giovedì 21 maggio 2015

"EXPO" TACCONE


                               

TACCONE - La chiesa del borgo e altri edifici in totale abbandono
(foto R.De Rosa)

Nessuno penserebbe di portare a Milano questa che è davvero l'immagine più logora e degradata dell'agricoltura nelle terre del Sud. L'immagine che rivela disinteresse, abbandono, incuria e un pessimo concetto dell'uso del denaro pubblico. Tutte queste doti negative messe insieme.
Michele Ottati, ormai ex responsabile dell'Agricoltura in Basilicata, non ha mai saputo dell'esistenza di borgo Taccone, il fiore all'occhiello della Riforma agraria nel materano. Lo ha ammesso lui stesso a grandi lettere. Eppure Taccone di Irsina, in provincia di Matera,  nel 1976 richiamò la stampa nazionale in Basilicata, con un convegno di ampio respiro organizzato in quelle terre per sottolineare il valore del borgo che negli anni Cinquanta rappresentò uno dei punti di forza nel superamento del latifondo, verso una riforma che avrebbe dovuto essere l'evento politico, economico e sociale di maggior rilievo nel Paese. Una sorta di rivoluzione positiva. La costruzione di un domani diverso che, purtroppo, nel Sud non è mai arrivato.
Quel che è peggio non è solo la mancanza di conoscenza da parte di Ottati, quanto lo stato di assoluto degrado in cui versa Taccone oggi. Un deserto: strutture abbandonate, fatiscenti, spelonche immonde abitate da topi e altri animali randagi. Uno squallore addirittura raccapricciante, se solo si pensa che lì la Basilicata ha speso fior di milioni di vecchie lire. Denaro pubblico, soldi dei cittadini versati allo Stato con le tasse. Investimenti buttati al vento, nella piena irresponsabilità di chi ha governato questa terra del Sud, ignorata, calpestata e sbeffeggiata finanche. C'era bisogno di una festa nazionale in pompa magna per poi buttare alle ortiche questa realtà? Tra passato e presente purtroppo non ci sono sostanziali differenze. 
Ottati ritiene di avere introdotto grandi novità nel mondo rurale solo perchè usava chiedere agli operatori agricoli quante lingue sapessero: lui poliglotta e uomo di cultura... 
Taccone é certamente un pessimo esempio di come si possa gestire e amministrare il denaro di tutti con quella spregiudicatezza tipica di una politica arrogante e distruttrice di un patrimonio destinato al fallimento.
Anni fa una famiglia di Taccone mi chiese di prendere contatti con Gabriele Di Mauro, verso la metá degli anni Ottanta Assessore all'Agricoltura della Basilicata, per sapere quali procedure e quali canali si dovessero seguire per potere acquistare alcuni immobili del borgo, in cui peraltro svolgevano da anni la loro attività. Interpellai Di Mauro e la risposta  fu la seguente: stiamo lavorando, stiamo vedendo come ottimizzare le possibilitá di acquisto degli immobili da parte degli assegnatari della Riforma. Sarebbe, aggiunse, un'ottima soluzione. 
Purtroppo da quell'epoca  soluzioni non ce ne sono state, tranne quella di far marcire un bellissimo borgo rurale e ridurlo in uno stato di vergognoso abbandono. 
Le organizzazioni agricole oggi si dicono interessate a occuparsi del nodo Taccone. Un nodo diventato una questione non più risolvibile. Una mina vagante. Un bubbone. Un cancro. 
Non immagino cosa possa eventualmente pensare la Corte dei Conti a proposito di uno spreco del genere, odioso e nauseabondo. Per non dire indecente. 
Tra l'altro Donato Distefano, direttore della Cia Basilicata, dice  che di Taccone si è parlato nel 2010 in occasione di un convegno a Matera, sapendo bene che il semplice parlare corrisponde  soltanto a una mera esigenza di copione e nient'altro. Cosa della quale francamente l'agricoltura non ha bisogno. Nè in Basilicata, né altrove.

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