Il Sirino (De Rosa - Riproduzione riservata)
I popoli Sirini: ne parla Plinio già nei primi decenni dopo Cristo. Popolazioni vissute ai piedi del monte Sirino, il gigante che sovrasta Lagonegro, e addirittura più antiche degli stessi lucani. Un patrimonio di valore inestimabile per troppi anni rinchiuso in un angusto contenitore, il silenzio, che ora sembra non resistere alle sollecitazioni del nostro tempo. Questi popoli, come identificarli e come seguire la loro evoluzione, il perché della loro scomparsa nonostante il centro di maggiore attrazione avesse addirittura un nome e una identità, Sirinos. Un capoluogo in piena regola , dunque
Capire, studiare, far conoscere oltre a tutelare il paesaggio e la biodiversità. E’ questo il compito primario del Parco nazionale dell’Appennino lucano, Val d’Agri lagonegrese in cui si celano secoli di storia e personalità come Giuseppe De Lorenzo, geologo, studioso di fama internazionale. O, anche, Leonardo Sinisgalli l’ingegnere poeta di Montemurro che vide le Muse e fondò su nuove basi l’edificio della poesia.
Ricchezze da mettere a frutto, senza perdere altro tempo. Un parco nazionale è fonte di vita e di lavoro. Rappresenta una prospettiva per i giovani.
Antonio Tisci, attuale Commissario di una realtà ancora in fase di decollo, sembra essere pienamente convinto della necessità di attribuire all’Appennino lucano una funzione guida nel processo di ripresa dell’area Sud. Una sfida da non sottovalutare, anzi da affrontare con determinazione e una buona dose di coraggio.
“Un parco che si estende dalle porte di Potenza alle porte di Maratea” ha un suo peso e risulta determinante sotto ogni punto di vista, rimarca Tisci, ritenendo che la posta in gioco sia incoraggiante per un turismo di qualità ma non solo. Il valore storico e culturale delle aree archeologiche arricchisce l’offerta natura, quella biodiversità che si manifesta con i grandi boschi e le aree pascolo sulle pendici delle montagne in cui ogni anno la transumanza sottolinea puntualmente la vocazione delle zone interne e il prestigio di una società in grado di alimentare le sue risorse tradizionali ma, al tempo stesso, più autentiche.
Per questa, e per mille altre ragioni, l’attesa riguarda anzitutto il varo del Piano del Parco, lo strumento di gestione del territorio che dovrà mettere a punto le varie strategie, partendo dal presupposto che quest’area protetta necessita di una rigorosa progettazione degli interventi, senza ritardi, nè distrazioni, come purtroppo si è verificato altrove con la conseguenza di un distacco rispetto agli obiettivi degli abitanti, che si sono sentiti spesso illusi se non ingannati.
La disaffezione della gente, la mancanza di interesse sono infatti dei rischi da non correre, pena l’abbandono e l’incoerenza.
Violinista nel Parco |
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