sabato 11 novembre 2023

POLLINO, TRENT'ANNI DOPO




                   Il pino loricato alla Grande Porta, prima dell'incendio

                        (foto De Rosa - Riproduzione riservata)


9 novembre 1993. In volo sul Pollino per una ricognizione della realtà del Parco nazionale ai primi passi. A bordo dell’elicottero del CFS il prof. Egidio Cosentino, primo Presidente del Parco più grande d’Italia oltre al comandante della stazione forestale di Rotonda, il maresciallo Nicola Madormo. Un volo lungo i crinali della montagna, con la luce radente di questo periodo, tra nubi basse e ampi sprazzi di sereno che faceva scoprire l’ocra, tipicamente autunnale, delle faggete ed i pendii scoscesi delle alte quote popolati da colonie di pini loricati.

Allo scadere dei trent’anni cosa è cambiato per il Pollino? Siamo ancora alla proposta di Piano del Parco che la Basilicata non ha ancora sottoscritto, nonostante si aspettasse la firma della Regione per lo scorso settembre, dopo la Calabria. Eppure il Piano è uno strumento indispensabile per il governo dell’area protetta, perché si possa conciliare salvaguardia e sviluppo nel senso di una crescita economica possibile, non certo in contrasto con l’enorme patrimonio naturale della montagna calabro lucana. 

Al riguardo il prof. Egidio Cosentino, primo Presidente dell’Ente Parco,  si dice oggi moderatamente ottimista sul futuro, ma sottolinea l’esigenza di una maggiore visibilità del Parco nazionale. “Certo, lo spopolamento dei centri ai piedi del massiccio è un dato preoccupante, che necessita però di ben altri interventi” sostiene Cosentino.

Il Pollino è retto da diversi mesi da una Presidente facente funzioni, la sindaca di Chiaromonte, Valentina Viola. 

“Il Pollino è patrimonio dell’Unesco, ma questo valore va trasferito alla comunità.” In che modo? Mettendo in campo, c’è da ritenere, iniziative dal basso in grado di dimostrare la presenza delle popolazioni e del territorio nelle scelte, superando contrasti e cattive opinioni prive di qualunque ricaduta positiva. 

Per il trentennale è prevista una mostra fotografica itinerante “per far conoscere il lavoro fin qui svolto dall’Ente” dice la giovane Presidente che parla anche di un appuntamento romano per il 4 dicembre, un tentativo per dare al Parco una visibilità diversa, e un peso, non solo  nazionale, alla vasta area protetta che attende tuttavia risposte precise, sia per le attività estive che per quelle invernali. Ma soprattutto ai fini della valorizzazione delle alte quote e delle foreste, un tema di grande respiro.

Occorre una vera campagna di promozione del territorio e di conoscenza delle peculiarità del massiccio, senza escludere la flora e la fauna, con l’occhio rivolto alla bellezza dei paesaggi e delle sorgenti di cui la montagna è ricca.

C’è poi l’aspetto storico, antropologico, culturale che non può lasciare indifferenti le giovani generazioni e gli studiosi dei problemi della montagna: la peregrinazione ad esempio di un ufficiale francese, Duret De Tavel, giunto nel Pollino esattamente il 7 dicembre del 1807, rappresenta un capitolo di interesse storico ma anche culturale e prettamente narrativo. De Tavel, giunto dalla Francia, è un testimone d’eccezione della grandezza del massiccio, in passato come oggi. 

Il racconto della montagna, in grado di fare emergere le emozioni, il protagonismo degli uomini, il carattere selvaggio di una natura delicatissima sono gli aspetti sui quali il trentennale con le sue celebrazioni non può non soffermarsi a lungo. Anzi dovrebbe essere l’occasione di un interessante cammino ideale lungo valli e sentieri del Pollino.   


   








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