venerdì 29 novembre 2024

ENRICO MEDI, UNO SCIENZIATO NEI SETTANT'ANNI DELLA TV




                                 


              

“Non abbiate paura della vita”: un messaggio di Enrico Medi diretto ai giovani di ieri e di oggi che i familiari dell’illustre uomo di scienza, scomparso cinquant’anni fa, hanno rilanciato in occasione delle numerose iniziative per ricordare la figura e l’opera di chi è riuscito a coniugare fede e ricerca, religiosità e scienza. 

Ma chi era Enrico Medi? Uno studioso, un fisico, docente universitario, amico di Padre Pio che lo considerava un punto di riferimento essenziale nel cammino del progresso e della chiesa. Un legame con il Frate destinato a superare la sfera degli interessi personali collocandosi in una dimensione in cui l’eternità rappresenta il vero punto di riferimento per la vita umana. In occasione dell’ultima messa, il 22 settembre del 1968, Padre Pio lo salutò dicendogli: “ciao Enrico, ci vediamo in Paradiso”. 

Per le sue doti di laico cristiano Medi rappresenta l’anello di congiunzione tra la comunità degli studiosi e la fede che guida l’uomo nelle varie imprese, piccole o grandi non importa.

Accanto a Tito Stagno, commentò per l’intera durata della lunga diretta lo sbarco sulla Luna di Neil Armstrong. Molto bella l’intervista di Andrea Barbato a Medi quella notte del 1969, passata alla storia. Successivamente commentando l’impresa lo scienziato scrisse: “Ore 4.56, 21 luglio 1969 dell’era cristiana.” 

Un personaggio cardine nel ricordo dei settant’anni della televisione che ha portato nelle case degli italiani cultura, informazione, spettacolo e approfondimento dei temi dell’universo ai quali Enrico Medi aveva dedicato i suoi studi per conoscere e far conoscere cosa c’è alla base degli eventi, cosa c’è alla base dell’esistenza.  

 

sabato 23 novembre 2024

"GRIDANO I SEPOLTI VIVI"



                        I giornali di un'edicola crollata (R. De Rosa)


Il titolo del Corriere riporta a quella sera: 23 novembre 1980 ore 19,34 quando la terra fece sentire la sua voce spazzando via uomini e cose. Sembrava che non ci fosse spazio per la speranza, eppure cominciammo tutti a sperare e a credere nel futuro.

 

venerdì 22 novembre 2024

A FUSCALDO (CS) IL PRIMO PARCO DELLA PACE



                                  

                                   Angelo Vassallo 


Nasce a Fuscaldo, in provincia di Cosenza, il Parco della Pace, il primo in Italia. E’ dedicato ad Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, ucciso 14 anni fa per la sua lotta alle mafie e alla illegalità. 

Nelle scorse settimane per l’omicidio di Angelo sono state arrestate 4 persone, tra queste due carabinieri compreso un colonnello dell’Arma, ritenute responsabili a vario titolo di concorso nell’uccisione del primo cittadino di Pollica.

Orrore e sgomento per questa svolta. Ma finora dell’esito delle indagini non si è appreso più nulla. Da ritenere che tutto questo silenzio dipenda dalla riservatezza degli accertamenti, tuttora in corso.

Con l’iniziativa odierna ritorna in primo piano la figura del sindaco pescatore, uomo umile e buono, dedito al suo lavoro e alla famiglia. Sconcerto per le dichiarazioni del figlio, Antonio: “fa male vedere in carcere chi ti dovrebbe difendere”.

Il Parco della Pace è un segnale di impegno civile e di coraggio in difesa della legalità. Sarebbe opportuno che analoghe iniziative fossero adottate in tutte le regioni per dare una risposta unitaria alla terribile vicenda del sindaco ucciso. Oltretutto, un segno di partecipazione concreta al dolore dei familiari.     

domenica 17 novembre 2024

CLAUDIA, DALL'AUSTRALIA ALLE SUE RADICI LUCANE






                                  


MATERA - LA BORSA DEL TURISMO DELLE ORIGINI




Prendo spunto da un dato di fatto: le origini di ciascuno, compresa la terra che ha dato ad ognuno i natali, sono dotate di una forza tale da rendere impossibile  qualunque dimenticanza o disattenzione. Questo legame si regge su un elemento affettivo molto forte giacchè fa rivivere sensazioni, ricordi e buona parte della vita trascorsa.

Il ritorno alle origini è solo un salto nel passato? Non credo. E’ qualcosa di ben più complesso che include la sensibilità individuale, l’emotività, la risposta soggettiva ai legami antichi, soprattutto quelli in grado di attualizzare intere stagioni della nostra esistenza. 

Spesso chi riceve appunto la “chiamata” delle origini è portato a obbedire, forse senza rendersi conto del tutto, e aderisce comunque senza indugio.

Da qualche tempo il turismo delle origini rappresenta un capitolo essenziale delle politiche a sostegno del settore, soprattutto in Basilicata, dove il rilancio di vaste aree rappresenta un scommessa da vincere a tutti i costi e dove molte possibilità di crescita sono affidate a questo comparto, antico ma ravvivato da logiche attuali. 

Gli esempi concreti non mancano. Claudia, una giovane donna potentina, australiana d’adozione, ritorna quasi ogni anno nella sua terra, con tante ore di volo, per rivedere i luoghi ai quali è legata e per rivisitare il suo passato. Come se avesse bisogno di ormeggiare la sua imbarcazione a un molo sicuro. Perché? mi chiedo. Per evitare che altri luoghi, altre culture, altri interessi finiscano per sostituirsi alla sua vera identità. Non è poco.

Ecco la motivazione di questo su e giù per il mondo, non solo di Claudia ma di migliaia di persone, lucani ma non solo.

A Matera  prende il via il terzo appuntamento annuale con il turismo delle origini, promosso da APT e Regione,  con lo scopo di dare pieno riconoscimento a questo importante comparto della vita sociale, fondamento di una economia in sicura espansione in cui sono presenti tutte le premesse per dare slancio a un’attività che chiede a gran voce di essere sostenuta e riconosciuta come asse portante dello sviluppo. Francamente non è poco.  

martedì 5 novembre 2024

IL BASENTO PER COMBATTERE LA GRANDE SETE



                           

                           L'Acquedotto del Basento




Cominciò dal Vallone dell’Inferno, stupenda località ai piedi del monte Pierfaone, in territorio di Fossa Cupa, la bella avventura progettata dal Genio Civile di Potenza nella seconda metà degli anni Trenta per placare la sete non solo della città capoluogo ma di numerosi centri privi di un approvvigionamento di acqua  soddisfacente. Il dettaglio della foto, su scala 1:500, mette in mostra il punto nevralgico del progetto di captazione delle 34 sorgenti con bottini di raccolta, di manovra e di riunione rigorosamente indicati nella planimetria. Un vero documento di indiscutibile valore storico,  scampato per miracolo al rovinoso bombardamento di Potenza nel settembre del 1943. 

Nasceva così l’Acquedotto intercomunale del Basento, il fiume geologicamente più antico del Sud, che oggi va in soccorso della peggiore crisi idrica provocata dall’assenza di abbondanti nevicate e copiose piogge negli ultimi tempi. Laura Mongiello, responsabile dell’Ambiente della Basilicata  e Alfonso Andretta, amministratore unico di Acquedotto lucano, annunciano oggi la svolta: il Basento confluirà nella diga del Camastra per consentirle di soddisfare la domanda di acqua di un vasto territorio, Potenza compresa. Certo, occorrono tutte le possibili garanzie di purezza del fiume, per lunghi anni dimenticato e usato anzi come una fogna a cielo aperto con mille scarichi, molti abusivi, che si riversano tuttora nel corso d’acqua. Ma oggi le cose sembrano cambiare e le assicurazioni sono massime, anche da parte di Arpab, il guardiano del territorio, di fiumi e torrenti.  

Per fortuna rimane ancora integra la parte del Basento a monte della città dove molti pescatori sportivi si cimentano tuttora con successo nella pesca alla trota, la vera regina del fiume, oltretutto un indicatore infallibile dello stato dell’arte. La trota si rifiuta di abitare acque malsane o inquinate, come accade spesso e predilige per sua natura i fiumi d’alta quota.

Il Basento sarà dunque collegato alla diga del Camastra. Il tutto ha origine dal fabbisogno di acqua per oltre 140 mila abitanti, ribadiscono i tecnici. Inevitabile tuttavia una osservazione. Se il progetto nasce anche dall’esigenza di salvaguardia del fiume c’è da complimentarsi con chi lo ha ideato e messo in pratica, ferma restando la necessità di evitare l’abbandono del restante percorso fino alla foce, nel mare Jonio. Sarebbe un disastro se rimanesse soltanto un rigagnolo putrido, subito dopo lo scalo di Albano dove il torrente Camastra si immette oggi nel fiume.

Il Basento è una creatura che chiede giustizia perché intenzionata a ritornare in prima linea, grazie (è il caso di dirlo) ai tanti sconvolgimenti del nostro tempo incapace di mettere la natura in primo piano. 

Ora tutto è affidato ai progettisti, ma non solo. Occorrerà calibrare gli interventi in modo da rendere la complessa operazione ecocompatibile, in ogni senso. E non solo sulla carta. Una sfida vera e propria, anzi un banco di prova. 


P.S. Il mio pensiero va a tutta l'equipe di tecnici del Genio Civile e, in particolare, a mio padre, Vincenzo De Rosa, che dedicò il suo personale impegno per portare a compimento questo importante lavoro.

venerdì 1 novembre 2024

L'APPENNINO, STORIE DI POPOLI E DI NATURA




                           

                                          



                           Il Sirino (De Rosa - Riproduzione riservata) 



I popoli Sirini: ne parla Plinio già nei primi decenni dopo Cristo. Popolazioni vissute ai piedi del monte Sirino, il gigante che sovrasta Lagonegro, e addirittura più antiche degli stessi lucani. Un patrimonio di valore inestimabile per troppi anni rinchiuso in un angusto contenitore, il silenzio, che ora sembra non resistere alle sollecitazioni del nostro tempo. Questi popoli, come identificarli e come seguire la loro evoluzione, il perché della loro scomparsa nonostante il centro di maggiore attrazione avesse addirittura un nome e una identità, Sirinos. Un capoluogo in piena regola , dunque  

Capire, studiare,  far conoscere oltre a tutelare il paesaggio e la biodiversità. E’ questo il compito primario del Parco nazionale dell’Appennino lucano, Val d’Agri lagonegrese in cui si celano secoli di storia e personalità come Giuseppe De Lorenzo, geologo, studioso di fama internazionale. O, anche, Leonardo Sinisgalli l’ingegnere poeta di Montemurro che vide le Muse e fondò su nuove basi l’edificio della poesia.

Ricchezze da mettere a frutto, senza perdere altro tempo. Un parco nazionale è fonte di vita e di lavoro. Rappresenta una prospettiva per i giovani. 

Antonio Tisci, attuale Commissario di una realtà ancora in fase di decollo, sembra essere pienamente convinto della necessità di attribuire all’Appennino lucano una funzione guida nel processo di ripresa dell’area Sud. Una sfida da non sottovalutare, anzi da affrontare con determinazione e  una buona dose di coraggio. 

“Un parco che si estende dalle porte di Potenza alle porte di Maratea” ha un suo peso e risulta determinante sotto ogni punto di vista, rimarca Tisci, ritenendo che la posta in gioco sia incoraggiante per un turismo di qualità ma non solo. Il valore storico e culturale delle aree archeologiche arricchisce l’offerta natura, quella biodiversità che si manifesta con i grandi boschi e le aree pascolo sulle pendici delle montagne in cui ogni anno la transumanza sottolinea puntualmente la vocazione delle zone interne e il prestigio di una società in grado di alimentare le sue risorse tradizionali ma, al tempo stesso, più autentiche.

Per questa, e per mille altre ragioni, l’attesa  riguarda anzitutto  il varo del Piano del Parco, lo strumento di gestione del territorio che dovrà mettere a punto le varie strategie, partendo dal presupposto che quest’area protetta necessita di una rigorosa progettazione degli interventi, senza ritardi, nè distrazioni, come purtroppo si è verificato altrove con la conseguenza di un distacco rispetto agli obiettivi degli abitanti, che si sono sentiti spesso illusi se non ingannati. 

La disaffezione della gente, la mancanza di interesse sono infatti dei rischi da non correre, pena l’abbandono e l’incoerenza.       


                                  

                                     

Violinista nel Parco