mercoledì 18 novembre 2020

L'OROLOGIO HA RICOMINCIATO A SCANDIRE IL TEMPO


                        




L’orologio della Prefettura di Potenza è rimasto a lungo bloccato con le lancette su quell’ora tragica, le 19,34 di domenica 23 novembre 1980. Poi ha ripreso a funzionare di nuovo, a scandire le ore e i giorni  esattamente come la gente, decisa a voltare pagina, a rimettersi in moto. Ieri come oggi.

Il Covid oggi, per un verso, e dall’altro il terremoto di quarant’anni fa che gettò nel baratro Basilicata e Campania: due eventi, l’uno speculare all’altro sebbene diversi per dimensioni.

C’è da dire tuttavia che il sisma del 23 novembre 80 rimane, come la pandemia, un punto di svolta e non soltanto per le aree direttamente colpite.

Un elemento che ha fatto cambiare vita nel giro di pochissimo tempo alle popolazioni di un Mezzogiorno continuamente alle prese con problemi di crescita e di sviluppo.

Tra le tante domande, una sembra destinata a essere inevitabile. Qual è stato e qual è oggi il ruolo di una città come Potenza, capoluogo della Basilicata messa a dura prova ieri dal sisma e oggi dal virus, in questo dopo 2019 testimone della dimensione europea di Matera capitale della cultura. 

La cultura appunto, un dato di fatto destinato a investire i metodi di governo e non solo il modo di essere della gente, i suoi orientamenti, le scelte individuali e collettive. 

La ripresa è un dato di fatto fisico, ma al tempo stesso  psicologico, morale, culturale appunto. Per questo appare ancor più complessa.

A sentire Stefania d’Ottavio, assessore alle attività produttive, al centro storico e alla cultura di Potenza si percepisce il senso di un voler fare che nasce dall’idea di base legata al ruolo che la città non può non assumere, oggi, quarant’anni dopo la tragedia, a voler misurare le distanze tra passato e presente.

“Potenza si è fatta trovare impreparata,” osserva con il piglio di chi intende mettersi all’opera e costruire assolutamente qualcosa di vero. Poi parla di un associazionismo che dovrebbe convogliare energie alla città per una svolta, intendendo un obiettivo del genere come un momento inevitabile. Un passaggio in grado di dare autorevolezza, anzitutto all’intero contesto sociale. 

Di qui l’idea di un progetto triennale per la cultura a Potenza. Sullo sfondo la città estesa, come la definisce.

In questa vigilia della scadenza del 23 novembre Stefania D’Ottavio preferisce parlare di tutto quanto non è cambiato perché “non sono cambiate cose che invece dovevano realmente mutare in tutti i sensi” sostiene l’assessore alla cultura che considera il ricordo della tragedia un elemento dotato di una forza intrinseca. Non la semplice rievocazione di una data, quanto un gesto doveroso per il suo significato, nella prospettiva concreta del domani. 

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