lunedì 30 maggio 2011

La lunga (quasi interminabile) stagione di Biagio Agnes

Il primo ricordo che affiora alla mente, alla notizia della morte di Biagio Agnes, non è solo quello della sua capacità manageriale o di potente direttore generale della RAI, alla quale teneva moltissimo, quanto il suo complesso rapporto interno ed esterno con la politica, le istituzioni, il mondo del giornalismo. E con i colleghi. Certo, non tutti, ma con molti indubbiamente.
Nei primi anni Settanta, quando la Rai bernabeiana viveva un momento di forte transizione, Agnes rappresentò la capacità di scelta nel campo dell'informazione senza tentennamenti: costruire un TG per lui era tutto. Badare all'autorevolezza del lavoro era il monito che rivolgeva ai colleghi tramite il collegamento di ogni mattina alle 9 con le sedi ed i centri di produzione della RAI, quando in pratica si delineava il sommario dei principali TG e GR del giorno. Ideatore del TG 1 delle 13.30 e poi “autore e costruttore” del TG 3, con le edizioni regionali che videro la luce il 15 dicembre del 1979, Biagio Agnes ha toccato praticamente tutti i vertici dell'azienda con l'assoluta sicurezza di chi avverte di essere a casa propria e si muove per questo con la massima disinvoltura.
Ma la novità di Agnes fu senz'altro la trasmissione televisiva Check -Up dedicata alla medicina che per lui non era soltanto un momento della scienza, ma una finestra aperta sul mondo dei medici e delle Università. Chiamò a raccolta un ristretto numero di amici: da Luciano Lombardi a Mario Trufelli per avere dei nomi di assoluta fiducia, con la certezza che nessuno gli tirasse un tiro mancino. E né Lombardi e, meno che mai Trufelli, ipotizzavano una manovra del genere ben sapendo che il capo non avrebbe assolutamente lasciato correre nulla.
Agnes era dotato di un'attitudine al comando che forse non ha molti precedenti. Anzi ne ha pochissimi. Il suo stampo campano, la forza che gli derivava dal fratello introdotto nell'Azione cattolica ad altissimo livello, la stessa profonda e indistruttibile amicizia con De Mita, oltre a vari
requisiti facevano di lui davvero il numero uno di un'azienda che al nome di Agnes deve non solo la sua affermazione in campo internazionale, quanto il suo prestigio e la sua attitudine ad essere davvero la RAI con tanto di lettera maiuscola. Bisogna riconoscerlo. Se venisse fuori oggi un altro DG così, sarebbe un bene non solo per la televisione e la radio del servizio pubblico, ma per il Paese.       

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