lunedì 24 marzo 2025

OSSERVATORIO SISMICO A POTENZA






                               

                     Potenza, 24 novembre 1980 ( De Rosa)



La sicurezza ma non solo. Potenza, tra i capoluoghi di regione in Italia, è la città tra le più esposte al rischio sismico, certamente non da oggi ma da tempi remoti. L’ultimo evento di qualche giorno fa con epicentro in territorio di Vaglio, a pochi chilometri di distanza magnitudo 4.2, sottolinea l’esigenza di maggiori dotazioni scientifiche per affrontare con successo la situazione del centro abitato e l’incolumità degli abitanti, trattandosi di una città dalla particolare conformazione. Una città che si estende dalla parte alta della montagna fino alla valle e ai centri limitrofi.

All’indomani del 23 novembre del 1980, uno studio dell’Università di Portici considerava indispensabile il consolidamento degli abitati per fronteggiare eventuali emergenze. Anzi sembrava che l’ipotesi avesse una base concreta corrispondente alla volontà, almeno di Campania e Basilicata, di realizzare l’obiettivo. Quasi una parola d’ordine. Ma da quella data ben poco è stato fatto, a parte alcuni interventi per la ricostruzione, nei vari dopo terremoti che si sono succeduti in un lungo arco di tempo. 

Balvano, uno dei centri più colpiti dalle disastrose conseguenze del sisma del 23 novembre, è diventato ad esempio un paese fortificato, ma per il resto? Nulla di più. 

Il dato positivo consiste oggi nell’annuncio di messa a punto di una rete sismica urbana a Potenza, oltretutto un modello anche per altri centri a elevata esposizione a questi fenomeni.

Dalle dichiarazioni del Presidente del Centro di Geomorfologia integrata per il Mediterraneo, Rodolfo Console, si apprende che il progetto è in fase avanzata e dovrebbe vedere la luce a breve. Obiettivo da non perdere di vista, ovvio, soprattuto da parte dei media e delle realtà presenti sul territorio, poiché si tratta di un esperimento a elevata tecnologia e capace di fornire garanzie reali alla popolazione ma contestualmente anche ai tecnici e alla stessa Università della Basilicata. 

Non rimane dunque che vigilare perché il progetto si traduca in quella rete di sensori e di monitoraggio nell’ambito della ricerca in materia di terremoti e di salvaguardia del territorio e degli abitanti. In proposito Console osserva: “Si tratta di un’iniziativa pionieristica per la città, poiché consentirebbe di valutare le accelerazioni a scala urbana e di elaborare mappe di scuotimento in caso di terremoto, oltre a raccogliere informazioni fondamentali per gli studi di vulnerabilità e il miglioramento della progettazione sismica degli edifici”. Dunque un progetto di tutto rilievo, che necessita tuttavia degli sforzi della Regione Basilicata, Dipartimento Ambiente in prima linea, e di tutte quelle realtà maggiormente esposte alle conseguenze dei terremoti.


martedì 18 marzo 2025

COLLIMPISO, IL POLLINO IERI E OGGI

                                            


                   


                  



Collimpiso, un sentiero irto verso tanti itinerari nel cuore di una realtà a dir poco struggente: la storia del Parco nazionale del Pollino, tra Calabria e Basilicata, è fatta di paesaggi imprevedibili e di realtà di una bellezza surreale ma anche di personaggi e di miti, di storie vissute. 

Oggi, mentre il parco vive una stagione nuova e prova a voltare pagina con la nomina del commissario, Luigi Lirangi, la vicenda del Pollino si arricchisce di eventi, di narrazioni, di particolari che illustrano secoli di storia  lungo i crinali dei monti e lungo le valli con intere generazioni testimoni di un tempo quasi infinito. 

Collimpiso è il titolo del mio romanzo (Rubbettino editore) dalle lettere di un ufficiale francese, Duret De Tavel, che arrivò nel Pollino  dopo avere attraversato l’Italia con i suoi uomini ed i suoi cavalli. Era il 7 dicembre del 1806, Duret fu accolto da una bufera di neve dopo giorni e giorni di viaggio estenuante e con l’unico obiettivo di spingersi fino a raggiungere i contrafforti della montagna, magica e misteriosa, che finì per trasformarlo da semplice militare in appassionato dei luoghi dove si compì la sua vera esistenza. 

Un romanzo  fatto di tappe non immaginarie, ma vere, in cui i luoghi hanno, come gli uomini, un loro protagonismo. 

“Duret era arrivato nel Pollino per lasciarsi dominare da quella natura che si portava dentro di sé? Che fosse giunto con questo intento non è da escludere. Anzi appare abbastanza verosimile. Potrebbe essere proprio questo il suo disegno segreto. Era affascinato dalle forti nevicate come dal paesaggio aspro. Dal comportamento della gente e dalla ferocia di certi attentati.” 

Le lettere inviate ai familiari in Francia da varie località della Calabria e della Basilicata documentano il passato  dell’ufficiale, e  testimoniano al tempo stesso la natura dei luoghi, le caratteristiche di una montagna che gli aveva spalancato le porte finendo per trasformarlo nel modo di essere e nella sua stessa personalità. Personaggio misterioso, Duret, ma non incomprensibile, forse arcano. Finanche a tratti chiuso nel suo mondo.  

Il dipinto di Antonio Masini, sulla copertina del romanzo, ritrae l’uomo e il militare intento a proseguire nel suo lungo cammino, alla scoperta di una realtà che forse inconsapevolmente si portava dentro già da tempo.    

giovedì 6 marzo 2025

800 MILIARDI PER UNA PACE ARMATA





                            

                      La proposta di Ursula solleva un polverone


La pace non ha prezzo. Invece ce l’ha, altro che: 800 miliardi per garantire la sicurezza internazionale dell’Unione e assicurare un clima imposto dal terrore delle armi.

“Se vuoi la pace prepara la guerra”, il motto sciagurato mai caduto in disuso e che trova ora concreta attuazione con il progetto di riarmo urgente indicato da Ursula von der Leyen, costi quel che costi. 

Sorprende anzitutto il carattere di urgenza di questo “appello” ai paesi aderenti all’Unione. La burrasca nello studio ovale della Casa Bianca diffonde panico al punto da far temere per la sicurezza dei singoli membri? O piuttosto gli 800 miliardi sono una prova di forza da esibire a Trump e ai suoi fedelissimi? 

Probabilmente entrambe queste ipotesi sono  da ritenersi  ragionevoli.

Una sfida mai messa in atto prima, con lo stesso tempismo e analoga preoccupazione di riuscire a non soccombere per Zelensky davanti agli scenari disegnati nell’ora dei colloqui burrascosi. Un confronto scontro di proporzioni enormi, duro, preoccupante, inatteso, ma soprattutto fuori da ogni convenzione e da qualunque logica.  

Il mondo del terrore ha prevalso, dunque. “Stai giocando con la terza guerra mondiale” Trump a Zelensky nel bel mezzo della lite. Ma realisticamente quale ruolo ha il progetto di pace nella mente, nelle coscienze, nella vita di chi si trova a lanciare un messaggio tanto concreto quanto sconvolgente: la corsa al riarmo dell’Europa intesa come una necessità ineludibile. O la pace è soltanto subordinata al succedersi di eventi, imprevedibili e allarmanti? Se così fosse sarebbe un rimedio tampone il silenzio delle armi, destinato a indossare l’abito della fragilità e della provvisorietà, con tutto quanto ne deriva. 

Una pace provvisoria è una pace fragile, infatti.  Per non dire inesistente.

Preoccupa tra l’altro la mancanza di una  riflessione sullo stato delle finanze dei singoli paesi e, per quanto riguarda l’Italia, del debito pubblico alle stelle. Nessun dibattito ma soltanto una  proposta velocissima, senza alternative: fare presto, prestissimo il monito della von der Leyen.  

Un’ondata di perplessità cresce di ora in ora e sembra essere destinata ad aprire  la strada a un confronto con molte voci in campo. Ma soprattutto di grandissimo respiro, capace di far capire quale pace occorre, ora e in seguito.