giovedì 28 luglio 2011

Decolla il Parco dell'Appennino. Presentate alla stampa le nuove guide e un fitto programma di iniziative


Il Parco nazionale dell'Appennino lucano ha le sue guide ufficiali: venti giovani esperti nelle tematiche ambientali, profondi conoscitori dei luoghi, della flora e della fauna oltre che della storia e delle tradizioni sono stati autorizzati a guidare ufficialmente il turista o il visitatore interessato a una delle aree più belle dell'intero Sud.
Le guide rappresentano un approdo importante nel lungo cammino del parco nazionale più giovane d'Italia.
Lo ha rilevato nella cerimonia d'investitura il Commissario straordinario – l'ingegnere Domenico Totaro – che finora si è distinto per essere riuscito a imprimere un ritmo davvero serrato all'area protetta proiettata ora verso traguardi di tutto rispetto. Uno di questi è il Piano del Parco, uno strumento indispensabile per il governo del territorio.
Interesse scientifico, cultura dell'ambiente, salvaguardia della natura sono infatti gli ingredienti che Totaro ha posto in essere accettando la sfida che vede la nuova realtà al centro di attese e aspettative di una diversa qualità dello sviluppo. Non un Parco di carta e nemmeno soltanto sulla carta. Né un'area recintata. Meno che mai uno spazio destinato alla contemplazione. Ma una marcia in più per cambiare la faccia di quella Basilicata interna, ricca di risorse, ma spesso incapace di decollare. Simile a un uccello bellissimo al quale sono state tagliate le ali con assurdo cinismo.
Il Parco dell'Appennino lucano Val d'Agri lagonegrese è una fucina d'interessi e di misure di salvaguardia, in vista della valorizzazione di risorse che non vanno abbandonate.
Proprio in questi giorni il Parco, d'intesa con la Forestale, è impegnato nel tentativo di proteggere e valorizzare un'area interna, quella di Fossa Cupa (le sorgenti storiche del Basento e dell'acquedotto di Potenza) dove l'opera dissennata dei bracconieri e di pastori senza scrupoli ha portato alla distruzione di una bellissima colonia di cervi, in prossimità del Casone La Signorina, a poco più di mille metri di quota. Cervi ridotti al lumicino e in molti casi abbattuti o ammalati di lungua blu.
L'area è destinata a una importante struttura di Protezione civile, poco distante dall'elegante Rifugio montano La Casermetta, che la Regione Basilicata ha ristrutturato considerandolo uno dei punti di maggior richiamo turistico dell'area.
Ai piedi del Pierfaone, questo territorio ha un suo fascino e costituisce un mix di natura e benessere che le generazioni del passato avevano compreso perfettamente e valutato in tutte le sue potenzialità. L'impegno del Genio Civile, negli anni trenta, era stato quello di dare alla zona delle sorgenti un “dignità” indiscutibile per evitare il degrado della vasta e preziosa località.
Oggi il Parco, nella moderna cultura delle aree protette, intende proseguire in quest'opera che va incoraggiata e sostenuta a livello nazionale per dare alla Basilicata una speranza in più, legittimamente fondata sulle sue risorse e sugli obiettivi futuri da non lasciar cadere nel nulla.
Testo e foto di Rocco De Rosa


1 commento:

  1. L'area di Fossa Cupa interna alla perimetrazione del nuovo parco,quasi totalmente priva di antropizzazione, risulta essere tra le località alle quali dovrebbe essere riconosciuto e quindi posto nella dovuta evidenza, il proprio contenuto culturale e naturalistico rendendo giustizia a chi, amante degli spazi liberi, è alla continua ricerca di quel verde che, nonostante le selvagge ricerche minerarie degli anni trascorsi ed il totale degrado derivante da pregresse sperimantazioni di forestazione, ancora conserva quelle peculiarità che rendono quest'area un luogo particolarmente interessante ed ancora tutto da scoprire.
    Un luogo dove ogni forma di osservazione naturalistica offre l'opportunità di sempre nuove conoscenze offerte dalla presenza di autentiche rarità botaniche purtroppo sconosciute a molti ed in quanto tali particolarmente esposte al rischio di ulteriore depauperamento.
    L'attenzione nei confronti del soprassuolo forestale pone in evidenza alcune criticità quali la "densità più che colma" di quei pregressi cantieri di forestazione realizzati con svariate specie di conifere che, nel tempo, si sono però trasformate in autentiche minacce per l'integrità e la sicurezza dell'intera foresta, l'acidificazione del terreno derivante dagli impianti forestali citati ha modificato irreversibilmente alcuni dei biotopi tipici del luogo per cui molte delle specie silvicole presenti fino allo scorso decennio sono inevitabilmente scomparsi o risultano presenti solo in minima parte.
    L'ulteriore criticità dovuta a questi impianti forestali deriva inoltre dall'elevato rischio d'incendio boschivo che da queste potrebbe essere determinato a causa della presenza di numerose piante ormai morte e pronte ad abbattersi al suolo alla prima nevicata così come normalmente accade in occasione di ogni precipitazione nevosa.
    Un'area tutta da riscoprire e da valorizzare adeguatamente senza trascurare quei processi già in atto posti in essere da un gruppo di volontari che autonomamente, attingendo esigue risorse economiche sottratte ai propri portafogli, indefessamente e con metodica costanza frequenta questi luoghi riuscendo, anche solo con la loro presenza, a limitare ulteriori danneggiamenti e depauperamenti spesso riscontrati nell'abbattimento incontrollato di piante secolari e nell'opera di bracconaggio indirizzato alle due principali specie di ungulati presenti: il cinghiale ed il cervo nobile.
    A mio avviso solo ponendo in risalto queste realtà e coordinando adeguatamente una serie di processi attuati in maniera sinergica a fronte di una programmazione mirata e tesa alla risoluzione definitiva delle problematiche ambientali di quest'area sarà possibile sanare quelle condizioni incancrenite dal tempo rendendo così al cittadino la possibilità e l'opportunità di un sano e concreto contatto ed un conseguente inevitabile avvicinamento alla cultura dell'ambiente.
    Aldo Molinari

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