sabato 28 maggio 2011

L'Italia e la Fiat: come stanno esattamente le cose?

C'è chi si preoccupa del rapporto tra Melfi e la Fiat: la Sata di san Nicola sarebbe un corpo a sè, una entità con  cui il territorio ha poco a che fare. Insomma, difficile notare quel collegamento positivo che, in altre circostanze e in altri luoghi, ha reso talmente importante il dato economico e imprenditoriale da "permeare" finanche il clima che si respira e dare una impronta ben definita all'ambiente in cui certe attività economiche sono sorte, a tutto vantaggio peraltro delle popolazioni.
Così non è per la città federiciana che assiste da spettatrice alla presenza della Fiat senza riuscire a interloquire minimamente. Fiat e Melfi - osserva qualcuno - vivono da separati in casa. Sarà vero? Può darsi. Certo per cambiare alle radici uno stato di cose ormai consolidato occorre ben altro che una semplice volontà politica o la manifestazione d'interesse da parte dell'amministrazione locale. La frase che Giovanni Agnelli pronunciò in un colloquio telefonico con Emilio Colombo: (ho scelto la Basilicata perchè siete brava gente) sembra oggi lontana anni luce e finanche anacronistica, con tutto il rispetto per l'avvocato.
Il problema ha radici e natura ben diverse dalla  pura questione di un rapporto tra città e azienda.  Allo stato delle cose c'è anzitutto da chiedersi se - andando avanti nel tempo - l'Italia possa continuare a vantare un rapporto proficuo e reale con la casa torinese, dopo la scalata alla Chrisler da parte di Marchionne.  O se piuttosto ci sia già all'orizzonte l'idea di una lenta ma progressiva separazione tra il Paese e la casa automobilistica. Separazione studiata, approfondita e messa in pratica con il rigore delle leggi di mercato che certo non badano agli aspetti sociologici e, meno che mai, alle questioni di stile.

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