lunedì 27 maggio 2024

IL VULTURE, DALLA GUERRA FREDDA AL PARCO



 

                                                  

                              

                       La cupola e la croce (foto De Rosa - riproduzione riservata)


Percorrendo la strada che da Rionero porta sulla cima del Vulcano, ormai spento da oltre 800 mila anni, si vive un clima di attesa, quasi un arcano a tratti inspiegabile, a  tratti pieno di sorprese. Un paesaggio meraviglia accompagna infatti il visitatore. E forse è dire poco. 

Ad un certo punto la stradina malridotta e sterrata che conduce alla zona militare, con tanto di divieto di accesso, lascia intendere che di lì a poco c’è qualcosa di molto importante. C’è infatti un pezzo di storia che riguarda l’area ex Troposcatter in cima alla montagna, oggi rigorosamente custodita e trasformata in zona interforze, con al centro una grande croce di acciaio degli inizi del secolo scorso e una cupola che sovrasta il camminamento sotterraneo, un rifugio antiaereo scavato nella roccia che percorre buona parte della montagna fino a giungere più a valle alla zona residenziale dei militari della Nato, al tempo della guerra fredda, ma tuttora attrezzata benissimo dal punto di vista logistico e operativo. 

                       La torre di avvistamento (foto De Rosa)

Il tutto, pensate, rientra nelle competenze del Battaglione Vulture, di stanza a Nocera inferiore e del centro Telecomunicazioni di Palermo, ma rigorosamente sotto l’egida dello Stato Maggiore della Difesa. Imponente anche dal punto di vista organizzativo.

Inutile sottolineare il rilievo storico, geopolitico e conoscitivo di questa realtà nel cuore del Parco Naturale del Vulture, oggi affidato alle cure della Presidente Francesca Dilucchio, in un mare di problemi protrattisi per anni con vari ricorsi alla magistratura amministrativa.

La questione che si pone è fondamentalmente una: ha interesse il Parco ad aprire un dialogo costruttivo con l’Autorità militare, in modo da rendere la zona ex Troposcatter il punto focale di un’area protetta dalle mille risorse? Credo che non dovrebbero esserci dubbi, considerata peraltro l’apertura del Comando di Nocera che, ad ogni buon conto, rimanda allo Stato Maggiore per qualunque scelta da compiere. Non dovrebbero (condizionale inevitabile) ma i dubbi e le difficoltà potrebbero insorgere nel difficile cammino verso il decollo del Vulture e di Monticchio con annessi punti di vista dei vari sindaci del circondario.

La posta in gioco non è trascurabile. Tutt’altro. Per il Parco naturale un indubbio arricchimento e per lo Stato la possibilità di far conoscere i mille retroscena del periodo buio della guerra fredda, quando a Monte Vulture un attacco sembrava se non dietro l’angolo, certamente assai probabile.   

  

   

                              La zona residenziale (foto De Rosa)

giovedì 23 maggio 2024

LE "ALTRE MAFIE", ANDREA PURGATORI





                          

                          Trentadue anni fa la strage di Capaci


La morte non ha falciato Andrea Purgatori e meno che mai lo ha zittito. Tutt’altro. Il suo lucidissimo reportage sulla strage di Capaci, andato in onda ieri sera su la 7, mette in luce la statura di un fuoriclasse del giornalismo italiano, il coraggio dell’uomo. Ma non è tutto. 

Il programma evidenzia la struttura morale del personaggio che testardamente sfida le mafie e ricostruisce imperterrito scenari allucinanti destinati per buona parte ancora a rimanere nell’ombra, a causa della sua morte prematura.

Il racconto di Purgatori si fa avvincente soprattutto quando proietta  in una dimensione veritiera certo collaborazionismo a sostegno del progetto criminale: lì Purgatori è capace di superare ogni barriera fino al punto di dire esplicitamente che dietro alle mafie ci sono altre mafie. Queste ultime capaci di tenere nell’ombra  mani omicide come la telefonata che informò dell’avvenuta partenza dell’aereo da Roma con a bordo Giovanni Falcone, esattamente nell’istante stesso del decollo del velivolo. 

Altre mafie dunque entrarono in azione, e oggi non ci si vuole ancora convincere. Perché non conviene convincersi, o non conviene ammettere? Perché scoperchiare la cupola implica molto, molto altro. Ma la verità che Andrea documenta con assoluta determinazione si fa largo da sola nei cervelli e nelle coscienze della gente. Purtroppo non basta, vero.

Uno per uno emergono depistaggi e coperture proprio nei punti nevralgici, là dove non è possibile immaginare che alcuni mafiosi l’abbiano fatta franca soltanto per la loro personale capacità, per quella vocazione ad essere in tutto e per tutto l’antistato.

No. Coperture e protezioni evocano mani potentissime. Disegnano scenari in cui il potere è davvero tutto e al disopra di tutto con i suoi tentacoli invisibili.

Andrea Purgatori consegna alla storia un lavoro di grande pregio ispirato alla ricerca della verità proprio mentre mille interessi cercano di tenerla lontana, di oscurarla in ogni modo perché la verità sarebbe la fine di poteri occulti ma dalle dimensioni inimmaginabili.

    

 

venerdì 3 maggio 2024

"GLI AMMALATI SBATTUTI COME TITOLI IN BORSA"





                           

                             Il Prof. Giuseppe Moscati



Prima di tutto i pazienti, nel cuore di un grande medico e di un santo del nostro tempo, il prof. Giuseppe Moscati dell’Università di Napoli che oggi riposa nella chiesa del Gesù Nuovo, storico monumento partenopeo miracolosamente salvato dal bombardamento del 1943. 

La frase fa parte di una lettera che Moscati scrisse nientemeno che a Benedetto Croce sul finire del 1923 per richiamare la sua attenzione e quella del governo dell’epoca sul rischio (era considerato infatti un rischio) che un elevato numero di professori universitari di clinica invadessero gli ospedali di Napoli a danno dei medici scelti con concorsi pubblici.

Una faccia inedita di quella sanità che oggi consideriamo malata, non certamente per la “clinicizzazione” degli ospedali quanto per mancanza di medici, per scarsità di risorse, per i tempi lunghi che contrappongono il pubblico al privato. Problemi arcinoti, purtroppo.

Altri tempi, altra vita si dirà, mentre la sanità rimane il vero banco di prova di qualunque governo si succeda alla guida del Paese. 

Tuttavia, ciò che sorprende è  altro: il costume di un docente universitario noto ovunque, non solo in Italia, seriamente preoccupato dei malati e della ricaduta di una gestione affidata a docenti di clinica in contrapposizione ai medici dei vari nosocomi. Nella lettera Moscati definisce i baroni universitari “pochi oligarchici monopolizzatori del pensiero clinico, della professione, arbitri soli della vita e della morte degli infermi.”

La lettera, allo scadere di un secolo dal 1923-24, diventa un documento di assoluto valore in cui si fondono il rispetto per l’etica professionale e il rigore per l’assistenza ai pazienti. Un binomio inscindibile che ci obbliga a misurare le distanze tra passato e presente. Quanti medici oggi scriverebbero la stessa lettera?