mercoledì 10 aprile 2019

IL CASO CUCCHI E' UNA VORAGINE



La lettera autografa del comandante generale dei carabinieri dà alla famiglia Cucchi una briciola di soddisfazione, dopo la tragedia di dieci anni fa e serve, se non altro, a rassicurare che il tempo della solitudine e del distacco dalle istituzioni è superato. Almeno questo.
Nistri si dice pronto a colpire i responsabili applicando le necessarie sanzioni: “inflessibili con chi ha infangato l’uniforme”, e dice di volersi costituire parte civile nei confronti di chi ha sbagliato.
Ma proprio una scelta del genere apre nuovi e inquietanti scenari, anche questi senza precedenti nella storia dell’Arma in cui ha sempre prevalso lo spirito dell’unità del corpo rispetto a responsabilità personali o a scelte individuali, isolate e messe ai margini tempestivamente.
Scende in campo il Capitano Ultimo, l’uomo che arrestò Totò Riina nel 1993, oggi colonnello e presidente del Sim carabinieri, unico sindacato militare, con una presa di posizione durissima: “Piuttosto che pensare di costituirsi parte civile nel caso Cucchi, a questo punto sarebbe stato forse più utile per la dignità dell’Arma dare le dimissioni senza tanti equivoci e come segnale di discontinuità.” 
Il colonnello Sergio De Caprio aggiunge: ”Per dieci anni il vertice dell’Arma ha ignorato e negato il caso Cucchi, ora se ne accorge. Qualcuno dirà meglio tardi che mai, invece no, è troppo tardi. E noi Carabinieri ci sentiamo parte lesa per questo ingiustificabile ritardo”. 
Intorno al caso Cucchi si crea dunque una voragine di dimensioni imprevedibili, che coinvolge anche alti ufficiali dell’Arma, finora indagati, che hanno preferito il silenzio. 
Nelle ultime ore questo silenzio è rotto dalla dichiarazione dell’agente penitenziario accusato di essere lui in prima persona il responsabile della morte del geometra romano, e poi successivamente assolto:”Non perdono i carabinieri di Cucchi, mi hanno mandato al  macello da innocente”. “Tedesco (il vice brigadiere che ora accusa i suoi colleghi n.d.a) ora si scusa, ma è lo stesso militare che venne in aula a testimoniare contro di noi dipingendoci come aguzzini.” 
Drammatiche le conclusioni dell’agente: “Io ora, scoprendo quello che è successo, tutto quello che c’era dietro alla morte di Stefano Cucchi, mi chiedo come mi sono salvato. Come sono riuscito a venire fuori da questa trama di depistaggi, falsi, calunnie. Non parliamo di un carabiniere di periferia, qui ci sono anche pezzi grossi dell’Arma coinvolti”. 

Chi parla è l’assistente capo della polizia penitenziaria Nicola Minichini, imputato insieme ad altri due colleghi nel primo processo Cucchi. Scenari che fanno rabbrividire.

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