martedì 23 aprile 2019

RITORNA L'INCUBO PETROLIO



                          
Il Centro olio di Viggiano 



Di nuovo la Basilicata nelle cronache dei Telegiornali nazionali. Anche questa volta per il disastro ambientale, provocato due anni fa, dalla perdita di tonnellate di greggio dai serbatoi del COVA di Viggiano, il Centro olio che convoglia il petrolio alla raffineria di Taranto. 
Ai domiciliari Ruggero Gheller, Andrea Palma ed Enrico Trovato,  mentre altre persone risultano indagate.
Il Procuratore della Repubblica di Potenza, Curcio, sottolinea l’entità del disastro, un dato di tutto rilievo che presumibilmente va ben oltre il fenomeno in sé, che sembra essere stato circoscritto al febbraio 2017. Fonti qualificate parlano non solo della perdita dai serbatoi, ma di ben altro.
In questo quadro, risalta inequivocabilmente il provvedimento che la Regione Basilicata adottò all’epoca disponendo il fermo del Centro olio per novanta giorni. Una decisione presa dal Presidente Marcello Pittella che anche in seguito ha posto in risalto l’importanza di questa scelta senza precedenti in un contesto in cui, ancora oggi, non esistono certezze e meno che mai dati rassicuranti per la popolazione della Valle dell’Agri e della Basilicata. 
Inevitabilmente il discorso si estende infatti alla eventuale contaminazione di falde acquifere e delle tante sorgenti, legata non solo alla perdita di tonnellate di petrolio dal COVA, quanto all’effetto delle perforazioni, tuttora in atto, per la ricerca di idrocarburi a grandi profondità. 
Chi è in grado di tranquillizzare gli abitanti della Valle e non solo, tenuto conto che le trivelle non perforano verticalmente, vale a dire nella sola zona dove sarà estratto il greggio. Ma raggiungono territori sottostanti a migliaia di metri, ubicati in aree lontane. Un dato di cui non si parla molto, anzi non si parla per nulla. 
Considerazioni non certo marginali, alle quali gli esperti non sono stati in grado di dare risposte, a causa della complessità della materia e del riserbo che circonda da anni, ormai, l’attività estrattiva del colosso petrolifero. Praticamente nulla è dato sapere, sicché il memoriale del 2013 dell’ingegnere suicida, Gianluca Griffa, lancia un’ombra terrificante su tutto il complesso della vicenda petrolio in Basilicata, nata sul finire degli anni Ottanta con ingenti finanziamenti da parte di Eni. Il primo progetto di “sviluppo olio” costò infatti, solo nella fase iniziale, la modica somma di  un miliardo, tre milioni e 961 mila euro: il che lasciava prevedere che fiumi di denaro sarebbero stati incassati a compensare la spesa enorme. 
L’arresto del dirigente Eni e le indagini tuttora in corso evocano scenari allarmanti, di danni irreparabili all’ambiente e alla salute, con riferimento a dati e notizie che  non conosceremo mai.  E forse non saprà mai anche chi indaga.  

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