vengano annullati gli sforzi del passato?


“Il sindacato deve cambiare perché non è possibile pensare che si continui seguendo gli stessi percorsi del passato. Occorre un sindacato con una visione più europea, più globale. Con questa multinazionale bisogna parlare con un linguaggio nuovo, mettendo al centro cose diverse rispetto alla negoziazione di tante flessibilità e alla semplice risposta al mercato, com’è accaduto in questi anni. Vanno tutelati gli interessi dei lavoratori.

Non dimentichiamo l’operato di Marchionne che ha dato centralità a Melfi. Sembrava impossibile negli anni Novanta pensare che Melfi potesse essere lo stabilimento di punta del marchio Jeep. Eppure lo è.

La fabbrica di San Nicola va mantenuta e rafforzata come punto di produzione di autovetture a basso impatto ambientale. Il futuro sono le macchine ibride, il futuro è l’idrogeno. Questa la linea da seguire.”         







 



    

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