giovedì 20 settembre 2018

IL DIGIUNO DI GIACHETTI



Tutto sommato su questo genere di argomenti non conviene sprecarsi più di tanto, se non fosse patetica e fuori luogo la protesta di Roberto Giachetti il quale digiuna per condannare le cene altrui e per chiedere un congresso del PD subito. Immediatamente. Anzi con estrema urgenza.
Possibile che la politica sia fatta di queste cose? Purtroppo si. 
Non credo che occorra l’intelligenza di uno scienziato per capire che la debacle del PD non dipende dall’assenza di un congresso e non è, meno che mai, questione difficile da analizzare, da mettere a fuoco, da comprendere. 
La sonora sconfitta del 4 marzo dipende dall’avere abdicato (o meglio rinunciato con enorme ipocrisia, per giunta) al  ruolo storico e tradizionale dei grandi movimenti di massa, di cui il Partito democratico dovrebbe rappresentare la sintesi compiuta ed esauriente. Dovrebbe, appunto: condizionale obbligatorio.
Basterebbe considerare un dato, vale a dire l’enorme vittoria del partito di Enrico Berlinguer che il 20 giugno 1976  ottenne ben 12.648.000 voti. Si avete letto bene. Tutto questo perché? Perché quel partito (lo si definisca come si vuole comunista, socialdemocratico o altro ancora) era tra la gente e aveva giorno per giorno l’obiettivo di rappresentare interessi delle classi marginali. Di interpretarli, di fare proprie le motivazioni dei giovani, dei lavoratori delle fabbriche, dei disoccupati. Obiettivo realizzato o mancato? Discorso ben più complesso, questo, che riflette certo le inadeguatezze di una intera classe politica dirigente, non vi è dubbio, nel corso dei decenni successivi a quel risultato elettorale. 
Diversi gli scenari oggi. Diverso il clima. Diversa la politica e la società.
Non rischi di dimagrire più di tanto il Roberto Giachetti perché non serve il suo sacrificio. E’ semplice messinscena e come tale fin troppo inutile.   

  

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