domenica 17 novembre 2024

CLAUDIA, DALL'AUSTRALIA ALLE SUE RADICI LUCANE






                                  


MATERA - LA BORSA DEL TURISMO DELLE ORIGINI




Prendo spunto da un dato di fatto: le origini di ciascuno, compresa la terra che ha dato ad ognuno i natali, sono dotate di una forza tale da rendere impossibile  qualunque dimenticanza o disattenzione. Questo legame si regge su un elemento affettivo molto forte giacchè fa rivivere sensazioni, ricordi e buona parte della vita trascorsa.

Il ritorno alle origini è solo un salto nel passato? Non credo. E’ qualcosa di ben più complesso che include la sensibilità individuale, l’emotività, la risposta soggettiva ai legami antichi, soprattutto quelli in grado di attualizzare intere stagioni della nostra esistenza. 

Spesso chi riceve appunto la “chiamata” delle origini è portato a obbedire, forse senza rendersi conto del tutto, e aderisce comunque senza indugio.

Da qualche tempo il turismo delle origini rappresenta un capitolo essenziale delle politiche a sostegno del settore, soprattutto in Basilicata, dove il rilancio di vaste aree rappresenta un scommessa da vincere a tutti i costi e dove molte possibilità di crescita sono affidate a questo comparto, antico ma ravvivato da logiche attuali. 

Gli esempi concreti non mancano. Claudia, una giovane donna potentina, australiana d’adozione, ritorna quasi ogni anno nella sua terra, con tante ore di volo, per rivedere i luoghi ai quali è legata e per rivisitare il suo passato. Come se avesse bisogno di ormeggiare la sua imbarcazione a un molo sicuro. Perché? mi chiedo. Per evitare che altri luoghi, altre culture, altri interessi finiscano per sostituirsi alla sua vera identità. Non è poco.

Ecco la motivazione di questo su e giù per il mondo, non solo di Claudia ma di migliaia di persone, lucani ma non solo.

A Matera  prende il via il terzo appuntamento annuale con il turismo delle origini, promosso da APT e Regione,  con lo scopo di dare pieno riconoscimento a questo importante comparto della vita sociale, fondamento di una economia in sicura espansione in cui sono presenti tutte le premesse per dare slancio a un’attività che chiede a gran voce di essere sostenuta e riconosciuta come asse portante dello sviluppo. Francamente non è poco.  

martedì 5 novembre 2024

IL BASENTO PER COMBATTERE LA GRANDE SETE



                           

                           L'Acquedotto del Basento




Cominciò dal Vallone dell’Inferno, stupenda località ai piedi del monte Pierfaone, in territorio di Fossa Cupa, la bella avventura progettata dal Genio Civile di Potenza nella seconda metà degli anni Trenta per placare la sete non solo della città capoluogo ma di numerosi centri privi di un approvvigionamento di acqua  soddisfacente. Il dettaglio della foto, su scala 1:500, mette in mostra il punto nevralgico del progetto di captazione delle 34 sorgenti con bottini di raccolta, di manovra e di riunione rigorosamente indicati nella planimetria. Un vero documento di indiscutibile valore storico,  scampato per miracolo al rovinoso bombardamento di Potenza nel settembre del 1943. 

Nasceva così l’Acquedotto intercomunale del Basento, il fiume geologicamente più antico del Sud, che oggi va in soccorso della peggiore crisi idrica provocata dall’assenza di abbondanti nevicate e copiose piogge negli ultimi tempi. Laura Mongiello, responsabile dell’Ambiente della Basilicata  e Alfonso Andretta, amministratore unico di Acquedotto lucano, annunciano oggi la svolta: il Basento confluirà nella diga del Camastra per consentirle di soddisfare la domanda di acqua di un vasto territorio, Potenza compresa. Certo, occorrono tutte le possibili garanzie di purezza del fiume, per lunghi anni dimenticato e usato anzi come una fogna a cielo aperto con mille scarichi, molti abusivi, che si riversano tuttora nel corso d’acqua. Ma oggi le cose sembrano cambiare e le assicurazioni sono massime, anche da parte di Arpab, il guardiano del territorio, di fiumi e torrenti.  

Per fortuna rimane ancora integra la parte del Basento a monte della città dove molti pescatori sportivi si cimentano tuttora con successo nella pesca alla trota, la vera regina del fiume, oltretutto un indicatore infallibile dello stato dell’arte. La trota si rifiuta di abitare acque malsane o inquinate, come accade spesso e predilige per sua natura i fiumi d’alta quota.

Il Basento sarà dunque collegato alla diga del Camastra. Il tutto ha origine dal fabbisogno di acqua per oltre 140 mila abitanti, ribadiscono i tecnici. Inevitabile tuttavia una osservazione. Se il progetto nasce anche dall’esigenza di salvaguardia del fiume c’è da complimentarsi con chi lo ha ideato e messo in pratica, ferma restando la necessità di evitare l’abbandono del restante percorso fino alla foce, nel mare Jonio. Sarebbe un disastro se rimanesse soltanto un rigagnolo putrido, subito dopo lo scalo di Albano dove il torrente Camastra si immette oggi nel fiume.

Il Basento è una creatura che chiede giustizia perché intenzionata a ritornare in prima linea, grazie (è il caso di dirlo) ai tanti sconvolgimenti del nostro tempo incapace di mettere la natura in primo piano. 

Ora tutto è affidato ai progettisti, ma non solo. Occorrerà calibrare gli interventi in modo da rendere la complessa operazione ecocompatibile, in ogni senso. E non solo sulla carta. Una sfida vera e propria, anzi un banco di prova. 


P.S. Il mio pensiero va a tutta l'equipe di tecnici del Genio Civile e, in particolare, a mio padre, Vincenzo De Rosa, che dedicò il suo personale impegno per portare a compimento questo importante lavoro.

venerdì 1 novembre 2024

L'APPENNINO, STORIE DI POPOLI E DI NATURA




                           

                                          



                           Il Sirino (De Rosa - Riproduzione riservata) 



I popoli Sirini: ne parla Plinio già nei primi decenni dopo Cristo. Popolazioni vissute ai piedi del monte Sirino, il gigante che sovrasta Lagonegro, e addirittura più antiche degli stessi lucani. Un patrimonio di valore inestimabile per troppi anni rinchiuso in un angusto contenitore, il silenzio, che ora sembra non resistere alle sollecitazioni del nostro tempo. Questi popoli, come identificarli e come seguire la loro evoluzione, il perché della loro scomparsa nonostante il centro di maggiore attrazione avesse addirittura un nome e una identità, Sirinos. Un capoluogo in piena regola , dunque  

Capire, studiare,  far conoscere oltre a tutelare il paesaggio e la biodiversità. E’ questo il compito primario del Parco nazionale dell’Appennino lucano, Val d’Agri lagonegrese in cui si celano secoli di storia e personalità come Giuseppe De Lorenzo, geologo, studioso di fama internazionale. O, anche, Leonardo Sinisgalli l’ingegnere poeta di Montemurro che vide le Muse e fondò su nuove basi l’edificio della poesia.

Ricchezze da mettere a frutto, senza perdere altro tempo. Un parco nazionale è fonte di vita e di lavoro. Rappresenta una prospettiva per i giovani. 

Antonio Tisci, attuale Commissario di una realtà ancora in fase di decollo, sembra essere pienamente convinto della necessità di attribuire all’Appennino lucano una funzione guida nel processo di ripresa dell’area Sud. Una sfida da non sottovalutare, anzi da affrontare con determinazione e  una buona dose di coraggio. 

“Un parco che si estende dalle porte di Potenza alle porte di Maratea” ha un suo peso e risulta determinante sotto ogni punto di vista, rimarca Tisci, ritenendo che la posta in gioco sia incoraggiante per un turismo di qualità ma non solo. Il valore storico e culturale delle aree archeologiche arricchisce l’offerta natura, quella biodiversità che si manifesta con i grandi boschi e le aree pascolo sulle pendici delle montagne in cui ogni anno la transumanza sottolinea puntualmente la vocazione delle zone interne e il prestigio di una società in grado di alimentare le sue risorse tradizionali ma, al tempo stesso, più autentiche.

Per questa, e per mille altre ragioni, l’attesa  riguarda anzitutto  il varo del Piano del Parco, lo strumento di gestione del territorio che dovrà mettere a punto le varie strategie, partendo dal presupposto che quest’area protetta necessita di una rigorosa progettazione degli interventi, senza ritardi, nè distrazioni, come purtroppo si è verificato altrove con la conseguenza di un distacco rispetto agli obiettivi degli abitanti, che si sono sentiti spesso illusi se non ingannati. 

La disaffezione della gente, la mancanza di interesse sono infatti dei rischi da non correre, pena l’abbandono e l’incoerenza.       


                                  

                                     

Violinista nel Parco
                         

                 

     

martedì 29 ottobre 2024

VIGGIANO, NUOVI SCENARI SI APRONO



                           

                            

                                Viggiano - Il santuario sul Sacro Monte (foto De Rosa)                                                          

                     

 

Sono ormai lontani, fin troppo lontani, i tempi in cui le prime trivelle cominciarono a ergersi sul territorio di Viggiano, suscitando curiosità e preoccupazione negli abitanti. Oggi, a distanza di alcuni decenni, tante cose sono cambiate. Anzitutto l’atteggiamento della gente che non protesta più: il petrolio è una componente del territorio e Viggiano finisce per interpretare l’intera Basilicata ma forse buona parte del Mezzogiorno con questa sorta di primato delle estrazioni che concorrono a portare oltre il 10 per cento il contributo alla bolletta energetica nazionale. Non è un dato da sottovalutare, tutt’altro. Le ricadute sull’ambiente non sono poca cosa e impongono costante vigilanza e interventi qualificati.  

Già negli anni scorsi, tuttavia, l’attenzione è andata spostandosi su altri scenari  in grado di polarizzare l’interesse non più soltanto sullo sfruttamento degli idrocarburi, quanto sul prestigio che Viggiano (capitale della fede mariana, insieme a Matera) ha conquistato diventando sicuro polo di attrazione, anche per il paesaggio, per la sua cultura popolare, per la forte carica di adesione umana alla centralità del progetto di candidatura a patrimonio Unesco. 

Il Parco nazionale ha un ruolo da svolgere non solo in termini di difesa del territorio e di valorizzazione delle sue peculiarità, ma anche per affermare una sensibilità culturale nei confronti dell’esistente: le caratteristiche dell’ambiente in primo luogo collegate a occasioni di lavoro e di sviluppo.

Anche sul piano mediatico l’amministrazione retta dal sindaco Amedeo Cicala ha fatto passi notevoli. Lo conferma lo stesso primo cittadino guardando ai risultati conseguiti nell’ultimo decennio.

Ora si apre un confronto su vasta scala con altre realtà, non vi è dubbio. Il che preme nel senso del consolidamento di uno spirito unitario, ben oltre i confini geografici della città lucana. Una tensione morale non da poco domina infatti le popolazioni di altri territori, in Calabria, in Puglia, in Campania. Viggiano rafforza la sua centralità rendendosi protagonista di una serie di sforzi sostenuti da un impegno morale condiviso su vasta scala. Le migliaia di pellegrini, che ogni anno raggiungono il Sacro Monte o la basilica, sono autorevole testimonianza di un presente in grado di polarizzare gli sguardi e di sottolineare il valore delle tradizioni di fede. Il culto mariano ha radici profonde.

Le scadenze intanto si avvicinano per quanto riguarda l’obiettivo del patrimonio Unesco. Il dibattito incalza. C’è da augurarsi che il traguardo possa essere sempre più vicino con un largo concorso, anzitutto sul terreno della cultura, senza escludere il giorno per giorno e la capacità d’intesa con il resto del Sud.  Quanto mai determinante a tutti gli effetti.      



mercoledì 23 ottobre 2024

L'EROSIONE DELLE COSTE, LA BASILICATA ALLA RIBALTA NAZIONALE


Scompaiono le coste





Così accadde per il terremoto del 23 novembre 1980, o per la frana di Senise con un pesante bilancio di vittime. Così accade oggi con l’accentuarsi minaccioso del fenomeno della erosione costiera dell’arco Jonico Metapontino. Del Sud si finisce per parlare soltanto in occasione di disastri e di sciagure. Altrimenti il Mezzogiorno non fa notizia, se non marginalmente, purtroppo.

Paolo Pagliaro, acuto giornalista de la 7, nel Punto di questa sera a conclusione di Otto e mezzo, mostrando alcune immagini drammatiche della costa ionica in cui si vede che il mare sta cancellando il territorio, sostiene che il fenomeno risale a circa dieci anni fa e chiama in causa le amministrazioni dei centri rivieraschi, Scanzano e Rotondella anzitutto.

Questa volta Pagliaro sbaglia. Il fenomeno della erosione risale a diversi decenni addietro, a secoli addirittura, quando non solo si ebbero le prime avvisaglie, ma la scomparsa di interi tratti di litorale aveva assunto proporzioni allarmanti già allora, nell’indifferenza generale di chi avrebbe dovuto iniziare a porre rimedi concreti. Tra l’altro della erosione costiera si occupò all’epoca la trasmissione di Rai Tre, Ambiente Italia, condotta da Beppe Rovera con la regia di Mia Santanera.

Non una sola volta, nel corso delle varie puntate, si parlò peraltro del binomio Rotondella - Trisaia e quindi di erosione e radioattività del deposito lucano in cui sono tuttora custoditi i fusti provenienti dalla centrale di Elk River negli USA.

Oggi un lungo messaggio di un forestale, Domenico Pizzolla, ricorda  addirittura gli sforzi dei coloni greci per evitare che la costa fosse inghiottita dalle poderose onde del mare che non perdonano. Un lungo scritto in cui c’è memoria del passato, sorretta dalla onestà intellettuale di chi ritiene di non dover piegare la storia alle esigenze del momento. Un monito per tutti.  


                                     


    

venerdì 18 ottobre 2024

PARITA' DI GENERE, MA NON SOLO





“Dobbiamo batterci per la parità salariale tra uomini e donne”. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non esita a soffermarsi con il solito vigore su questo che è un tema rilevante, uno degli argomenti cardine di cui si discute a vari livelli, oggi più che in passato.

Il G7 di Matera si è da poco concluso e ora si cerca di capire quale potrà essere l’esito delle giornate materane, importanti a livello internazionale. Un riflettore acceso su questioni che toccano da vicino la nostra società e pongono problemi essenziali.

A commentare l’evento di Matera è Ivana Pipponzi, Consigliera di parità per la Basilicata, particolarmente impegnata a trasferire nel quotidiano gli esiti di un dibattito con molti spunti nella società civile, ma non sempre capace di tradursi in fatti e risultati concreti.

“Un onore per la Basilicata avere avuto un evento di caratura internazionale con interlocutori di diversi paesi. Non è poco, tre giorni molto intensi che aprono scenari importanti. Da precisare che si è trattato anche di proposte provenienti da un’apposita organizzazione femminile, quindi con molta aderenza alla realtà del nostro tempo.”


Non solo un dibattito teorico, ma anche per l’esattezza un momento di confronto pratico sulle scelte da compiere nel medio lungo periodo. Può essere così riassunto l’esito del G7 di Matera?


“Il nostro ruolo, stando a quanto è emerso, risulta chiaramente indirizzato verso una parità non semplicemente teorica. Cosa fare? Oltre a questa promozione noi ci battiamo per la parità  in ambito lavorativo, un istituto molto importante previsto dalla legge e inserito tra gli obiettivi del PNRR. Si tratta, tra l’altro, di puntare a una certificazione delle aziende: era previsto un traguardo di mille aziende in Italia, ne abbiamo certificate già intorno a cinquemila. 

In Basilicata le aziende dotate di questa certificazione sono per ora una cinquantina. Come si giunge alla certificazione?Vengono attuati processi di accertamento delle singole situazioni che debbono rispondere a determinati requisiti legati alla reale condizione femminile sui posti di lavoro. Un iter complesso di valutazione con ricadute in termine di credibilità, non solo di facciata ma in concreto. 

Le società che si fanno certificare hanno anche dei vantaggi, sia sul piano della credibilità, sia in termini di accesso a determinati bandi pubblici.”


Una innovazione equivalente a  un vero banco di prova, in definitiva.


“Se guardiamo a paesi europei come Danimarca, Norvegia, Francia e altre realtà del Nord Europa, ci rendiamo conto che si tratta di processi innovativi al massimo con ripercussioni positive sul sociale. 

In Basilicata le aziende certificate sono medio grandi. Il nostro scopo è  di riuscire a  coinvolgere anche le aziende più piccole in maniera abbastanza consistente. Ci stiamo impegnando su questo terreno e siamo francamente abbastanza ottimisti. Per giunta UnionCamere pubblicherà a breve un bando, con una dotazione finanziaria di circa tre milioni di euro per favorire un processo del genere. 

La certificazione impone degli obblighi, è vero, ma prevede anche dei vantaggi e corrisponde oltretutto a una fase di modernizzazione del tessuto produttivo, in maniera capillare.”       

 


giovedì 10 ottobre 2024

LA STAGIONE DEI PROGETTI PER IL POLLINO







Il Casino Toscano (Terranova) - Uno degli alpeggi più importanti sul Pollino
                                       (foto De Rosa - Riproduzione riservata)


Un dato ricorre frequentemente nel dibattito sui Parchi e le aree protette: l’esigenza di un governo improntato a nuovo dinamismo, allo scadere ormai di decenni di gestione in cui si è cercato di sperimentare nuove formule e nuovi metodi di intervento per un rilancio della loro stessa natura di località vocate a un turismo di qualità che non escluda appunto lo sviluppo accettabile.  Questo non solo in Basilicata.

Il Pollino vive in tutti i sensi la portata di questa sfida. 

Si parla di nuovi progetti che Francavilla sul Sinni, la porta di accesso più importante al parco nazionale,  sta approntando per qualificarsi come elemento trainante per una svolta nella vita della più grande area tutelata, non solo al Sud ma in Italia. 

Il sindaco Romano Cupparo è in prima linea da tempo per sostenere obiettivi del genere e trovare una intesa tra i vari protagonisti. I sindaci anzitutto e la stessa comunità del Parco.

Alte quote, valorizzazione di storia e tradizioni con l’occhio rivolto all’economia e al lavoro. Ma c’è di più. La montagna soffre di eccessive presenze di mandrie da regolamentare e tenere d’occhio. 

Per giunta all’orizzonte si delinea l’anno dei pascoli e dei pastori, il  2026, mentre la Basilicata sta mettendo a punto delle iniziative  battipista, possiamo definirle così, come sottolinea Rocco Giorgio, esperto di transumanza nelle aree interne e autore di varie ricerche sulla materia. Un tema di peso non indifferente nell’ottica di un rapporto tra agricoltura e aree protette, molto ricco di spunti da alimentare con decisione per evitare che perda quota. Un rischio da non correre pena l’impoverimento di intere località e lo spopolamento dovuto alla mancanza di una prospettiva di lavoro e di crescita.  

Cupparo è per una svolta nella gestione del Pollino, ormai da mesi privo di una governance all’altezza. L’attesa di un Presidente del Parco sta diventando lunga ed estenuante, a danno dell’economia del vasto areale e delle sue popolazioni.

L’estate ormai alle spalle ha visto numerose presenze di turisti, visitatori, vacanzieri d’ogni genere provenienti anche dal Nord e dai paesi esteri. Si tratta di consolidare questa tendenza, sostiene Cupparo. Giusta impostazione. Valida a condizione di una intesa tra Ministero dell’Ambiente e le due regioni, Basilicata e Calabria in  una visione unitaria da sottrarre a vecchi campanilismi e inutili appropriazioni di potere,  nell’interesse esclusivo della montagna e dei suoi abitanti. Le fratture, le divergenze, i conflitti non pagano affatto. Sono una piaga da sconfiggere.