martedì 1 novembre 2016

I TERREMOTI, UNO SPARTIACQUE TRA LA STORIA E IL FUTURO
                                 

Dovremo accontentarci d'ora in avanti di vedere soltanto un muro ancora in piedi di una chiesa, la  facciata cadente di una basilica, un pezzo di campanile che la forza del terremoto non è riuscita a cancellare completamente. 
È tutto quello che rimane dopo le tante, violentissime  scosse. E dovremo essere finanche soddisfatti (sembra paradossale ma non ci sono alternative) di potere osservare almeno quel che rimane, perché .la devastazione è frutto della natura che spesso assale l'uomo, soprattutto quando questi si ritiene il padrone di casa assoluto e non bada a proteggere il tessuto abitativo dalle mille insidie  dei terremoti che sono un fenomeno eterno. 
Sicchè l'umanitá è costretta ad accettare questo terribile cambiamento del volto di tante capitali  di una  cultura millenaria, di un'arte impareggiabile, spazzata via in pochi minuti dalla furia degli elementi. In realtá si tratta  della  natura di sempre, la casa comune di tutti i popoli della terra.
Norcia è una testimonianza autorevole della capacità distruttrice di questo fenomeno, legato all'inarrestabile movimento della crosta terrestre. 
I terremoti di ieri e di oggi sembrano tuttavia non insegnare nulla. Questo l'elemento incontrovertibile, il dato certo.
A cominciare dal sisma di Messina, e prima ancora da quello della val d'Agri (1857) con un intensitá del settimo grado,  e tanti altri ancora fino a giungere al terremoto del 23 novembre 80 dell'Irpinia e della Basilicata prova evidente che ben poco si è fatto per favorire la resistenza degli abitati e abolire il tessuto urbano fatiscente sostituendolo con  case sicure, almeno in larga percentuale. 
La tragedia di Balvano fu provocata dal crollo della chiesa del paese, poichè la scossa si registrò proprio nel momento in cui si stava celebrando la messa, alle 19,34 di quella tragica domenica. Il sisma si abbattè su mura gracili, per quanto riattate, assolutamente incapaci a sopportare l'onda d'urto fortissima.   E questo dettaglio, per nulla trascurabile ma trascurato per decenni,  provocò un'ecatombe: settantasette morti, molti i giovani, che andarono ad aggiungersi alle migliaia di vittime. 
Lasciando stare il capitolo degli sperperi, non certo irrilevante,  c'è da riflettere su un particolare forse dimenticato, se non proprio volutamente ignorato. La parola d'ordine dopo il sisma del 23 novembre fu  la messa in sicurezza di interi paesi e cittá, indicato da uno studio dell'Universitá di Napoli e condiviso da tante amministrazioni, compreso il governo.  Una fatica ciclopica ma indispensabile, che avrebbe messo insieme tecnici e politici. Un percorso mai seguito. Una sorta di fiore all'occhiello di cui ci si è fregiati con incredibile superficialità, senza badare a  un piano di interventi su larga scala. 
Si è giunti così alla tragedia di agosto che continua imperterrita con inaudita violenza. Si apprende intanto da fonti qualificate che l'allerta sarebbe in atto anche in altre zone del Paese con una importante storia sismica. 
Una misura precauzionale inevitabile, se si considera il grado di sismicitá di tanti centri e soprattutto quello che non si è fatto negli ultimi decenni, a partire proprio da quel 23 novembre, una data memorabile, uno spartiacque tra la storia e il futuro. 

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