mercoledì 2 febbraio 2022

UN SECOLO FA LA PUBBLICAZIONE DI ULISSE

 

E’ sceso in campo personalmente il Presidente dell’Irlanda, Michael D. Higgins, per celebrare un evento, un fatto che riguarda da vicino l’umanità e non la sola letteratura: la pubblicazione a Parigi il 2 febbraio del 1922 dell’Ulisse il capolavoro di James Joyce. 

Lo ha fatto rivolgendosi al pubblico con il suo stile di raffinato poeta e di conquistatore dell’interesse della gente, il che significa fare politica e aprire nuovi orizzonti giacchè la letteratura è una sintesi del nostro quotidiano e non un esercizio fine a sé stesso. 

Un libro profezia, come è stato ritenuto da alcuni,  un romanzo che parla di tante verità del nostro tempo, finanche del grande e grave fenomeno migratorio. 

Esattamente un secolo fa questo romanzo cominciò a imporsi in Europa e non solo, determinando la vera svolta letteraria del ventesimo secolo.  

“Una previsione del futuro”. Così definisce Higgins il romanzo di Joyce in una lunga intervista al Corriere della Sera in cui il Presidente dell’Irlanda riprende il tema della letteratura capace di incidere sull’economia. Un libro che mette in guardia dai rischi che corriamo ogni giorno. Anzitutto l’assuefazione ai social, la precarietà di esseri assenti dalla scena, quel virtuale che distrugge i giovani e li incolla al telefonino togliendo loro il piacere della scoperta reale. 

Joyce è paragonabile a Dante? Sembra un accostamento eccessivo ma non lo è per la vivacità degli spunti, l’ampiezza dell’ispirazione e per il modo di intendere la vita reale. Il mondo sensibile è l’universo che attrae l’autore del romanzo. La sensualità esalta l’essere: in effetti la percezione di ciò che ci circonda è il più potente mezzo di comunicazione e di rapporto con l’esistenza. Con gli altri, con il mondo. 

Ulisse schiude un universo e ci regala il gusto di una lettura interessante e proficua. 

E’ un librone anche per la sua mole. I greci dicevano mega biblìon, mega cacòn: un grande libro è cosa cattiva. Ma Joyce dimostra esattamente il contrario. Del resto un romanzo che fa parlare di sé a distanza di un secolo si qualifica come un capolavoro. Soltanto possederlo, è stato detto, è un vantaggio. Un arricchimento. Forse anche un merito per chi lo sceglie.   

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