domenica 7 agosto 2022

IL "MIRACOLO" DELLE ERBE OFFICINALI



                               


Un campo di melissa nel Pollino (foto di R. De Rosa- Riproduzione Riservata)



Vincenzo Caporale, medico scienziato originario di Viggianello (Potenza), è senz’altro l’antesignano del forte impulso che le erbe officinali stanno ottenendo soprattutto nell’area del Parco nazionale del Pollino. Caporale aveva infatti  affidato alle erbe del massiccio calabro lucano una funzione a dir poco straordinaria, quella di rappresentare un antidoto per gravi patologie, a cominciare dai tumori, con risultati assolutamente positivi apprezzati in campo nazionale. Accadeva cinquant’anni fa.

Non a caso il suo sforzo oggi trova riscontro nelle politiche adottate dalla Regione Basilicata, in sintonia con le scelte di campo dell’Alsia, l’Agenzia di sviluppo e innovazione in agricoltura, diretta dal prof. Aniello Crescenzi, docente universitario, un tecnico di sicura esperienza nel settore.

Il salto di qualità è notevole: si è passati da pochi ettari degli anni scorsi, ad una superficie in crescita con risultati di rilievo. 60 le specie coltivate, secondo quanto informa una nota. 

Naturalmente cresce il mercato. Tisane, integratori alimentari, oli essenziali: queste alcune delle produzioni legate al comparto, un vero motore anche per l’occupazione, soprattutto quella di giovani agricoltori, attratti dal salto di qualità di un diverso sviluppo rurale. 

Le erbe officinali rappresentano infatti un’assoluta novità, un cambio di rotta per un’agricoltura interessata alle innovazioni e non solo alla mera sopravvivenza. 

Il Pollino e Metaponto i centri di ricerca in questo ambito. Interessanti gli obiettivi. Sperimentazione e collaudo di specie officinali coltivate e selvatiche; studio di caratterizzazione bio agronomica ed enologica delle specie autoctone, oltre 30. Ma c’è di più. Si punta alla conservazione delle specie officinali in via di estinzione presso la Banca del Germoplasma dei semi antichi “Franco Sassone”. Queste soltanto alcune delle tappe di un percorso che si annuncia abbastanza lungo.

Cinquant’anni fa il dottor Caporale percorreva le pendici del massiccio alla ricerca di quelle erbe in grado di consentirgli di curare i tumori. E sembrava che avesse imboccato la strada giusta, lui un precursore dei risultati odierni. Ciò accadeva  nella Basilicata dei muli lungo le stradine irte e disastrate dei piccoli centri di periferia. Delle donne vestite di nero, eternamente in lutto e senza speranza nel domani. 

Vincenzo Caporale è stato senza dubbio  un uomo di grande talento. Un medico, uno studioso al quale la comunità scientifica farebbe bene a  riconoscere non pochi meriti per i risultati ottenuti e per la sua dedizione a quella medicina che considerava anzitutto ricerca e approfondimento al servizio dell’umanità. 

Molte tuttora le testimonianze di pazienti, oggi avanti negli anni, ai quali il dottor Caporale aveva restituito il piacere di una vita serena riuscendo a curare patologie considerate addirittura impossibili, peraltro in un’epoca in cui la medicina non disponeva di grandi risorse e di mezzi adeguati, quando il chirurgo operava spesso adagiando il paziente sul tavolo di casa in condizioni che oggi appaiono tipiche della preistoria della scienza.        

 


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