la foce del Sele (foto R. De Rosa)
Il Sele, il grande fiume del Sud, qui si riversa nel mare Tirreno in un clima quasi surreale. Il mare accoglie milioni di metri cubi di acqua ogni istante.
Fantastico il colpo d’occhio con una spiaggia che non
ha limiti e sembra essere davvero infinita.
Questo è il bellissimo litorale di Capaccio, antica
terra in provincia di Salerno, poco distante da Paestum con i suoi monumenti
che scandiscono il tempo e la storia.
Il Parco nazionale del Cilento vive la sua stagione
ricca di emozioni e di spettacoli della natura. Le pinete sul mare attraggono
visitatori e turisti, tanti bagnanti che approfittano della quiete di questi
luoghi per trascorrervi giornate in perfetto relax, lontano dal caldo
asfissiante di città e piccoli centri.
Il Cilento è il parco cerniera tra Appennino e
Pollino, con folle di visitatori interessati a conoscere la natura forte e
struggente dei suoi luoghi, come le rocce di Morigerati dove il fiume Bussento
affiora dal sottosuolo dopo avere attraversato per chilometri le terre del
salernitano. Una risorsa straordinaria che i turisti quest’anno sembrano
apprezzare forse più che in passato, giacchè il parco appare agli occhi di
tutti come un bene duraturo, una risorsa che non viene meno e anzi si rigenera giorno
per giorno.
Il Sud dei grandi parchi è dunque un bene da non
trascurare. Anzi da conservare con cura e attenzione come una risorsa capace di
far vivere gli uomini e le cose. Capace di dar voce al passato e al presente
come forse non potrebbe accadere se queste aree protette non ci fossero.
In questi giorni entra nel vivo nell’Appennino lucano
la discussione sul Piano del Parco, uno strumento di grande importanza per il
governo del territorio e per dare alle popolazioni il senso di un bene che vale
di più. Il presidente Totaro e il direttore Fogliano fanno rilevare che l’iter
dovrà essere spedito nell’interesse comune, poiché l’Appennino, aggiungo, non
può attendere tempi infiniti con discussioni fiume spesso inconcludenti e
dannose o, peggio ancora, nel segno della divisione del potere inevitabilmente
legato all’esistenza dell’area protetta.
Antonella Logiurato, responsabile dell’Ufficio Parchi
nella struttura regionale, sollecita una discussione proficua e mirata al bene
comune, alle opportunità di lavoro e ai giovani ai quali l’Appennino ha da
sempre promesso un impegno straordinario.
Colgo anche l’accento appassionato, ma non privo di
preoccupazioni, da parte di Remo Votta , storico esponente della vicenda Val
d’Agri.
Logiurato dice che occorre capire e far capire anzitutto
a cosa serve realmente un parco. L’Appennino non è il parco del petrolio, ma un
baluardo che spinge l’attenzione sulle grandi risorse esistenti, sulle alte
quote di cui per la verità si parla molto poco. Nei complessi interventi della
società di Perugia, incaricata di redigere il Piano del parco, e dei consulenti
dell’università di Palermo non si colgono accenti tali da lasciare intendere
una volontà di dar valore a queste risorse davvero inestimabili.
Certo, il compito dei sindaci non è quello di
pretendere fette di potere, ma di sollecitare una vera capacità di valutazione
dell’esistente nella prospettiva del medio lungo periodo. Ed è la sostanza
dell’intervento di Ugo Salera, presidente della Comunità del Parco, l’organo al
quale spetta un ruolo di primo piano, in una situazione non facile da
affrontare.
Del resto, nel suo intervento sulla Rivista On line
del Parco che sarà in rete tra non molto, Salera espone queste attese e fa
pesare il suo ruolo di amministratore incaricato di preoccuparsi dei bisogni
della gente, interessata a capire dove va il Parco e quali ricadute positive
sono realmente possibili. Cosa ci si può attendere. L’Appennino non è una mera
illusione, né un miraggio. Ma una opportunità da mettere a frutto a cominciare
da subito, senza ritardi né incertezze.
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